L'Fbi sulle tracce del bimbo rapito

L'Fbi sulle tracce del bimbo rapito Aruba, l'imprenditore italiano possiede ristoranti e negozi. Fra le piste, la vendetta di un ex dipendente L'Fbi sulle tracce del bimbo rapito Appello del padre ai banditi: «Datemi notizie» CARACAS. L'angoscia per la sorte del piccolo Gianni cresce di ora in ora, nella villa della famiglia Ferrara, sul lungomare principale di Oranjestad, capitale dell'isola caribica di Aruba. Il bambino, che ha 8 anni, è stato rapito una settimana fa: il telefono squilla ogni cinque minuti, ma sono giornalisti, o gli addetti dell'ambasciata, non certo i rapitori. E sul caso adesso indagano anche alcuni agenti dell'Fbi. «Ricevo in continuazione telefonate dall'Italia, ma qui abbiamo un solo telefono e con queste chiamate è sempre occupato», si lamenta il padre Giovanni Ferrara. «Non abbiamo avuto nessuna notizia né prima né dopo. Penso sia un espediente per chiedere il riscatto, ma non abbiamo avuto nessun contatto. La polizia di Aruba fa del suo meglio, ma sono in pochi». Giovanni Ferrara, 48 anni, originario di Castellammare di Stabia, abita da quindici anni ad Aruba, isola che vive fondamentalmente del turismo che arriva da Olanda, Stati Uniti, Canada, Venezuela. Padrone di alcuni ristoranti e di due negozi di scarpe, con un centinaio di lavoratori soprattutto venezuelani e colombiani ai suoi ordini, ha tre figli oltre a Gianni: Jean Paul, di 22 anni, Lara, di 18, Daniele di 12. Il sequestro è avvenuto lo scorso 6 febbraio, e anche se all'inizio la famiglia ha preferito il silenzio, in attesa che i rapitori cercassero di contattarli, la madre, l'arubana Filomena Moore, non ha più sopportato e attraverso i canali televisivi Tele Aruba e Atv ha chiesto che suo figlio venga riconsegnato vivo ai suoi cari: «Ho rispettato il patto (in riferimento alle minacce ricevute nel momento del sequestro, ndr), ma ormai è troppo. Vi prego, ditemi cosa devo fare», ha detto la madre. L'ambasciatore italiano in Venezuela, Vittorio Pennarolla, che ha anche giurisdizione sulle Antille Olandesi, aveva detto che il bimbo aveva fatto una telefonata al padre ed un'altra ad un musicista di uno dei suoi ristoranti. Ma domenica ha smentito questa versione: «Non c'è stato nessun contatto, il padre mi ha spiegato che la segretaria ha sentito male al telefono, ha pensato fosse Gianni, ma non era così. Non c'è stata neanche una telefonata a un musicista». «Stiamo seguendo il caso fin dall'inizio. Un nostro funzionario vi si dedica a tempo pieno e lunedì si recherà ad Aruba. La nostra ambasciata all'Aia ha interessato la polizia olandese (che agisce ad Aruba, sua colonia, ndr) e ha anche coin volto la polizia del Venezuela e quella della Colombia, perché non è escluso che i rapinatori siano partiti dall'isola», ha detto l'amba sciatore. Si pensa che i rapitori di Gianni Ferrara possano essere Venezuela ni, poiché i familiari che si trovavano nella villa quando è successo il sequestro dicono di averli sentiti parlare in spagnolo con pronuncia venezuelana. Per rapire il bambino, i sequestratori hanno narcotizzato la madre, i tre fratelli, una zia ed un amico che era in casa dei Ferrara. Il padre era assente. Per scappare, hanno preso la macchina della famiglia, che poi hanno abbandonato vicino a un posto di polizia. Le indagini non escludono alcuna pista. Si controllano le amicizie dei Ferrara, i dipendenti delle sue aziende. Di una cosa Giovanni Ferrara sembra certo: che tra i rapitori non vi possa essere un italiano. E magari sardi, legati al bandito Giovanni Farina, uno dei ricercati per il sequestro Soffiantini. E' una ipotesi nata dalla presenza di Farina in Venezuela negli anni scorsi. «Io non ho contatti con i sardi che vivono qui, però non posso immaginare che arrivino fino a questo punto», ha detto Ferrara. Giovanni Farina era fuggito in Venezuela con alcuni miliardi dei riscatti di Francesco Del Tongo e Dario Ciaschi, rapiti tra il marzo e l'ottobre del 1980. Infine venne arrestato in Colombia. Ma il funzionario italiano che segue il caso Ferrara ad Aruba smentisce questa ipotesi: «Qui siamo davanti ad un altro tipo di schema, che con Farina o con i suoi non ha proprio nulla a che fare». E allora? Un amico di Ferrara, A. B., commerciante di scarpe a Castellammare di Stabia, ha altri sospetti: «Credo che qualche suo dipendente venezuelano abbia potuto serbare rancore per un rapporto di lavoro finito male, anche se il sequestro sembra opera di professionisti ad alto livello». Nina Negron Il volantino mostrato dalla televisione di Aruba sul rapimento del figlio dell' imprenditore italiano. In basso, frate Gilberto Ugolini, il missionario medico sequestrato in Sierra Leone con altri due religiosi