VIA LO STATO DAI TRENI di Guido Ceronetti
VIA LO STATO DAI TRENI LE FERROVIE AI PRIVATI VIA LO STATO DAI TRENI AVREI una ragione essenziale per sostenere nel modo più deciso la privatizzazione delle Ferrovie: il desiderio di non vedere, dello Stato italiano, un'immagine simile in circolazione, sotto gli occhi di tutti, ininterrottamente... Privatizzare la ferrovia significa togliere di mezzo, almeno, quella immagine bieca dello Stato. Se anche i privati facessero una cattiva prova, l'immagine dello Srato se ne avvantaggerebbe: non sono io quello. Perfino il rapporto sinistro che abbiamo col fìsco è meno deprimente. Là, senti la gelida mano dello Stato sulla gola soltanto in certe occasioni. E' un patire senza vedere. Ma i grandi servizi pubblici-statali, questi li vedi, li tocchi, ti fanno bestemmiare. E la relazione uomo moderno-treno resta imponente e profonda. Non si tratta soltanto di essere trasportati. C'è l'automobile, evento enorme, c'è il mezzo aereo. Tuttavia neppure chi prende un aereo ogni due giorni (un infelice, un demente) può dimenticarsi del treno. Conobbi una giovane coppia che andava tra Europa e America con ritmo di navetta: quando potevano, andavano a passare un paio d'ore in una grande stazione ferroviaria, specialmente a vedere le partenze. Si caricavano di vera partenza, per potersi rassegnare meglio alla dura privazione di partenza, imposta dal rituale d'aeroporto. L'amante, la figlia che per dieci, venti metri camminano insieme col treno che si avvia, facendo gesti incomprensibili fuori delle stazioni, con mormorii di commiato definitivi e di eccessivo augurio, percepiti dal viaggiatore dietro il finestrino, non ti abbandonano alla solitudine del mezzo e anche chi parte senza i saluti avverte su di sé, nel vagone senza fra- Guido Ceronetti CONTINUA A PAG. 8 SETTIMA COLONNA TERRORE SULL'ESPRESSO Puglia, vagoni in fiamme per i freni surriscaldati di Tonio Aitino A PAGINA 13
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