Bob e Dustin fanno a pezzi la politica
Bob e Dustin fanno a pezzi la politica Bob e Dustin fanno a pezzi la politica Nell'opera di Levinson molestie alla Casa Bianca NEW YORK. Leggero, asciutto, cinico, superficiale, è stato girato in 29 giorni ed è una grande presa in giro della politica e dell'informazione dall'inizio alla fine. Qualcuno ha reagito irritandosi, qualcun altro ha scelto di rilassarsi e ridere alle battute rapide e sarcastiche, che sono l'unico tessuto del racconto, altri ancora hanno solo apprezzato i due giganti del cinema americano, che tengono in piedi il film dal primo mo- mento all'ultimo. Robert De Niro (Conrad Brean) e Dustin Hoffman (Stanley Motts) in «Wag the Dog» (letteralmente significa: «Scodinzola il cane», ma chissà come lo tradurranno in italiano), fanno rispettivamente la parte di un machiavellico ed equivoco consigliere di un non bene, anzi benissimo identificato presidente degli Stati Uniti coinvolto in uno scandalo sessuale a meno di due settimane dal giorno delle elezioni e di un fantasioso pro¬ duttore di Hollywood, che viene chiamato in causa per tirare su la reputazione del primo cittadino con la potente arma di cui è padrone: la televisione. Berry Levinson, che aveva già diretto Hoffman in «The rain man» nel 1988, vincendo quattro Oscar, compreso quello per la regia, in questa sua ultima fatica ha il dono della leggerezza. Sia perché fa sentire il suo peso solo attraverso il ritmo del racconto, sia perché rimane sempre a gal- la delle situazioni lasciando il tutto in mano a De Niro e Hoffman, che si contendono silenziosamente lo schermo dal primo momento all'ultimo e hanno l'aria, per fortuna, di divertirsi molto. Ragione per cui non si capisce mai se l'ironia delle loro facce e dei loro atteggiamenti fa parte del copione o è una loro attitudine naturale, che finisce per essere la caratteristica principale del film. Per fare dimenticare agli elettori, che il primo citta- dino ha molestato una tee- nager proprio davanti al suo famoso «ovai office» alla Casa Bianca, a undici giorni dalla sua rielezione, Brean inventa una improvvisa guerra con l'Albania e va nella megagalattica villa hollywoodiana di Stanley Motts per chiedergli di produrre per la televisione questo «spettacolo», che deve essere talmente verosimile da sembrare vero. Motts, un tipo timido e spregiudicato al tempo stesso, si fa rapidamente convincere, assetato com'è non di soldi, ma di fama. Un debole, che gli costerà caro. Ma nel frattempo, da vero professionista, sui suggerimenti di Brean inventa terroristi, bombardamenti, eroi, come il sergente Shuman (Woody Harrelson) soprannominato «Old Shoe» un maniaco tirato fuori per l'occasione, per il quale inventerà persino dei funerali di Stato con tanto di sepoltura al cimitero di Arlington. Politica e televisione ne escono a pezzi, eroi, Cia, e presidenti pure perché l'idea-chiave della sceneggiatura di David Mamet, condivisa perfettamente da Levinson, è che la politica è soltanto la somma di una serie di immagini prodotte dai media. Niente di più. Non è la prima volta che il cinema americano fa il «mea culpa» e purtroppo in «Wag the Dog» non c'è niente di nuovo e manca di tensione. Ma si sono riuniti dei professionisti veri e dei maestri per farci passare due ore di puro spettacolo. Fiamma Arditi
Luoghi citati: Albania, Arlington, Hollywood, Stati Uniti
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