Il circuito degli imbrogli

Il circuito degli imbrogli Il circuito degli imbrogli Ecco le nove contraddizioni degli Usa TRENTO DAL NOSTRO INVIATO Bene, bene: agguantati con le mani nei circuiti, i militari americani hanno restituito agli investigatori italiani il famoso registratore, il Mission Recorder, che i quattro marines, un secondo dopo l'atterraggio in emergenza del loro acrobatico Predatore - ore 15,21 di martedì scorso - avevano prelevato dal Cockpik, il cruscotto di comando. Lo hanno restituito, ma ci hanno anche guardato dentro. Esattamente l'altro ieri, negli stessi minuti in cui la commissione di inchiesta dei marines, sbarcata a Cavalese, passeggiava tra i rottami della funivia, davanti alle telecamere di mezzo mondo. Almeno uno di loro era rimasto ad Aviano a lavorarsi i circuiti del Mission Recorder. E la circostanza è piuttosto grottesca visto che a Cavalese persino i magistrati Granerò e Giardina credevano che tutti i membri della commissione fossero lì con loro. Errore. «In effetti - confessa oggi Granerò - continuavano a presentarci questi uomini in tuta mimetica, membro numero uno, molto piacere, membro numero due, onoratissimo. Sette, otto, non mi ricordo più...». E a fine passeggiata il loro portavoce, colonnello James Withlaw non onorava del tutto il suo cognome (letteralmente: con la legge) dichiarando: «Siamo qui in assoluta cooperazione con le autorità italiane». Scoperto l'inghippo, il Mission Recorder è stato consegnato nelle mani di Orfeo Durigon, comandante italiano della base di Aviano. «E ora - dicono i magistrati - proveremo a darci un'occhiata noi». Sarà Carlo Casaro sa, il perito che da anni sta indagando sulla strage di Ustica, a vedere quello che il registratore contiene ancora e a ipotizzare quello che (eventualmente) non contiene più. Così anche oggi il procuratore Granerò si è ritrovato per le mani l'ennesima casella di questo perpetuo labirinto. Contromisura: «Ho chiesto che mi mettano nero su bianco i nomi e le funzione di ciascun militare che compone la commissione. Nero su bianco. E ho chiesto una relazione scritta al generale De Long, il loro comandante, su quello che è successo l'altro giorno. Cosa hanno fatto e perché». Fosse un'inchiesta normale sarebbero già partiti avvisi di garanzia per «mquinamento delle prove», o addirittura delle richieste di arresto, visto che il codice italiano lo prevede. Ma questa (come tutti hanno capito) non è un'inchiesta normale. Non c'è giurisdizione sugli indagati (i piloti) ne prevalenza di poteri sugli mquirenti americani che possono fare e disfare, dire e contraddire, imbrogliare e sbrogliare. In quattro giorni - da quelle 15,12 del giorno della strage - lo hanno già fatto almeno nove volte. Nei primi minuti dopo l'atterrag¬ gio hanno provato a opporsi al sequestro dell'aereo Ea6b. Per un giorno intero si sono rifiutati di rivelare i nomi dell'equipaggio. Quando (infine) li hanno fatti comparire davanti ai magistrati italiani i quattro marines non hanno aperto bocca. Sempre mercoledì scorso, sbarcato dà Napoli a Cavalese, il comandante in capo dell'aviazione Americana per il Sud Europa, generale Richard Bethurem, ha dichiarato: «Sappiamo che c'è stato un incidente ma non conosciamo il motivo». Invece sapevano chi, co- me, quando e perché erano state spolpate e poi disintegrate al suolo 20 persone sulla funivia del Cermis. Ancora il giorno dopo - nonostante l'evidenza dei fatti - Tracy O'Grady, portavoce dei militari ha detto: «Il volo a 80 metri dal suolo era autorizzato». E il portavoce della base di Aviano: «Il nostro aereo ha volato con un piano di volo autorizzato». E vari capitani, colonnelli, generali, qui e a Washington, hanno dichiarato: «Non ci risulta che il nostro aereo abbia commesso irregolarità». Il capolavoro è dell'altro ieri: salta fuori che il Recorder è sparito. Poi salta fuori che ci hanno guardato dentro, usando tecnici militari che per un giorno intero hanno lavorato in incognito. Il tutto mentre sul palcoscenico dei media promettevano collaborazione. Si vedrà, d'ora in avanti, se la brusca strigliata di Clinton raddrizzerà, tutta intera, la faccenda. [p. cor.] II generale Guy Vanderlinden. comandante dei marines nel Sud Europa