Lo spazio vero non è in Rete

Lo spazio vero non è in Rete PRO & CONTRO Lo spazio vero non è in Rete La virtualità di Internet sta inghiottendo il mondo? PER coloro che avevano provato a rendere più domestiche le descrizioni della letteratura fantascientifica, così come per coloro che lo evocavano per dare un'aura appetibile ai loro prodotti tecnologici, il ciberspazio sembrava dover essere un'estesa plaga nella quale avventurarsi di quando in quando nelle domeniche della vita - un luogo di fuga dilettevole, ultimo capitolo della storia del tempo libero. Orizzonte di sorriso come una cartolina giunta dai Tropici. Nel frattempo, però, il ciberspazio è diventato una piaga che ammorba ogni giorno della settimana. Era l'immensità arcana sulla quale il nostro computer si affacciava come la siepe «che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude» e nel quale solo pochi hackers si avventuravano temerari, felici e perduti e ora tracima come viscosa sostanza e vivente dagli schermi di molti computer. Là dov'è lo spazio tangibile, sarà il ciberspazio. C'è chi parla di «invasione del ciberspazio», intendendo che le anime più belle e leggere, ormai anch'esse manciate di bit, lasceranno il nostro greve mondo per quello sintetico e fluido delle reti telematiche, dove po- tranno vagolare svincolate da legami sociali e liberi dalla zavorra della storia. Dopotutto, anche chi - come John Barrow vorrebbe porre perentori ultimatum, dichiarando da ridenti stazioni sciistiche della Svizzera improbabili indipendenze del ciberspazio, lo immagina sempre come un luogo remoto, tuttora lontano dalla vita quotidiana. Occorrerebbe invece rendersi conto che l'invasione del ciberspazio è la presa dello spazio tangibile ad opera dello spazio telematico. Se l'atto dell'invasione reca in sé il senso di un moto verso qualche cosa, esso è orientato nella direzione diametralmente opposta a quella che si ritiene. L'astuzia del ciberspazio è quella di far credere che saremo noi ad andare da lui, quando invece è lui che già fuoriesce da quei «non-luoghi» (Marc Auge) che sono gli schermi dei computer. La capitolazione dello spazio tangibile si compie in tanti modi. E' nell'esperienza di tutti la scomparsa della realtà ad opera dello schermo televisivo descritta da Jean Baudrillard nel Crìmine perfetto: seduti di fronte al teleschermo, abbiamo un'esperienza del mondo mediata da un universo fittizio che si autoriproduce come un organismo e che ha il potere di dar vita all'esistenza di una realtà alla quale fanno riferimento anche tutti gli altri mass media. Ed è di molti anche l'esperienza di vedere il proprio corpo intimamente esplorato da periferiche di computer nei quali la malattia diventa anch'essa rappresentazione iconica e sequenza di bit (ciò che ha fatto dire ad Arthur Kroker in Data Trash che il nostro è ormai un corpo scannerizzato). Alla soppressione della realtà per mano televisiva, ha fatto da contraltare il rapido trasferi¬ mento dell'attività lavorativa nelle reti telematiche, trasformando produzione e consumo in una serie ininterrotta di atti linguistici. Questo è il genere di capitolazione che, esaltando le virtù comunicative del ciberspazio, riduce l'interazione fra i soggetti all'atto con cui la cassiera legge con lo scanner il codice a barre. E' capitolazione esaltata dall'impresa virtuale e da quella produzione a rete che riesce a sincronizzare come fossero contigue nello spazio fasi della produzione che invece sono tanto dislocate nello spazio geo-fisico da essere talvolta ai capi opposti del pianeta. Inoffensivi sembrano invece quei processi d'invasione surrettizia che rendono sempre più difficoltoso stabilire i confini tra il nostro computer e lo spazio della rete. I sistemi operativi si trasformano in modo da rendere immediato l'accesso all'Internet. Così è per Win¬ dows, nel quale ormai è in prò cinto d'integrarsi Explorer (il programma per la navigazione ipertestuale di Microsoft), ma così anche per il sistema operativo Macintosh, capace di rico noscere un indirizzo Internet in qualunque tipo di testo. Presto si navigherà senza so luzione di continuità tra i docu menti residenti nel nostro computer e quelli disseminati nella rete, e chi lavora in aziende informatizzate già oggi sa che il suo profilo di utente non è regi strato in un computer persona le bensì in un server della rete, dove immediatamente vanno a finire i documenti ch'egli redi ge. In quanto «profilo» di uten te, la nostra identità è già nella rete. La navigazione tra documen ti diversi è però ancora il segno della presenza di una differen za. Quando l'accesso alla rete sarà immediato, creeremo documenti composti con centoni d'idee nostre e d'altre dissemi nate nella rete e non si capirà dove finiscono le une e dove cominciano le altre. Qualcuno la chiamerà «intelligenza collettiva» (Pierre Lévy), altri ci ricorderanno che «pensare è negare» (Adorno). Lorenzo De Carli

Persone citate: Adorno, Arthur Kroker, Jean Baudrillard, John Barrow, Lorenzo De Carli, Marc Auge