lorse a Roma l'inchiesta su Soffiantini di R. Cri.

lorse a Roma l'inchiesta su Soffiantini Chiesti gli atti lorse a Roma l'inchiesta su Soffiantini BRESCIA. Sembra destinata a prendere la strada di Roma l'inchiesta sul sequestro di Giuseppe Soffiantini. La Procura della capitale ha infatti chiesto gli atti ai colleghi di Brescia, da! momento che già indaga sull'uccisione dell'ispettore dei Nocs Samuele Donatoni avvenuta durante il conflitto a fuoco con la banda dei rapitori. Il reato di omicidio prevale per gravità rispetto a quello di sequestro di persone e porterebbe così a unificare le incideste sotto la responsabilità dei magistrati romani. In merito al delitto di Donatoni, tra l'altro, sono già state emesse ordinanze di arresto nei confronti di quattro componenti della banda: Mario Moro (morto in seguito nel carcere di Opera), Maisto, Broccoli e Sergio. Ieri è stato rinviato il secondo interrogatorio in Procura a Brescia di Giuseppe Soffiantini. All'origine del rinvio vi è un certo affaticamento dell'imprenditore che già per lo stesso motivo aveva rinviato la conferenza stampa convocata nel pomeriggio di ieri nella sede dell'Associazione industriali bresciani. E in serata Alessandro Margara, direttore degli Istituti di pena, intervenendo in un dibattito all'Università a Firenze, senza entrare nel merito delle polemiche sulla concessione delle misure alternative delle quali ha approfittato Giovanni Farina, ricercato principale del sequestro Soffiantini, ha dichiarato: «Gli accertamenti di polizia li abbiamo fatti sempre, ma essi devono riportare informazioni sull'attuale e non sul pregresso, come è stato e spesso è. Dire che una persona che ha commesso gravi reati in passato tornerà a commetterli, non è dare informazioni sull'evoluzione di quella persona». Poi a chi gli chiedeva informazioni in inerito ad un rapporto nel quale sarebbero stati descritti i presunti legami «delinquenziali» di Farina, il magistrato ha replicato: «Sono sicuri che quel rapporto non è arrivato? Potrebbe essere arrivato e non dire nulla». «Ho passato anni - ha aggiungo Margara - allo studio del diritto e non so se siano stati anni spesi bene: secondo quello che si sente dire in questi giorni direi però spesi abbastanza male». Addentrandosi quindi nell'esame della legislazione sulle misure alternative al carcere e della Legge Gozzini, egli ha rilevato che, nel nostro sistema, queste esistono da 21 anni e che «siamo ancora qui ad aspettare che funzionino». Inoltre Margara ha fatto riferimento al giudice di sorveglianza - che è colui «che non definisce un giudizio sul l'atto, ma ha il compito di valutare una storia, un percorso esistenziale di un soggetto e che non deve assolutamente valutare quello che succederà» - alla sua «discrezionalità, sempre rispetto a certe regole e perché non può fare quello che gli pare, e basandosi su dati spesso poveri» e alle «diatribe giurisdizionali», citale però, ha precisato, «non per difendere certe scelte». Ma - ha concluso Margara - bisogna aver presente che «aprire le carceri ha dei prezzi, come ha avuto dei prezzi aprire i manicomi. E ciò non sembri troppo disinvolto, quello che occorre è ragionare su questi prezzi, poiché la variabile dell'uomo che combina guai è una variabile a cui bisogna presentarci». [r. cri.]

Luoghi citati: Brescia, Firenze, Roma