NELLA PELLE DI MALAPARTE TESTIMONE DELLA STORIA di Giancarlo Vigorelli

NELLA PELLE DI MALAPARTE TESTIMONE DELLA STORIA NELLA PELLE DI MALAPARTE TESTIMONE DELLA STORIA CURZIO MALAPARTE Opere scelte a cura di Luigi Martellini e con una testimonianza di Giancarlo Vigorelli Mondadori pp. 1608. L. 75 000 OME spesso accade nel susseguirsi delle mode, degli oblii, delle riscoperte, dopo qualche decennio di silenzio e, già prima della morte, un lungo periodo di fastidio e di messe da parte, ecco che ora scatta il momento di Malaparte: convegni, nuove edizioni filologicamente «curate» delle opere; qualche testo inedito, soprattutto la commemorazione del volume dei «Meridiani» di Mondadori, che, a cura di Luigi Martellini, specializzatosi in studi malapartiani, raccoglie un gruppo di testi veramente significativi dell'avventurosa esperienza di vita e di scrittura del pratese alquanto esotico come nome, Kurt Erich Suckert, italianizzatosi in Malaparte nel 1925, quando già aveva attraversato esperienze di guerra, di pace, di politica e di letteratura luminose ed esasperate, conquistata una notevole rinomanza, sostituito almeno in parte nelle cronache come personaggio intellettuale e d'azione il declinante D'Annunzio. Il volume punta soprattutto sul Malaparte testimone della storia, delle due guerre mondiali in particolare: ci sono La rivolta dei santi maledetti, uscita dapprima nel 1921 col titolo Viva Caporetto e sequestrato, splendido e violentissimo atto di accusa nei confronti del modo di condurre la guerra da parte dei militari e dei politici sulla pelle dei fanti, i «santi maledetti», mandati a morire in massa, senza nessuna motivazione; Tecnica del colpo di Stato, che racconta le vicende del primo dopoguerra in Europa, la presa del potere da parte di Mussolini, la rivoluzione sovietica, l'ascesa di Hitler, oltre a guerre e fermenti rivoluzionari in tutta l'Europa centrale e orientale fra il 1918 e il consolidamento delle dittature di destra e di sinistra nel corso degli Anni Venti; infine Kaputt e La pelle, le due opere della Seconda guerra mondiale più famose per l'aura di scandalo moralistico e politico che subito le avvolse. Il Malaparte narratore satirico e fantastico, bizzarro e inventivo, toscanamente pittoresco e baroccamente sovraccarico, resta fuori: ci sono, sì, i Maledetti Toscani, probabilmente il libro più insopportabilmente e bolsamente oratorio ed esibizionistico di Malaparte, che avrebbe molto opportunamente avvantaggiato la comprensione dello scrittore se fosse stato lasciato fuori; c'è un gruppo di racconti, sicuramente magistrali nell'atmosfera lirica, ma febbrile e visionaria fino a sfiorare un lucido delirio, che li avvolge, col sostegno di una scrittura di esemplare purezza; ma si avverte tuttavia la limitazione che, dalla riduzione di spazio concesso alla creazione specificamente letteraria, deriva alla fisionomia di Malaparte. Mancano anche i versi déQ.'Arcitaliano, pittoreschi nel loro sarcasmo. E poiché nel Don Camaleo né le Avventure di un capitano di sventura sono presenti, posso pensare che ancora una volta la satira abbia avuto il destino che la nostra tradizione critica, idealista, marxista, psicoanalitica, semiologica, le ha sempre riservato, cioè il silenzio per diffidenza o timore o prudenza. Viene, tuttavia, fuori dal volume con un bel rilievo, confermato dall'eccellente introduzione di Martellini, la figura di Malaparte come testimone acutissimo della storia di quarant'anni di Europa, con tutte le mrniietudini ideologiche che lo portarono a essere volontario di guerra e feroce accusatore dei profittatori e dei capi della guerra stessa, fascista e amico di Gobetti, critico e satireggiatore del fascismo e ammiratore dell'Unione Sovietica, viaggiatore nella Cina di Mao e iscritto al partito comunista italiano, ma anche convertito dell'ultima ora. Costanti rimasero in Malaparte due impulsi, al di sotto di tutte le esperienze e le avventure: un populismo aspro, accanito, appassionato, crudo, mai patetico, a differenza degli altri populismi novecenteschi, e una curiosità inesauribile per le forme e le manifestazioni dell'agire umano, negli aspetti più alti della politica come conquista ed esercizio del potere, e in quelli più degradati della corruzione, dell'abiezione fisica, del piacere del massacro degli inermi e, ancora più terribile, della strage organizzata, come nei capitoli di Kaputt sull'uccisione degli ebrei di Iasi a opera dei romeni, sulla deportazione nei campi di sterminio da parte dei tedeschi, sugli occhi dei serbi offerti ad Ante Pavelic per il suo compleanno di dittatore croato. In questa prospettiva sicuramente Kaputt e La pelle sono opere fondamentali; e, per capire un poco meglio l'Europa degli ultimi anni, quella orientale soprattutto, ma anche gli americani, la lettura è indispensabile, nella luce della memoria di quanto è accaduto e che non si deve dimenticare. Ma sono due libri molto diversi. Il primo è la testimonianza dell'orrore più fondo non soltanto della guerra, ma soprattutto dello scontro di ideologie, di razzismi, di opposto e gelido gusto della morte e della sofferenza inflitta, in particolare a opera dei tedeschi; il secondo è, invece, la grandiosa e disperata rappresentazione della disfatta di un popolo, quello italiano, e della sua storia, mostrata senza addolcimenti nelle conseguenze di abiezione che comporta. E' una splendida Odissea al contrario: e Ulisse-Maiaparte compie, infatti, il lungo viaggio attraverso gli episodi più atroci e disgustosi di tale condizione di sconfitta, fino al disgusto radicale e definitivo per la violenza, la morte, la corruzione, e il vomito dopo essere stato a Milano, a piazzale Loreto, ne è la sigla. Il volume è corredato da un apparato critico molto utile per le notizie che offre sulla stesura e sulle vicende spesso avventurose delle opere di Malaparte, sottoposte a sequestro, perdute, ritrovate, ricomposte. Mancano, però, le note esplicative: ed è davvero difficile, per un lettore, orientarsi con i nomi di personaggi ormai scomparsi da tempo dalla scena del mondo, dimenticati o trascurati con eventi che ormai la storiografia, che del resto ben poco sa, neppure più registra. Mi chiedo come sia possibile capire Tecnica del colpo di Stato, Kaputt e La pelle senza tale apparato d'informazioni. Ma tant'è: le ragioni dell'editoria sono così misteriose che il lettore non arriva a capirci nulla. Giorgio Bàrberi Squarotti Curzio Malaparte: il suo vero nome era Kurt Erich Suckert CURZIO MALAPARTE Opere scelte a cura di Luigi Martellini e con una testimonianza di Giancarlo Vigorelli Mondadori pp. 1608. L. 75 000

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