E Prodi «striglia» Flick

E Prodi «striglia» Flick E Prodi «striglia» Flick «Bravo, ma se si accelerasse un po'... » ROMA. Forse voleva essere un buffetto d'incoraggiamento, quello di Romano Prodi al suo Guardasigilli. O forse il presidente del Consiglio, mosso da sincero affetto, ci ha messo un po' troppa energia. Sta di fatto che l'esortazione a «fare qualcosa di più», ad «accelerare» il passo delle riforme, rivolta dal premier a Giovanni Maria Flick, è risuonata secca come una sberla. Non tanto per la cosa in sé (è normale che un capo di governo inviti i suoi collaboratori a dare il massimo), quanto per le forme prescelte. Certe osservazioni, di regola, si fanno nel chiuso di una stanza, e lì rimangono. Stavolta invece è stata scelta un'altra strada. Le parole di Prodi, pronunciate venerdì nel corso di un vertice di maggioranza durante il quale si erano udite parecchie critiche nei confronti di Flick, ieri sono tracimate - con ventiquattr'ore di ritardo - sui tavoli delle redazioni. E a farvele giungere è stato l'ufficio stampa di Palazzo Chigi. Segno che Prodi ci teneva proprio a farlo sapere. Naturalmente, il premier ha avuto per il ministro anche parole d'elogio. Ha ricordato che Flick dovrebbe ricevere più sostegno dalla maggioranza parlamentare e, magnanimo, l'ha ringraziato «per il lavoro compiuto e gli sforzi fatti in questi due anni». Poi ha piazzato la frase incriminata: «Al ministro della Giustizia possiamo e dobbiamo chiedere però anche qualcosa di più. Gli dobbiamo chiedere di accelerare, d'intesa col Csm e nel pieno rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza costituzionalmente garantita ai magistrati, ogni provvedimento e ogni misura che possa fin da ora facilitare un migliore funzionamento dei nostri apparati giudiziari». Sveglia, caro ministro, rimboccati le maniche, datti da fare... Ma anche Flick, al pari del premier, è uomo di mondo. Da quando è arrivato nel palazzone di Via Arenula, nessuno l'ha ancora visto perdere le staffe, figurarsi per così poco. E difatti, a chi gli ha chiedeva un commento, il ministro rispondeva serafico: «Non mi sembra che il presidente del Consiglio abbia espresso delle critiche: c'è stato un riconoscimento dell'impegno, non soltanto mio ma del governo, assieme ad una sottolineatura della necessità di eccelerare le riforme». Tutto qui? No. Con l'arte di vero principe del foro, Flick si è prodotto in un'acrobazia da applausi: «Mi pare si parli della necessità di un acceleramento, al quale stiamo già lavorando, e non mi pare ci sia un sollecito a fare di più. C'è un sollecito ad accelerare il lavoro che stiamo facendo». Come dire: Prodi è solo un po' ansioso di veder concluso il lavoro che porto avanti con scienza e competenza, tutto qui. E poco dopo, davanti alla platea dei magistrati riuniti a congresso, Flick aggiunge: «Sono consapevole che la maggior parte dei provvedimenti fino¬ ra varati disegnano l'assetto di una giustizia ordinaria equilibrata ed efficiente, ma mancante di quel "supplemento d'anima" che caratterizza un programma di governo e che fa la differenza». Sembra un'autocritica, ma non la è. Perché l'agognato supplemento d'anima riguarda temi come il trattamento dei detenuti, l'uscita dagli anni di piombo, i sequestri di persona, questioni su cui «un governo non può sfornare disegni di legge senza prima confrontarsi con la sua maggioranza». Ditemi che fare, è la supplica al veleno di Flick, e io lo farò. Ma ditelo, per carità. [u. ma.] II premier Prodi e il ministro della Giustizia Giovanni M. Flick

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