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SPONSOR Meno soldi, più qualità: come cambia l'alleanza tra aziende e cultura alla vigilia dell'ingresso in Europa SPONSOR l'impresa mecenate r\ 1UAL è oggi lo «stato delle I 1 cose» nel campo del meceI I natismo culturale? Quali 1 I frutti ha dato il contributo V 1 delle imprese alla valorizV zazione del patrimonio artistico? Che cosa è cambiato con la Convenzione del 1996 tra Beni culturali e Confindustria e in quale direzione oggi si muovono le aziende? Si può partire per cercare una risposta da una constatazione: dieci anni fa ci fu il boom delle sponsorizzazioni a pioggia, nel 1987 i privati spesero infatti per la cultura circa ottomila miliardi contro i seimila dello Stato. Oggi la realtà è diversa e stiamo raccogliendo i primi frutti della Legge Ronchey che chiamava le aziende a partecipare alla salvaguardia del nostro patrimonio artistico. Rimane però ancora molta strada da fare: quanti sono convinti davvero che per l'Italia la cultura sia una risorsa? Eppure questa dovrebbe essere la direzione se vogliamo arrivare preparati all'appuntamento del 2000: in quella data, dopo una fase sperimentale, andrà in vigore la normativa della nuova politica culturale dell'Unione europea. «La cultura diventa créatrice d'emploi. La Commissione non sarà più una dispensatrice di elemosine per piccoli programmi ma un organismo d'integrazione tra le politiche culturali dei diversi Paesi, dotato di maggiore disponibilità economica in grado di creare occupazione». Lo hanno detto a Bruxelles, qualche giorno fa, il direttore della Commissione Cultura Spyros Pappas e uno dei suoi membri più influenti, Marcelino Oreja, dopo un Forum con 400 politici, intellettuali e professionisti di vari settori. E hanno annunciato come «nuovi territori d'intervento» la televisione senza frontiere, la formazione, le nuove tecnologie, il turismo, l'ambiente, e anche la protezione dei minori. Ma questi nuovi territori come si sposano con la politica culturale dei nostri grandi sponsor? Vediamo. Con un diffuso giro di vite (le sponsorizzazioni a pioggia sono un ricordo del passato) sta cambiando l'orientamento di imprese e aziende: compartecipazioni, promozioni mirate, maggiore attenzione al territorio, utilizzo di fondi comunitari, razionalizzazione degli interventi e ricorso ai tagli senza sdegnare l'eventualità del business. Insomma ingegneria finanziaria e imprenditorialità sembrano le carte su cui puntano per il futuro i privati. Una mappa degli interventi realizzati vede, ad esempio, la Biblioteca Ambrosiana - 45 miliardi in sette anni - restaurata dalla Cassa di risparmio delle Provincie lombarde, la Pinacoteca di Brera e il patrimonio artistico della Lombardia inventariati col sostegno della Banca Commerciale; la Cappella Brancacci e i Cavalli di Venezia riportati al loro splendore per merito di Olivetti. Pirelli restituisce alla città di Milano il bell'esemplare di architettura industriale della Bicocca in cui ha la sede; Italtel ha recuperato l'antichissima Fontana della Rivera in provincia dell'Aquila dove ha uno stabilimento; Benetton ha restaurato le ville trevigiane Minelli e Pastega, vi ha sistemato uffici e Fabrica, «una scuola più di sperimentazione creativa che di tradizionale comunicazione». Ed Enel riconverte centrali dismesse, ospitandovi archivi, musei e corsi di formazione. Proprio la formazione sembra interessare sempre più: Comit ha ampliato le prestigiose «Lezioni Raffaele Mattioli», Omnitel organizza stages e Telecom punta su scuola e Internet. «La nostra azienda vuole cogliere l'opportunità di realizzare un vero e proprio sistema di servizi che migliori la qualità per cittadini e imprese, valorizzando, anche dal punto di vista economico, il patrimonio storico, artistico e culturale», ha annunciato il direttore Telecom Umberto de Julio presentando il Museo virtuale che raccoglie il patrimonio artistico di Siena. Ma l'impresa leader nel campo delle telecomunicazioni guarda anche alla telematizzazione dell'istruzione sull'esempio di quella varata da Jospin in Francia. Per ora, l'inve- stimento in questo campo non è rilevante e continua la tradizionale sponsorizzazione di concerti sinfonici in varie città, così come l'aiuto a pubblicazioni scientifiche. Sarà il neopresidente Rossignolo a definire meglio i campi? Al riguardo, Enel ha le idee chiare. «Valorizzando la cultura di progetto - dice Mario Dal Co, delle Relazioni esterne di Enel - è stata messa a punto una nuova politica d'intervento restringendo il perimetro d'azione». Potenziata «Luce per l'Arte», anche con il megaprogetto Pompei 2000, il risanamento di zone come Cavriglia e Porto Tblle sarà replicato in Toscana, Lazio e Meridione. Intanto, il colosso Eni deve limitarsi a terminare la pulitura e riassetto della facciata di San Pietro intrapresa nel 1992. Né grandi progetti s'intravedono all'orizzonte di magnifiche pioniere come Olivetti e Martini e Rossi. Una, nonostante le difficoltà, ha mantenuto l'impegno del restauro dell'Intima cena; l'altra, che ha portato De Chirico al Guggenheim di New York e Picasso a Palazzo Grassi, chiuse le sue belle Terrazze affida la promozione soprattutto allo sport. Ma la disponibilità delle imprese a intervenire non è esaurita. Lo dimostra, tra l'altro, la Consulta per la valorizzazione dei beni arti¬ stici e culturali di Torino che raccoglie 23 tra grandi, piccole e medie aziende e ha realizzato importanti recuperi nel capoluogo piemontese, tra cui la Pinacoteca dell'Accademia Albertina. Molte sono poi le imprese che premono per entrare nel progetto del risanamento di Pompei. «Non sono i soldi a mancare - sostiene infatti Valerio Moccagatta, un professionista della comunicazione cresciuto alla scuola di Renzo Zorzi -. Sui progetti seri c'è mobilitazione. Purtroppo manca una defiscalizzazione che incoraggi il mecenatismo e gli interventi sui 40 mila edifici (palazzi, ville e torri) fatiscenti che i proprietari non possono restaurare. La convenzione tra Beni culturali e Confindustria è orientata all'intervento capillare ma la normativa è così complicata da essere inapplicabile». «Per quanto utile, l'incentivo fi¬ scale non è la conditio sine qua non», secondo Cesare Annibaldi, direttore delle politiche sociali e culturali di Fiat. Luciano Benetton è d'accordo: «Leggi più appropriate permetterebbero di ampliare i progetti in corso». «Più che un regresso - aggiunge Annibaldi - vedo l'impossibilità di ulteriore espansione. Le aziende hanno toccato il tetto delle loro possibilità. L'atteggiamento è cambiato per la sempre più forte competitività e necessità di destinare le risorse a obiettivi primari. E' andata in crisi la sponsorizzazione finalizzata all'immagine perché il riscontro era madeguato all'elargizione. Il dato positi- i o a a e o l e a a r 0 s o a ko. .] vo sono le nuove finalità culturali delle Fondazioni bancarie e l'interesse di medie e piccole imprese». Ora, la convenzione VeltroniFossa guarda proprio a loro e la Confindustria ha appena varato ImpresaCultura, una rivista che ha tutta l'aria di voler sensibilizzare con dati convincenti. Si riuscirà a realizzare a tappeto il modello della Consulta torinese? Paolo Mazzanti ne è convinto. «Per un ritorno di flusso - dice però Giulio Malgara, presidente dell'Upa e di Chiari & Forti - ci vuole un ulteriore miglioramento dell'economia. Massiccio risulta il ricorso a telepromozioni e pubblicità tradizionale». Genesio Fornari di Parmalat conferma senza nulla escludere. Saranno le banche a dare nuova lmfa? Dopo l'indagine Abi dello scorso agosto sulle sponsorizzazioni culturali, si ha l'impressione di una pausa di riflessione. Se l'Istituto San Paolo, cui si debbono importanti restauri e sostegni, non ha nuovi progetti per l'immediato e pare più interessato alle compartecipazioni e all'allargamento delle proprie miziative musicali, qualche banca ha stretto i cordoni. Altre proseguono volentieri in proprio secondo tradizioni consolidate come la collana di Comit o l'acquisto di un Sironi e la monumentale Civitas Europaea del Credito Italiano. Tra gli stilisti, che non sembrano ancora troppo orientati a portare un contributo fuori dalle loro dimore, Trussardi dal suo Palazzo Marino aperto al pubblico promette «nicrementi di mostre e apertura di nuovi centri». Dunque, panorama vario. Resistono i filoni arte-musica, ai patinati libri strenna s'aggiungono le collane scientifiche (Telecom-Utet) e gli utili testi bilingui (Italtel, Enel). Contro un Benetton che, salvato l'Archivio di Fernanda Pivano, si dice «pronto a proseguire», pochi sono però disposti ad appoggiare la politica libro-bibliotecheeditoria o, in vista dell'Unione europea, a progettare iniziative fuori d'Italia. «All'estero, l'immagine dell'Italia è inferiore al suo valore lamenta Franco Morganti, presidente dell'International Institute Communications -, Le imprese fanno poco per comunicare a livello intemazionale la nostra più si- j gnificativa produzione culturale. L'immagine nobile diffusa da Olivetti, Pirelli, Ansaldo è in crisi non per mancanza di uomini ma per l'azione limitata a livello locale. Per arrivare all'appuntamento europeo con un progetto culturale, servono figure di profilo internazionale. Solo Agnelli è veramente consapevole che il patrimonio dell'Italia è la sua cultura». Non disperiamo. «Le iniziative culturali non sono troppo nella nostra tradizione. Ma l'azienda - assicurano alla Marzotto - non è mai stata sorda all'appello». Allora, sopravvivenza o sviluppo? Chi affiancherà gli sforzi, e i successi, di Rai International nella diffusione di lingua e cultura? Chi darà mia mano all'Ufficio dei Beni culturali per l'editoria, capitolo assente dalla benemerita convenzione? In attesa dei proventi del totoscommesse, anche qui si cambia nell'ottica della promozione-business. Ad aprile, nella Biblioteca Nazionale di Buenos Aires cara a Borges s'maugura una mostra di 1400 libri indicativi delle regioni italiane che proseguirà per Chicago e New York accompagnata da incontri con autori, editori e operatori economici. Si attinge poi ai fondi comunitari e si progetta un Centro di promozione dell'editoria italiana con anagrafe delle traduzioni anche su Internet. Né si esclude il supporto di un imprenditore-mecenate. Finiti i tempi in cui un amministratore delegato poteva far sborsare all'azienda ottanta milioni per la foto che lo ritraeva con Reagan, sempre meno si è infatti disposti a foraggiare sagre della salsiccia o Festival degli esordienti. Insomma, l'imperativo sembra essere spendere meno o come prima, impiegando però meglio le risorse. Se nell'interesse di azionisti e utenti, lo vedremo. Paola Decina Lombardi Dalla Biblioteca Ambrosiana ai Cavalli di San Marco: sono migliaia in tutta Italia le opere d'arte restaurate in questi anni dai privati La Convenzione del 19% tra ministero e Confindustria ha segnato una svolta Gli interventi mirati da Olivetti a Canplo, da Fiat a Benetton La Biblioteca Ambrosiana di Milano A centro pagina «L'ultima cena» di Leonardo da Vinci La Pinacoteca di Brera da poco restaurata In basso i resti di Pompei