Karla perde la lotteria della morte

Karla perde la lotteria della morte REPORTAGE GLI INCUBI DELLA GIUSTIZIA Nessuna speranza che domani mattina George Bush junior accolga la domanda di grazia Karla perde la lotteria della morte Verso ilpatibolo la donna che ha diviso il Texas HOUSTON DAL NOSTRO INVIATO Tra due giorni, la fine. Non c'è speranza per Karla Tucker, condannata in attesa nel braccio della morte di Huntsville, Texas, né per la giustizia, comunque la si intenda. Lunedì mattina il governatore George Bush risponderà alla domanda di grazia e commetterà l'ultima ingiustizia, qualunque cosa decida (ma non c'è nessuno al mondo pronto a scommettere sulla clemenza). Quella di Karla Tucker è una vicenda senza via d'uscita che ha, davanti alla storia, il merito di svelare tutte le assurdità della pena di morte, come è comminata, applicata e finanche contrastata oggi, in America e quello, minore, di avere per la prima volta spaccato il Texas su un argomento ritenuto finora indiscutibile. Siamo qui ad aspettare la fine, leggendo le lettere ai giornali, ascoltando canzoni di solidarietà e dibattiti prò e contro, guardando il predicatore Robertson che annuncia, sulla sua tv, la trasmissione deh'ultima intervista in contemporanea con l'esecuzione, e non possiamo non pensare che niente di tutto questo ha un senso: perché Karla Tucker non dovrebbe essere un caso, non dovrebbe essere graziata, non doveva essere condannata a morte. Perché è un caso? Fuori da ogni ipocrisia: perché è una donna. Tutto il resto sono chiacchiere. La sua conversione al cristianesimo importa zero. I bracci della morte sono pieni di ferventi neo-seguaci di ogni credo. A Mike Tyson bastarono pochi anni in cella per diventare musulmano. Nel libro fotografico che Ken Light ha realizzato proprio a Huntsville, dove Karla Tucker morirà, ci sono le immagini di una catena umana di detenuti in preghiera la domenica mattina, la foto di uno di loro in ginocchio mentre canta «Amazing Grace», quella di un altro che ha costruito con gh stuzzicadenti un orologio che rappresenta l'ultima cena, c'è una frase del condannato David Herman che dice: «Io sono religioso, c'è gente che dice che la pena di morte è nella Bibbia, è approvata da Dio, ma Cristo fu crocifisso per i loro peccati». Sono quasi tutti morti. Convertiti, ma avvelenati dallo Stato. Senza una parola perché fossero risparmiati. Tutti uomini, quasi tutti neri. Dall'82, quando fu reintrodotta la pena di morte, il Texas l'ha apphcata 143 volte, senza dubbi né dibattiti. Solo davanti alla prima donna esita. Escono sui giornali lettere inimmaginabili se il condannato fosse un nero di nome Karl Tucker responsabile, come lo è Karla, di aver picconato il cuore diun amico e della sua amante. Alcune esprimono sensibilità inattesa («Ucciderla proverà solo che non sappiamo perdonare e abbiamo fame di morte. Ma non siamo più al Medio Evo»), altre svelano l'anima profonda della gente di questo Stato («Noi texani non trattiamo così le nostre donne»). Le più decise nel chiedere l'esecuzione sono le gli «Se il Tefreddo» «Era unaeventi Dick« lettere con firma femminile. Una cantante country di nome Melody Kirshe ha inciso una «canzone per Karla» intitolata «La fine», che dice: «Sono pronta ad affrontare la mia eternità/ Un nuovo giorno è alle porte». Su Huntsville marcia una curiosa coahzione che comprende Pat Robertson e Bianca Jagger, il magistrato che fece condannare la Tucker e il fratello di una vittima. Arrivano perfino i giornalisti americani, per i quali una esecuzione vale solitamente una breve. Numerosissimi quelli europei, perché la donna «siringata» fa notizia. Tra O'Dell e la Tucker, silenzio. Qualche voyeur con le tasche piene di cinismo, tipo l'inglese Christopher Hitchens, si è fatto i accreditare all'esecuzione di un Mister Nessuno in Missouri e ne ha ricavato un bell'esercizio di stile per «Vanity fair» (pubblicato su cinque pagine intervallate da pubblicità di champagne e diamanti), per il resto, una ventina di esecuzioni e tanto silenzio. Dopo la Tucker ci vorrà la morte di uno dei tanti minorenni in attesa per fare notizia. Nell'attesa: la donna. Indifendibile, se il sistema penale avesse una logica. Perché la grazia? George Bush jr., che tiene molto ai voti autunnali dei suoi rudi cowboys, assai più numerosi dei «cristiani rinati», non avrà cedimenti deU'ultim'ora, ma, dovesse farlo, si esporrebbe alla tempesta. La Tucker ha già detto in tv «non voglio clemenza i solo perché sono una donna». Ma questa sarebbe la ragione, evidente e unica, del provvedimento. E cosa dimostrerebbe, oltre al fatto che «i texani sanno trattare bene le loro donne»? Che la responsabilità femminile è inferiore a quella maschile? Che quando una donna ammazza a picconate ha una capacità d'intendere e volere ridotta rispetto a quella di un complice uomo? Che d'ora in avanti la pena capitale non si applicherà più se sul banco de¬ gli accusati ci sarà un'assassina? Il precedente sarebbe devastante e soprattutto bisognerebbe andarlo a raccontare a tutti i condannati senza nome né storia, uccisi senza dubbi né dibattiti e a quelli che seguiranno, da martedì notte in avanti, ugualmente colpevoli, magari ugualmente convertiti, diversamente (nel caso) trattati, perché i texani trattano così solo le donne. Paradossalmente, in questa vicenda di dubbia giustizia, l'atto più giusto, per il diritto e la logica, sarà il «no» del governatore. Un diverso destino avrebbe dovuto essere scritto anni fa, quando invece il prosecutor Joe Magliolo, oggi pentito, ebbe facile compito nel chiedere la morte di Karla Tucker. Dio iana, Perché la condanna? Nella grande lotteria dei processi americani, alla ventitreenne di Houston che, con il pieno di droga, aveva massacrato due persone, toccò la pallina nera. Quando si discute della pena di morte si tirano in ballo principi morali, filosofici e giuridici. Se ne dibatte il valore e l'efficacia in astratto, ma il problema è come e a chi viene applicata. Se agli stessi crimini seguisse l'identica punizione, sarebbe un conto, ma non è così, qui e ora, né era così nell'83. Le ragioni portate dagli abolizionisti oggi in difesa di Karla Tucker furono trascurate dai suoi legali di allora. La sua infanzia terribile (mamma prostituta, babbo scomparso, droga a 8 anni, sulle orme della madre a 12), il fatto che fosse annebbiata dalla droga la sera in cui commise il delitto, non furono attenuanti sostenute con la stessa determinazione con cui vengono citate adesso, a tempo scaduto. Il procuratore pentito Joe Magliolo fece ascoltare la sua confessione, nella quale, ancora «flippata», diceva: «A ogni picconata provavo un orgasmo» e l'ebbe vinta. I suoi avvocati di allora tornarono alle cause civili contro le assicurazioni per le quali erano più portati. Avesse avuto i difensori di O.J., a quest'ora probabilmente non sarebbe una «cristiana» rinata, ma conterebbe i mesi al rilascio. Nelle foto scattate durante i processi di due dei condannati a morte uccisi nel '97 si vedono i loro avvocati dormire sul banco della difesa. Quelli di Karla Tucker avevano sonno e fretta di andare a letto. Trascurarono non solo il suo passato, ma anche la presenza di un terzo uomo sulla scena del delitto, che avrebbe potuto cambiare i ruoli attribuiti a lei e al suo complice, morto in carcere. Paradossalmente, sarebbero più accettabili i regimi che uccidono migliaia di condannati l'anno, se davvero applicassero la stessa pena agli stessi reati, piuttosto che questo Absurdistan, dove la composizione di una giuria, lo stato d'animo di un giudice, la capacità di un avvocato, i calcoli politici di un governatore trasformano l'amministrazione della giustizia nella gestione di una lotteria. Karla Tucker ha perso e lo sa. Aspetta la fine e spende parole di saggezza e benedizioni per quelli che l'hanno perdonata e per quelli che, come il marito della donna che ammazzò, non ne sono stati capaci. Dice la canzone che per lei «è tempo di tornare a casa». George Bush jr. non la tratterrà oltre. Non c'è più tempo per i dubbi, né spazio per la giustizia. Gabriele Romagnoli Lo Stato dal 1982 ha ucciso 143 volte ma ora davanti a una donna esita Le più decise a dire no al perdono sono le lettere con firma femminile gaa indecimonsulla a Tua via alla tutte morte, ata e p«Ha ucciso per colpa della droga, sono gli spacciatori quelli che dovremmo condannare a morte. Risparmiamola, perché spieghi gli effetti nefasti della droga» Jimmy WhHnead LETTERE PRO LETTERE CONTRO «Più iniezioni e meno prigioni. Chi se ne frega se la Tucker ha avuto un'infanzia difficile, le sue vittime" non hanno potuto neppure avere figli» Jim Symmes «Se il Texas la uccide, sarà questo il vero omicidio premeditato, a sangue freddo» James Jackson «Era una bambina abbandonata. Noi spendiamo miliardi per organizzare eventi sportivi e non pensiamo a salvare i bambini dalla strada» Dick Baurmann «Ucciderla proverà solo che non sappiamo perdonare e abbiamo, fame di morte. Non siamo più nel Medio Evo» Jeffrey Burterfield La barella nel carcere texano di Huntsville dove Karla Tucker verrà legata prima che il boia le pratichi l'iniezione letale [FOTO AP] «Dice di essere cristiana rinata. Se è così preferirà andare da Dio che passare il resto della vita in prigione» Carol Stough «Portarsi appresso una Bibbia e citarla non fa di lei una cristiana, ma una fasulla calcolatrice» Anna Schulte «Lasciate che chieda il perdono a una Autorità più alta. Morirà più dolcemente delle vittime che ha picconato» Jamie Coultas PegranameHoudrogpersQuamormor i i La barella nel carcere texano di Huntsville dove Karla Tucker verrà legata prima che il boia le pratichi l'iniezione letale [FOTO AP] L'infanzia di Karla Tucker è stata un inferno: la mamma era una prostituta, il babbo scomparve, provò per la prima volta la droga quando aveva soltanto otto anni, iniziò a prostituirsi a dodici

Luoghi citati: America, Houston, Missouri, Texas