Morto Macrì, lo scopritore di Lorca di Angela Bianchini

Morto Macrì, lo scopritore di Lorca Lo studioso leccese aveva 85 anni: inventò l'ispanistica italiana Morto Macrì, lo scopritore di Lorca Durante ilfascismo tese un ponte ai grandi poeti di Spagna 0 RESTE Macrì, scomparso a 85 anni a Firenze, dopo una lunga malattia, è stato docente di Letteratura spagnola àQ'Università di Firenze dal 1952 fino al 1983, è stato critico, traduttore ed è ricordato per una vastissima bibliografia sugli studi spagnoli dal '500 a oggi, nonché sulla letteratura italiana. I funerali si svolgono questo pomeriggio alle 15 nella chiesa dei Santi Fiorentini, a Firenze. Macrì fu soprattutto un pioniere deU'ispanistica italiana, uno di quei personaggi che Henry James chiamava combattenti leggeri, éclaireurs, perché destinati ad aprire il cammino ad altri, a far luce perché gli altri potessero segui¬ re. Il suo nome è infatti legato alla travolgente scoperta della grande poesia spagnola del '900, quella di Garcia Lorca, di Machado, Salinas, Guillén, e di tanti altri, che sarebbe divenuta poi protagonista mondiale. Quando nel 1936, con lo scoppio della guerra civile in Spagna, i poeti del '27 e i loro predecessori quali Antonio Machado stavano vivendo il momento più drammatico, un gruppo di giovani italiani veniva leggendoli a Firenze, in una sorta di muta e inconfessabile (si ricordi che c'era il fascismo) solidarietà. Racconta Macrì nella seconda edizione, del '74, della sua famosa Antologia della poesia spagnola del '900: «A primo proposito nacque segretamente alla morte di Garcia Lorca negli ardenti e mitici anni fiorentini (1936-1942) della mia generazione, quando Carlo Bo ci leggeva alle Giubbe Rosse le strofe del Llanto a Ignacio, il povero Marcori si spegneva dopo averci porto felici ragguagli di tale poesia, (e) noi si venne dietro a tentare i metallici alessandrini dell'Oda a Salvador Dali e il fabuloso Insomnio di Gerardo Diego che commosse la diaspora fiorentina. Nell'ipogeo direzionale del Vieusseux, Montale, sottile interprete di alcune liriche di Guillén, mi prestò (per alcuni anni) la memorabile Antologia di Diego...». Di questa straordinaria vicenda, descritta nella lingua solennemente meridionale (Macrì era nato a Lecce) ma fiorentinizzata che lo distingueva, ho un riscontro personale. E' il '43, e alla scuola di spagnolo dell'Università di Middlebury, in Vermont, negli Stati Uniti, là dove il fior fiore degli intellettuali spagnoli in esilio si radunava ogni estate a ricomporre le file e a far conoscere i loro grandi poeti, anche quelli ormai scomparsi come Garcia Lorca e Machado, un giorno Jorge Guillén trepidante mi chiese: «Ma è vero che in Italia già ci conoscono?». Non glielo seppi dire, tuttavia, nella mia ignoranza giovanile, ebbi il sentimento di un mirabile ponte che in quei terribili anni valicava l'Oceano e la guerra. L'Antologia della poesia spagnola del '900 (prima Guanda, poi Garzanti), per la precisione delle traduzioni, per il formidabile apparato critico e per la grandiosità dell'introduzione storica rimane fondamentale nell'ispanistica italiana. Ma è anche monumento alla generosità del giovane Macrì che, una volta compiuta la scoperta di una grande Urica, seppe mantener fede ai suoi amici fino alla morte. Angela Bianchini Oreste Macrì: i funerali dello studioso leccese, fiorentino d'adozione, si svolgono oggi alle 15. Traduttore, saggista, storico ha fatto conoscere la grande letteratura spagnola in Italia