Apocalisse di sangue sulla neve

Apocalisse di sangue sulla neve LA TRAGEDIA Apocalisse di sangue sulla neve Un boato, poi lo straziante recupero dei corpi CAVALESE (TRENTO) DAL NOSTRO INVIATO Tutti hanno sentito alle 15,12 il boato, qui a Cavalese dove adesso lampeggiano luci blu nella notte. La Val di Fiemme, prima che tutto accadesse, scintillava sotto al sole. In cima agli ski-lift del Cermis - neve soffice e buona - i turisti tedeschi e polacchi facevano la fila sotto ai piloni della funiva. Era l'ora del ritorno. «Io a quell'ora ero in casa racconta Roberto, ragazzone della Protezione civile - è arrivata come un'onda e subito dopo il boato così forte che ha spostato le tendine della finestra. Ho pensato: questo aereo è impazzito». Nello stesso momento, a una manciata di chilometri, proprio accanto alla strada che costeggia l'inizio della funivia, Alberto Del Marco è davanti a casa. Sta camminando verso il suo furgoncino rosso. Anche lui sente l'onda che arriva, poi il rumore: «Quell'aereo è entrato in valle molto basso. L'ho inquadrato. E' sceso ancora. Quello si schianta, ho pensato. Un secondo dopo si è come impennato con un bang tremendo e ha imboccato la traiettoria che risale la valle». Su quell'aereo argentato Ea 6b - reattore per la guerra elettronica, pensato e costruito per dominare dall'alto la zona di una battaglia - i quattro uomini decollati dalla base Nato di Aviano devono avere avuto il tempo di rendersi conto, anche se il tempo, a quella velocità, diventa fragile come il cristallo. «Volavano a non più di 80 metri d'altezza», dicono i testimoni oculari. «Vengono qui a fare le loro esercitazioni». «Vengono in valle a gareggiare tra loro, non è la prima volta...». Dice Ivan Ceol, che abita a Varena, sulla collina di fronte: «Da anni questi maledetti aerei passano velocissimi e a bassa ; ' - - te- era :v s::r, cvomn quota. Tre giorni fa ho chiamato la base militare di Verona per protestare, per chiedere un intervento. Nessuno ha mai fatto nulla e adesso è successo quello che chiunque poteva prevedere». La cabina numero 1 ha appena imboccato la seconda tratta del ritorno. In una decina di minuti è scivolata lungo i duemila metri di cavi che scendono dal Cermis fino alla stazione intermedia di Doss Laresi. Ora ha agganciato la seconda tratta: 2.565 metri di cavi d'acciaio per l'ultimo dislivello che approda quasi nel centro di Cavalese, accanto alla cattedrale. Alla guida della cabina c'è Marcello Vanzo: non doveva essere lì. «Ha sostituito un collega che aveva problemi - dicono alla Funivia - così ieri sera si sono scambiati il turno». Con lui ci sono venti passeggeri, 9 donne, 11 uomini. Sci, borse scarponi, giacche a vento e zaini stanno ammucchiati lungo le pareti gialle. La cabina è lenta. Si muove sospesa nel blu del cielo. Sotto di lei il bianco della neve, e il verde cu- po degli abeti che si arrampicano sui costoni. Va su e giù da vent'anni. «Tutte le mappe dicono ora gli investigatori - riportano con estrema chiarezza la presenza della funivia. Come è stato possibile?». Anche nella cabina i venti turisti bruciati dal sole devono aver sentito l'onda. Poi il boato. Poi il lamno dell'aereo in traiettoria da collisione. Forse quello è il momento raccontato dai testimoni in cui l'aereo si è abbassato di più e subito dopo si è impennato: quando davanti al pilota americano è comparsa questa grossa scatola gialla carica di facce terrorizzate. E' passato cento metri alle snalle della cabina. Un rasoio a reazione che si infila sotti ai cavi: passa il muso, passano le ali, la fusoliera. Una frazione di secondo e il timone di coda tocca. Non più di qualche centimetro d'acciaio contro l'acciaio. Tocca e trancia. Il cavo portante della funivia scatta come un elastico. In cabina deve esserci stato un contraccolpo tremendo, un'impennata. Poi tutto diventa improvvisamente lentissimo. Il cavo perde tensione. La cabina si arresta, gli agganci non hanno più presa, l'aria diventa vuota. E i venti corpi - ammucchiati dal panico e dalle oscillazioni cominciano a cadere. In questo punto - dilatato dalle fotoelettriche - i cavi spezzati sono a un centinaio di metri d'altezza. «Considerando il tempo in cui la cabina, per inerzia, è come rimasta sospesa nel vuoto - spiega uno dei responsabile della Protezione civile - la caduta deve essere durata almeno un paio di secondi. Un tempo lunghissimo». Perciò si capisce quello che racconta (con gli occhi rossi) uno degli allievi della Guardia di Finanza spediti qui per i soccorsi: «Questi morti hanno una faccia speciale, la faccia del terrore. Hanno tutti avuto il tempo di capire quello che stava succedendo. E non avevano nessuna via d'uscita». L'allarme, come il boato (registrato dai sismografi a Trento), ha allagato la valle in pochi minuti. Da Trento si sono alzati in volo gli elicotteri bianchi della Protezione civile. Da Cavalese sono partiti i pompieri. Da Predazzo è stato spedito un gruppo di cinquanta allievi della Scuola alpini della Guardia di Finanza. Sono partite le jeep della Forestale. E con le loro automobili sono partiti i paesani. «Siamo arrivati - racconta un carabiniere - è già non c'era più nulla da fare. Nessuno poteva salvarsi da quell'altezza. Mai vista una scena del genere». La cabina è venuta giù obliqua. Si è schiantata e poi ribaltata scivolando per una trentina di metri. Esattamente quanto è lunga la doppia striscia di sangue che macchia la neve. Sono volati gli sci. Sono volati i corpi, sbriciolati come i grandi vetri della cabina ridotta a un ammasso di lamiere. I pompieri sono arrivati con la gru. «Abbiamo cercato di imbragare e sollevare la cabina per poter lavorare sulle lamiere». Tre ore di fatica, «per estrarre cose che assomigliavano a dei corpi». E' arrivato anche un prete, don Renzo: «Speravo che qualcuno fosse vivo - dice con un filo di voce - e invece non si capiva neanche se le persone estratte erano uomini o donne». Un mucchio di ore fa, a cento chilometri da qui, l'aereo killer è atterrato. Da Aviano i militari americani hanno già spedito i loro rapporti: personale incolume e all'aereo «danni minori». Pino Corrias «E' arrivata come un'onda, il rumore ha spostato le tendine delle case» «I corpi sono volati e poi si sono sbriciolati» «Tutte le mappe indicano chiaramente la presenza della funivia. Come è possibile che non se ne siano accorti?»

Persone citate: Doss, Ivan Ceol, Marcello Vanzo, Pino Corrias