Genesis, ritorno in solitudine di Luca Dondoni

Genesis, ritorno in solitudine Casalecchio, il debutto italiano della nuova formazione inglese Genesis, ritorno in solitudine In pochi per il gruppo senza Collins BOLOGNA. Solo tremila, forse tremilacinquecento persone hanno salutato l'esordio dei «nuovi» Genesis al Palazzetto dello sport di Casalecchio di Reno alle porte di Bologna. Una serata strana, davvero. Un debutto ancor più strano se si pensa che da parecchi anni la formazione dei Genesis non si esibiva in un palazzetto al chiuso nel nostro Paese. Perché così poca gente? Forse perché sia Peter Gabriel che Phil Collins (i due storici front man) hanno lasciato i compagni e il nuovo cantante Ray Wilson non è ancora entrato nelle grazie dei fans? Forse. Fatto sta che martedì quei pochi seguaci degli autori di «Foxtrot», di «Selling England by the pound» e altro ancora ci hanno messo un bel po' prima di applaudire ciò che è rimasto di un quartetto a dir poco mitico. Certo, Tony Banks e Mike Rutheford dall'alto dei loro conti in banca e dopo settimane di cliniche del fitness dove hanno potuto prepararsi a dovere per il tour mondiale che segue l'uscita del disco «Calling ali stations», sono in perfetta forma. Rughe quanto basta, capelli leggermente tinti, un look da boutique prestigiosa, pochi ma giusti i movimenti sul palco. E gli altri tre? Pei loro la strada è ancora lunga. So- prattutto per il nuovo cantante Ray Wilson, ed è la verità: ce la mette tutta sin dall'inizio, intona «No son of mine», «Land of confusion» fino ad arrivare a «The lamb lies down on Broadway» ma la distanza che lo separa dall'impasto vocale dei suoi due predecessori è enorme. Addirittura in molti si chiedono (addetti ai lavori e non) perché Ray non abbia studiato di più. Intendiamoci, ùnpossibile pensare che dopo Gabriel e il clone vocale Collins, la bacchetta magica di Banks e Rutheford fosse capace di pescare un nuovo «front, man», giovane e con la voce giusta. Viene da chiedersi: so i due anziani avessero fatto passare più tempo e ascoltato più persone, avrebbero trovato qualcuno? Arduo rispondere. Com'è poi difficile cercare di capire l'idea di un palco scarno senza troppi orpelli e ricerche scenografiche: un apparato assolutamente sottodimensionato rispetto alle attese. Solo luci importanti, comandate da file di computer, gestite elettronicamente da mezza dozzina di light-engineers, ma è poco. Il fan se ne accorge e anche il neofita. La ragazzina che incontriamo al suo primo concerto e che il papà orgoglioso ha mdirizza to lì, si chiede: «Perché così poco spettacolo? Forse avrei fatto bene u venire a vedere le Spice Girls, altro che Genesis. Quel matusa di mio padre non capisce mente!». Fortunatamente man mano che la scaletta va avanti, che il tempo passa e le canzoni si ùiseguono fra suites storiche e immarcescibiU e canzoni recenti o recentissime come i due singoli «Congo» e «Shipwrecked», le cose cambiano un po'. Anche Ray Wilson, ricordando al pubblico come sia stato scelto dagli altri per il difficile compito di rimpiazzo, acciuffa la fiducia dei più riottosi. Si sente qualche applauso, i cori sottolineano la popolarità o meno dei pezzi Bello, esattamente a metà concerto, i'uiteniiezzo acustico. Chitarre a tracolla e sgabelli di ordinanza i «nuovi» Genesis si mettono fronte palco a guardar la gente e a ribadire un concetto artistico secondo il quale quando il pubblico non viene da te forse è meglio che sia tu a fare un piccolo passo verso il pubblico. Arrivano una dopo l'altra «Dancing in the moonlight krught», «Follow you follow me» e quella «Supper's ready» che stando ad un recente sondaggio operato sui fans, risulta essere la canzone più amata. Finalmente, è il caso di dirlo, il ghiaccio è definitivamente sciolto. La seconda e ultima parte dello show porta in dote «Marna», «Jnvi sible touch», «Turn it on again» e i bis ripropongono «Throw it ali away» e una festosa «I can't dance». Altra annotazione da fare. Durante le prove dello spettacolo tenutesi ai Bray Studio di Windsor a Londra, dietro il palco ci sarebbero dovuti essere tre megascreen che avrebbero dovuto riproporre le immagini di ciò che accade sul palco per il pubblico più lontano. Ebbene a Bologna i tre schermi non c'erano e ci vuol poco ad immaginare che la ragione sia proprio da ricercare nella poca gente che non ha certo avuto problemi di vista. Luca Dondoni Solo in 3 mila e 500 hanno ascoltato i vecchi brani e un bell'intermezzo I «nuovi» Genesis in perfetta forma e il cantante Wilson ce la mette tutta

Luoghi citati: Bologna, Casalecchio, Casalecchio Di Reno, Congo, Londra