Mosca tratta, Washington prepara i jet
Mosca tratta, Washington prepara i jet L'inviato russo potrebbe strappare a Saddam il sì alle ispezioni nei palazzi presidenziali Mosca tratta, Washington prepara i jet La Albright: se colpiremo sarà un 'azione massiccia NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Un'altra giornata di tamburi di guerra americani suonati a tutto spiano contro l'Iraq, quella di ieri: sul piano delle parole e anche sul piano dei fatti. Delle prime si è incaricato Bill Richardson, il rappresentante americano all'Onu («La diplomazia è agli sgoccioli. Non intendo annunciare nessun piano preciso ma posso dire che la forza militare è ormai decisamente sul tappeto»), al quale ha fatto eco da bordo della portaerei «George Washington» il suo comandante, contrammiraglio Michael Mullen: «Il colpo, se ci sarà, sarà molto forte, molto preciso e molto devastante». Dei fatti invece si è incaricato il Pentagno stesso, annunciando la partenza per il Golfo di 50 aerei da combattimento, fra cui sei F117, il caccia «invisibile» che l'altra volta, nelle celebrazioni della vittoria di George Bush, fu la stella delle parate perché somigliava aU'aereo di Batman e perché veniva glorificato come la più perfetta delle «armi intelligenti» che gli Stati Uniti avevano messo a punto. Tutto questo mentre Madeleine Albright, nel suo giro che comunque - ha precisato più volte non serve a «chiedere il consenso» dei Paesi che visita ma più semplicemente a «notificare» loro le intenzioni americane, ha già ottenuto il pieno appoggio britannico, che era scontato, e una sorta di «scettica neutralità» francese, che invece non era scontata per niente. Chirac ha fatto sapere ieri al primo ministro libanese Rafie Hariri «che le autorità francesi trasmetteranno all'Iraq un messaggio di estrema fermezza in modo che capisca le conseguenze del suo rifiuto di cooperare con le Nazioni Unite». Di voci contrarie alla soluzione militare ce ne sono ancora molte (il seretario generale dell'Onu Kofi Annali ha chiesto «più tempo», il governo di Nuova Delhi ha detto che il popolo indiano «non tollererà» una nuova guerra nel Golfo perché nei Paesi arabi vivono due milioni e mezzo di connazionali), ma nessuno le considera abbastanza «pesanti da fermare la spinta che gli americani hanno deciso di dare alle cose. Eppure ieri ci sono stati anche due avvenimenti che in qualche modo costituiscono una controindicazione. Uno è che Viktor Possuvaliuk, il vice ministro degli Esteri russo spedito a Baghdad per compiere un'ultimo tentativo di convincere Saddam Hussein a smetterla di bloccare il lavoro degli ispettori dell'Onu incaricati di controllare l'esistenza o no in Iraq di armi di distruzione di massa, ha annunciato di avere ottenuto «qualche progresso». Il governo iracheno, ora, sarebbe disposto a discutere il come e il quando delle ispezioni nei cosiddetti «siti presidenziali» (cioè gh edifici dichiarati off limits perché appartenenti, appunto, al presidente Saddam), quando Richard Butler, il capo degli ispettori, si recherà di nuovo a Baghdad domani o dopodomani. Il «progres- so» sta nel fatto che gli iracheni con Butler non volevano più discutere perché, dopo quella sua ormai famosissima frase, «in Iraq ci sono tante armi biologiche da spazzare via Tel Aviv», lo considerano «al soldo dei sionisti». Ieri stesso, a Baghdad, contro di lui sono state rovesciate torrenti di accuse. L'altro avvenimento è che sempre ieri in Iraq è cominciato, in netto contrasto con l'atmosfera da «prima del diluvio» che si respira, un altro «filone» di ispezioni, riguardante specificamente le armi biologiche, e che il gruppo di esperti dell'Onu che ha intrapreso questo lavoro è guidato da una signora americana di nome Diana Simon. Tutta questa storia, come si ricorderà, nasce dal fatto che gh iracheni hanno detto di non volere più cittadini americani fra gh ispettori perché «sono deUe spie che rispondono più al loro governo che ah'Onu», e all'inizio di gennaio rispedirono a casa un'equipe di ispettari perché a guidarla c'era per l'appunto un americano: Scott Ritter. Significa qualcosa il passaggio dal «no» contro Ritter al «sì» nei confronti della signora Simon? E soprattutto, saranno sufficienti queste due novità a fermare la macchina da guerra messa in piedi dagh americani? L'unico elemento che dà un filo di speranza, si sentiva dire ieri fra i diplomatici dell'Onu, è che nonostante il gran parlare di pazienza ormai esaurita e di motori che si scaldano, ancora un vero ultimatum all'Iraq, con tanto di scadenza precisa, non è stato lanciato. Ma è per l'appunto un filo di speranza. Franco Pantarelli Un ufficiale della portaerei Washington «Possiamo sferrare un colpo forte preciso e devastante» Il Pentagono invia nel Golfo 50 velivoli da combattimento tra cui sei F-117 l'aereo «invisibile» Per il segretario di Stato americano Madeleine Albright • resta poco spazio per la diplomazia, la nostra pazienza si sta esaurendo e il tempo delle grandi decisioni è vicino» Il ministro degli Esteri britannico Robin Cook: «Siamo pronti all'opzione militare se l'Iraq continua a sfidare la volontà internazionale. Saddam Hussein dovrà adeguarsi» Il ministro degli Esteri russo Evgheni Primakov; «La situazione è abbastanza grave Ma noi insistiomo sulla necessità di ricorrere ai metodi dèlia diplomazia» Per il titolare del francese Quai d'Orsay, Vedrine, «vanno proseguiti gli sforzi diplomatici, il ricorso alla forza non è auspicabile, s non rappresenterebbe una soluzione» di grave difficoltà» Per il governo cinese del premier Li Pena, serve «una soluzione pacifica alle dispute internazionali sulla base della Carta dell'Onu e non della minaccia della forza» CINA Il Pentagono invia nel Golfo 50 velivda combattimenttra cui sei F-117 l'aereo «invisibile sta nel fatto che gli iracheni Butler non volevano più ditere perché, dopo quella sua mai famosissima frase, «in Iraq ono tante armi biologiche da zzare via Tel Aviv», lo consiano «al soldo dei sionisti». Ieri so, a Baghdad, contro di lui o state rovesciate torrenti di use. 'altro avvenimento è che mpre ieri in Iraq è cominciato, in netto contrasto con l'atmosfera da «prima del diluvio» che si respira, un altro «filone» di ispezioni, riguardante specificamente le armi biologiche, e che il gruppo di esperti dell'Onu che ha intrapreso questo lavoro è guidato da una signora americana di nome Diana Simon. Tutta questa storia, come si ricorderà, nasce dal fatto che gh iracheni hanno detto di non Un caccia bombardiere Usa al decollo. Sotto, il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan volere più cittadini americani fra gh ispettori perché «sono deUe spie che rispondono più al loro governo che ah'Onu», e all'inizio di gennaio rispedirono a casa un'equipe di ispettari perché a guidarla c'era per l'appunto un americano: Scott Ritter. Significa qualcosa il passaggio dal «no» contro Ritter al «sì» nei confronti della signora Simon? E soprattutto, saranno sufficienti queste due novità a fermmacchina da guerra messadi dagh americani? L'unmento che dà un filo di spsi sentiva dire ieri fra i dipci dell'Onu, è che nonosgran parlare di pazienzaesaurita e di motori che sino, ancora un vero ultimal'Iraq, con tanto di scadencisa, non è stato lanciatoper l'appunto un filo di spFranco Pan Un caccia bombardiere Usa al decollo. Sotto, il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan
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