Casa Barilli, i clochard dello spirito di Marco Vallora
Casa Barilli, i clochard dello spirito Dal patriarca Cecrope all'irregolare Bruno, a Milena e Anna: le atmosfere di una dimora di talenti Casa Barilli, i clochard dello spirito Una fucina di idee, con musica, pittura, lettere e amori PARMA O terribile vagabondo». Vagabondo di se stesso, così amava definirsi il capric cioso e geniale Bruno Barilli, musicista e prosatore sommo del Novecento, elegantissimo nel suo frac liso e nella sua sofisticata trasandatezza, incendiata da quel biancore lunare di un ciuffo ribaldo. «Scrivo nel buio della poltrona e ritiro la mia lastra, come fosse una fotografia: il mio pezzo è già pronto». «Viaggiatore volante» e notturno, soprattutto nella pirotecnia barocca del suo stile incandescente. Un convegno parmigiano, coordinato da Mario Lavagetto, ha riacceso l'interesse su una mostra di raffinato tessuto, dedicata alla scoperta di una casata segreta e nobile da cui uscì anche Barilli. Perché l'esplosivo vegliardo Bruno non era solo nei suoi spettacolari vagabondaggi di clochard dello spirito («egli continua sempre la sua vita zingaresca, senza casa, senza abitudini e senza piacere», scrive il sedentario fratello storico Arnaldo) e questa mostra è appunto la radiografia affettuosa di una dinastia grondante talenti. Scrive Cusatelli nel ricco catalogo Mazzotta: «Casa Barilli è stata davvero una dimora concreta, messa insieme con pietre e mattoni, ma anche, per via di illimitate finestre, aperta all'infinito, come fatta d'aria e di luce (...) una nave, una grande nave ancorata per caso al più arido dei greti». E' da quella finestra awiticchia- ta come un abbaino che il piccolo Bruno guarda tornare la sera, stanco e avvilito, il vecchio patriarca Cecrope, pittore di fama, che ha dispensato i cieli del Quirinale sabaudo e le cupole di molte cattedrali coi suoi affreschi neo-correggeschi. Ed è dalla stessa finestra che il fratello Latino ha circoscritto i fantasmi della sua lirica e impigrita «materia emozionata» di luci intimiste, come ha scritto in un luminosissimo saggio Roberto Tassi. E come ha ragione quando osserva, dolente: «Troppe volte, se ci volgiamo a indagare le vicende del passato, a guardare con ocelli il più possibile limpidi entro quelle lontane penombre, quegli anni dimenticati e persi, ci accorgiamo che la storia ha compiuto, con la crudele indifferenza degli organismi astratti e superiori i suoi tradimenti (...) e ha lasciato dietro di sé anfratti, insenature, risvolti e pieghe». Ed è proprio in queste pieghe sommesse, che andremo a scoprire gli accordati talenti dei vari Barilli: da Milena a Anna, da Renzo all'ultimo Francesco, con le sue curiose icone pop, a mezzo tra Gnoli ed Arroyo. Milena, la figlia di Bruno forse suicida o caduta da cavallo, fiore burrascoso del grande fugace amore serbo, la nobile Daniza conosciuta a Bayreuth e imparentata con la dinastia dei Karageorgevic. Dipingeva frigide fantasie neocinquecentesche, tra Leonor Fini e Leonora Carrington e mentre il fa¬ scismo vi avvertiva un colpevole «velo di cipria» o una «gelida febbre contratta a Parigi», proprio a Parigi lei era apprezzata da Breton e Cocteau, acquistata da Valéry, compagna di mostre con De Chirico e Zadkine. Non badava invece al successo, nemmeno firmava i suoi quadri, il sapiente zio Latino, isolato profeta di un originalissimo post-impressionismo nordico-padano «tra Secessionismo calante e nascente Espressionismo» (Tassi). Viaggia col fratello Bruno, apprende nell'atelier di Von Stuck, conosce Van Gogh e Mundi, ma anche Hodler e Jawlensky. Segantini mescolato a Sickert e Toorop; Monet tra Nomellini e Whistler: pure rimane Latino. E quel suo Uomo che legge nella penombra, potrebbe proprio essere il demone spiritato di mio Spillaert standhaliano. Uno Spadini inquietato da fantasmi fiamminghi. Forse per la critica fu un handicap, non essersi nemmeno accorto che intanto i futuristi avevano acceso i loro fuochi d'artiglieria, poi irregimentati nel Novecento di donna Sarfatti: oggi l'orse è proprio la sua imprendibile solitudine di «pittore in trance» che ci attrae e strega. Marco Vallora Casa Barilli Palazzo Pigorini, Parma Fino al 15 marzo, aperto tutti i giorni tranne lunedi; ore: 10-19 Bruno Barilli nello studio della sua avita casa a Parma
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