Il colpo di Stato meglio delle bombe di Mario Ciriello

Il colpo di Stato meglio delle bombe ANALISI Il colpo di Stato meglio delle bombe TLONDRA UTTO è pronto ormai per la possente offensiva aerea contro l'Iraq, ma Clinton esita, indugia, cerca di guadagnare tempo. E' una condotta determinata non soltanto dal lodevolissimo desiderio di vagliare tutte le possibilità di successo delle diverse iniziative diplomatiche, ma anche dalla crescente consapevolezza degli enormi, imprevedibili rischi di una «operazione Iraq». Improvvisamente, una domanda assilla Clinton e i suoi consiglieri: cosa faremo se, finiti i bombardamenti, Saddam sarà ancora al suo posto? E' più che possibile. Dopotutto, Saddam è sopravvissuto alla catastrofe militare del marzo '91, quando il suo esercito cercava scampo nella fuga, i carri armati alleati erano sulla strada di Baghdad e, nel Nord e nel Sud, gli iracheni erano in rivolta contro il potere centrale. Gli alleati fecero allora l'errore di lasciare il tiranno sul trono: non c'è adesso il pericolo che la storia si ripeta? Molti a Washington e a Londra sostengono anzi che vari giorni di bombardamenti aerei rafforzerebbero ancor più il potere di Saddam, accrescendone il carisma nel mondo arabo. Certo, lo sappiamo, gli americani dispongono adesso di bombe e missili ancora più sofisticati di quelli usati durante la «guerra del Golfo», ma, quali che siano le loro doti, queste armi uccideranno inevitabilmente numerosi civili e difficilmente arriveranno a colpire Saddam. Bisogna dunque pensare a soluzioni diverse, meno tecniche e più politiche. A una in particolare: alla rapida creazione di una robusta e coraggiosa opposizione interna anti-Saddam. Voci autorevoli dichiarano ora a Washington: «E' giunto il momento di nominare e armare un Governo provvisorio iracheno e di assisterlo nel compito di eliminare Saddam». Altri vorrebbero altresì che Saddam fosse proclamato «criminale di guerra» e inserito fra i «Most Wanted Men». Ecco perché si cita il precedente bosniaco. Anche lì gli americani dominavano i cieli, ma la loro potenza aerea non bastava a risolvere la lunga tragedia, occorrevano forze di terra. Washington non era disposta a inviare soldati, ma si valse delle truppe che già esistevano, croate e bosniache. Aggirò l'embargo dell'Orni, fece sì che fossero equipaggiate e addestrate, le mise in grado di trarre vantaggio dagli attacchi aerei Nato e di riconquistare territorio caduto in mani serbe. Purtroppo, in Iraq non esistono nuclei armati di oppositori e gli stessi angloamericani non sanno a chi dare il loro eventuale appoggio. Si delineano due possibilità. Il favorito sembra essere un generale, un uomo di polso, capace di attrarre la loyalty dei militari, d'impedire che l'Iraq precipiti nel caos e finisca smembrato. Esiste questo generale o è soltanto un'ipotesi? Non si sa. C'è poi Ahmad Chalabi, presidente dell'lraqi National Congress. Il guaio è che Chalabi, il quale vive in esilio a Londra, ha perso la fiducia degli americani che, dopo averlo finanziato per anni, lo accusano adesso di non aver più un seguito, di essere un sognatore, un romantico. Come si vede, i candidati alla successione di Saddam sono fantomatici. Ecco perché i più scommettono sul misterioso «generale», capace di garantire un minimo di stabilità nonché di difendere le esportazioni di petrolio. Mario Ciriello

Persone citate: Ahmad Chalabi, Chalabi, Clinton, Most

Luoghi citati: Baghdad, Iraq, Londra, Washington