Fini: sul doppio Csm si può trottare

Fini: sul doppio Csm si può trottare L'apertura al congresso dell'Anni: ma il peso dei pm nel consiglio va comunque ridimensionato Fini: sul doppio Csm si può trottare E più vicino Vaccordo sulla riforma della Giustizia ROMA. Sulla giustizia qualcosa si muove. Anche se il Parlamento non è ancora entrato nel vivo sulla materia, e di qui a questo appuntamento potrebbero prodursi nuovi scenari, si intravedono già le linee di un possibile accordo. Beninteso, sempre a patto che la pressione della magistratura, che della bozza uscita dalla Bicamerale vorrebbe cambiare quasi tutto, non modifichi le cose. Ma, forse, è anche a causa di questa «pressione», che le forze politiche cercano di non irrigidirsi nelle loro posizioni, perché se lo facessero il rischio sarebbe quello di mandare al macero tutto il lavoro fatto finora. Il primo segnale ufficiale del mutamento di clima tra i partiti che, va detto, era nell'aria già da qualche giorno - giunge con l'intervento di Gianfranco Fini al congresso dell'Associazione nazionale magistrati. E, qualche ora dopo quel discorso, arriva anche l'apertura di Silvio Berlusconi. Ma che cosa dice Fini? Il leader di An annuncia che il suo partito «a precise condizioni» è «pronto a rivedere la divisione in due sezioni del Csm». Questo, spiega, purché «sia comunque ridimensionato il peso della rappresentanza dei pm all'interno del Consiglio». Insomma, è il cosiddetto «lodo Tinebra», a cui il presidente di Alleanza nazionale affianca un'altra condizione: «Nella formazione del Csm - afferma - la scelta delle persone deve essere privilegiata rispetto al condizionamento delle correnti». Fini perciò avanza l'ipotesi che «la riforma della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura accompagni le riforme costituzionali, così come dovrebbe avvenire per la legge elettorale del Parlamento». Il leader di An fa anche capire chiaramente di non essere favorevole alla separazione delle carriere, ma dice che chi è di diverso avviso non va «demonizzato». L'intervento di Fini convince l'Anm e soddisfa il pds. Cesare Salvi, entusiasta, annuncia: «E' evidente che la divisione del Csm non esiste più, che non ha piti una maggioranza in Parlamento, fortunatamente. Adesso si dirà che c'è un asse Fini-D'Alema, però non posso farci niente». Chi ci può fare qualcosa, anzi chi deve farlo, per evitare equivoci con Fi, è il leader di An, che invia una precisazione, in cui spiega: «Salvi sbaglia se dà per scontato che An voglia modificare in ogni caso la norma che divide il Csm. E' una proposta che deve essere valutata, che è fatta per trovare un largo accordo, ma qualora le risposte dovessero essere negative An confermerà la divisione». Ma equivoci tra Fi e An non si creano. I forzitalisti La Loggia e Pisanu prendono le distanze da Fini, però in sera¬ ta ecco che Berlusconi fa la sua apertura. Chi non è sorpreso di quanto è avvenuto è il relatore della Giustizia in Bicamerale Marco Boato. Il deputato verde già da qualche giorno si mostrava ottimista: con il «lodo Tinebra» e l'enunciazione della possibilità di carriere separate tra giudici e pubblici ministeri (demandando poi la materia alla legge ordinaria), secondo lui si arriva all'intesa. Del resto, un accordo proprio su questi punti era già stato trovato nella commissione presieduta da D'Alema. Forza Italia se ne era convinta, ma alla fine l'irrigidimento del popolare Ortensio Zecchino aveva porta! to alla divisione del Csm. Il clima, sulla giustizia, sembra meno teso. Il pidiessino Fabio Mussi apprezza le «positive aperture di Fini». Il ccd Pierferdinando Casini auspica un'intesa tra Polo e Ulivo. I popolari Mattarella, Soro c Franceschini sperano a questo punto in «un confronto senza irrigidimenti», anche se il loro collega di partito, Giuseppe Gargani, si mostra più freddo. Salvi manda un timido segnale di disponibilità alle opposizioni, sostenendo che i processi a Berlusconi e Bossi si devono fare al più presto, perché, dice, «sarebbe grave tenere in sospeso queste questioni, come troppo spesso è evvenuto in passato». Ma c'è una parte del Parlamento che non gradisce questo cambiamento di clima. I politici che, seppur per motivi diversi, vorrebbero veder fallire le riforme, escono allo scoperto. Fausto Bertinotti, al congresso dell'Anni, riceve molti applausi quando dice che è stato «un errore quello di inserire la giustizia nei lavori della commissione». Il dipietrista Pecoraro Scanio critica 1'«ipocrisia di Fini». I cossighiani Segni e Buttiglione sostengono che l'accordo raggiunto in Bicamerale rischia di peggiorare. La situazione, quindi, è ancora fluida, ma chissà, forse il pidiessino Giovanni Pellegrino ha visto lontano quando, quattro giorni fa, ha confidato ad alcuni parlamentari amici: «Secondo me l'accordo sulla giustizia è fatto». Maria Teresa Meli Anche il Cavaliere è disponibile Boato rilancia: «La decisione finale sulle carriere separate potrebbe essere rinviata a una legge ordinaria»

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