BELLINTANI, VOCI DELLA PIANURA di Maurizio Cucchi

BELLINTANI, VOCI DELLA PIANURA BELLINTANI, VOCI DELLA PIANURA NELLA GRANDE PIANURA Umberto Bellintani Mondadori pp. 170 L. 26.000 SAN BENEDETTO PO O, non volevo pubblicare più. Postumo, se mai. Perché? Che ne so... Mi dava fastidio, quando andavo in paese, che mi dicessero "poeta", come mi dava fastidio, quando insegnavo disegno, che mi dicessero "professore". Sono Umberto Bellintani e mi sembra che basti. E poi non volevo apparire». La verità e anche la grandezza di Umberto Bellintani stanno nella sua naturale estraneità ad ogni schema, come si vede anche da queste parole. Non pubblicava un libro da trentacinque anni, per sua precisa volontà, da quando era uscito, nel '63, E tu che m'ascolti, nello Specchio di Mondadori. Nessun risentimento contro il mondo letterario, che l'aveva infatti ben accolto; semmai noia, ed essenzialmente il rifiuto di un ruolo in qualche modo pubblico, di un'etichetta. Il paese del poeta che finalmente riappare è San Benedetto Po, nel Mantovano, dove Bellintani è nato quasi 84 anni fa. Ama molto i suoi luoghi, ma senza retorica, senza ragioni speciali, semplicemente perché ci è nato. La sua casa è in una frazione che si chiama Gorgo, ed è una normale casa di campagna, abbastanza grande e accogliente nella sua semplicità. Intorno c'è il verde, la grande pianura, l'argine. Bellintani è un signore alto e magro dal volto aperto, dagli occhi chiarissimi. Un volto da poeta, ma forse non gli piace sentirselo dire. Anche perché la sua prima passione, in fin dei conti, era un'altra: l'arte, la scultura. «A diciott'anni sono andato a Monza, all'Istituto d'Arte - e quando lo dice si illumina c'erano grandi maestri, c'era Marino Marini. Potevo restare al suo posto, ma non volli, perché l'Istituto divenne una qualsiasi scuola di arti e mestieri». Arrivò la guer¬ ra, Bellintani partì: «Non sparai neanche un colpo di fucile. Andammo in Albania, in Grecia. Poi la prigionia: i tedeschi ci portarono in Polonia, e in campo di concentramento a Gòrlitz, a Dachau, dove rimasi 45 o 50 giorni, ma seppi solo in Italia quello che succedeva lì. Tornai un mese prima che finisse la guerra». A quel punto, l'arte è già un bellissimo ricordo. Bellintani ha cominciato a scrivere versi («Durante il servizio militare mi punivano perché ero indisciplinato, e allora scrivevo»), e fa l'insegnante di disegno, ma non per molto. «Occorreva l'abilitazione per continuare - dice infatti - e ci provai, andai a Firenze per l'esame, ma mi sembrava una cosa stupida e allora consegnai il foglio con disegni umoristici...». Così passa da professore ad applicato di segreteria nella scuola media, fino alla pensione. Già nel '46 è segnalato al premio «Libera Stampa» di Lugano, dove vince Vasco Pratolini con Cronache di poveri amanti. Lo stesso Pratolini a Alessandro Parronchi favoriranno poi l'uscita del suo primo libro, Forse un viso tra mille, presso Vallecchi, nel '53. E' amico dei fiorentini, ma il riferimento è Milano, dove viene spesso «soprattutto per vedere mostre, per visitare Brera e il Poldi Pezzoli. Avevo conosciuto Giansiro Ferrata, che andavo a trovare. Poi conobbi Vittorio Sereni, e Marco Forti». Nel'63 esce E tu che m'ascolti, che comprende anche la plaquette Paria, del '55. E' un libro formidabile e molti se ne accorgono. Però Bellintani dice «basta», non pubblica più, ma continua a scrivere. Ora che ha rotto la promessa fatta a se stesso, che ha ceduto alle gentili insistenze di chi ama la sua poesia («non so perché ho cominciato ad accettare questa proposta», dice con ironia), ora che ha questo nuovo libro tra le mani, fa un sorriso delicato, tra il timido e l'arguto, e ammette: «Mi fa piacere, non posso dire di no. Un po', in fondo, lo desideravo. L'ho riletto, penso che avrei dovuto sistemare ancora qualcosina, ma certe poesie mi piacciono, per esempio quelle su mio padre, e su Che Guevara...». Certo il libro non muterà le abitudini di Berto, come lo chiamano gli amici, la sua vita quieta che tiene a bada tutte le sue accensioni (e magari anche furie) interiori. Già lo vedo inforcare la bici per andare come tutti i pomeriggi al caffè in piazza Teofilo Folengo, nel centro di San Benedetto. Caro personaggio umile e fiero, caro poeta ritrovato. Maurizio Cucchi NELLA GRANDE PIANURA Umberto Bellintani Mondadori pp. 170 L. 26.000

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