«Vi racconto il jet killer»
«Vi racconto il jet killer» «Vi racconto il jet killer» In un filmato la radiografia della strage TRENTO DAL NOSTRO INVIATO Il monitor che ha appena inghiottito il nastro magnetico inciso dagli investigatori impiega qualche secondo a mettere a fuoco l'immagine. Poi l'aereo compare. E' in sonno da cinque giorni, immobilizzato dentro alla luce color latte dell'hangar della base militare di Aviano. Sull'ala destra le due ferite lasciate dai cavi che ha strappato. Sul timone di coda il morso della frustata di ritorno. Ancora sull'ala destra la gondola esterna stabilizzatrice dimezzata dall'impatto con le funi. La storia di quei microsecondo di collisione tra il Prowler Ea6b e i cavi d'acciaio della funivia del Cermis è stampata (per sempre) sulla pelle argentata del Predatore. La telecamera gli gira attorno. Si avvicina ai dettagli. Racconta, centimetro per centimetro, la dinamica di quel lampo che ha inghiottito 20 corpi, dopo averli accecati e riempiti di terrore. Ecco quello che - una volta per tutte è accaduto. Il sismografo della Provincia di Trento registra l'impatto alle ore 15, 12 minuti, 43 secondi. Un paio di minuti prima il Prowler è entrato nel corridoio della Val di Fiemme. Viaggia a 400 nodi, poco più di 700 chilometri all'ora, inghiottendo 200 metri d'aria al secondo. Altitudine intorno ai cento metri dal suolo. Rotta di addestramento per la guerra elettronica in Bosnia. L'aei eo schizza sopra i paesi di Capriana, Molina, Castello. Inquadra Cavalese. E all'improvviso ecco la funivia, che taglia perpendicolare la valle e la rotta. Probabile che il pilota veda la gondola gialla della funivia che sta scendendo lentissima lungo i tre cavi. Certissimo che i 19 turisti e il manovratore vedano l'aereo. Il manovratore aziona il freno di emergenza (tra i resti il dispositivo risulterà attivato). La cabina perciò si immobihzza. I 19 turisti hanno ancora qualche istante di vita e la loro vita, a velocità impensabile, è completatamente invasa dal Predatore in arrivo. Nessuna possibilità di fuga. Solo il tempo di guardare. Il pilota - come adesso racconta il corpo scheggiato dell'aereo ha virato bruscamente a sinistra. Virando, l'ala destra si è alzata di una trentina di gradi intercettando i due cavi, quello portante (50 millimetri di diametro) e quello di zavorra (grande la metà). I due cavi penetrano nell'ala destra. Il primo resiste per una settantina di centimetri poi salta, il secondo non più di 30. Entrambi, dopo la potentissima tensione, si strappano rimbalzando all'mdietro con una frustata elastica. L'aereo si impenna. Uno dei due cavi intercetta il timone di coda tranciandone un lungo triangolo. L'altro cavo spazza via una buona parte della seconda gondola stabilizzatrice collocata sotto l'ala destra. L'aereo - come avesse ricevuto una potentissima scarica elettri¬ ca - perde l'assetto, barcolla, si raddrizza, ma resta in volo. La cabina della funivia, a cinquanta metri dall'impatto, è spacciata. Oscilla paurosamente, scivola obliqua ancora per qualche metro. Poi crolla verticale. Il tempo di caduta calcolato dai tecnici è di otto secondi. In quegli otto secondi il Prowler ha già inghiottito 1600 metri e quando i 20 corpi si schiantano al suolo, l'aereo sta fiammeggiando sopra Tesero. Il pilota Richard Asbby chiama la torre di controllo di Aviano, parla con Edward Andujar, supervisore di controllo: «Abbiamo urtato un cavo - grida -. Probabilmente uno skilift». La base entra nella procedura di emergenza. Viene sgomberata la pista di atterraggio. Viene stesa la rete per frenare il bireattore. Entrano in allarme le squadre dei vigili del fuoco che schierano una dozzina di mezzi lungo la pista. A vedere l'aereo si capiscono due cose. La prima è che sarebbe bastato un altro microsecondo di resistenza delle funi e l'ala sarebbe stata tranciata di netto. Il questo caso né il Prowler né le frazioni abitate (o addirittura i paesi) sulla sua traiettoria di caduta avrebbero avuto scampo. Velocità e carburante lo avrebbero trasformato in una bomba e la strage si sarebbe moltiplicata. La seconda è che i quattro marines dell'equipaggio - non solo il pilo¬ ta - si sono accorti perfettamente di quello che era appena successo. L'impatto è stato violentissimo, così come il rumore dei cavi d'acciaio esplosi. Le immagini, adesso, sembrano accarezzare i suoi 18 metri di lunghezza. La sua immobihtà protetta dal nastro invalicabile che i carabinieri hanno steso attorno - gli conferisce un fascino speciale di animale ottuso e ferito. Finalmente catturato dopo l'omicidio. Pino Corrìas Militari americani e carabinieri durante un sopralluogo
Persone citate: Castello, Edward Andujar, Molina, Pino Corrìas, Virando
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