IL COMPLESSO DI FASHODA di Barbara Spinelli

IL COMPLESSO DI FASHODA IL COMPLESSO DI FASHODA gere Roma nella rivalità globale con Washington. Il ministro Dini si è affrettato a dare il proprio consenso a tali aspirazioni, dichiarandosi ostile «all'uso della forza e all'abbandono della diplomazia» in Iraq. Poco dopo Chirac si è mostrato più solidale con Clinton, più severo con Saddam di quanto siano i governanti italiani. Ma in genere l'Europa sta a guardare: in parte impaurita, in parte indispettita, in parte vogliosa di esistere finalmente, non più alla maniera di un vassallo ma di un Signore che può comandare a se stesso, e ai propri pari. Precisamente questo paventano alcuni americani, esperti in strategia o deputati. Paventano un'Europa che per forza di cose svilupperà ambizioni politiche e strategiche, il giorno in cui disporrà di quel formidabile strumento di intervento sovranazionale che sarà la Moneta Unica. Paventano un rivale pieno di inediti appetiti, che con l'aiuto della Russia insidierà la supremazia Usa in Medio Oriente, nel Golfo, in Asia centrale, nelle nazioni asiatiche dipendenti dal dollaro. Spesso c'è quesia paura e c'è questa incapacità di meditare sulle fragilità della solitudine americana, dietro certe visioni pessimiste sull'euro: l'ostilità del professore di Harvard Martin Feldstein, sul penultimo numero di Foreign Ajfairs, è esemplare. Tutti questi dubbi europei si possono dunque comprendere: nascono da analisi non ingiustificate, e da aspirazioni in sé promettenti. Lo stesso attivismo italiano nel Mediterraneo diventa prezioso, nel momento in cui l'efficacia imperiale statunitense sbiadisce. Assai meno preziosa e convincente può tuttavia apparire questa stessa aspirazione, se si analizza la sostanza dei conflitti e non la semphee forma. Se si analizza la sostanza - e cioè il pericolo effettivo che rappresentano le armi nascoste da Saddam agli ispettori Onu, il pericolo effettivo dei nuovi mezzi biologici e chimici accumulati da una serie di nazioni piccole, risentite, animate da fede antiamericana - verrà alla luce la fatiscenza delle posizioni europee. Manca un forte pensiero sulla pace e le guerre d'avvenire, nei dirigenti d'Europa. Manca la capacità di pensare geopoliticamente i nuovi conflitti e le nuove alleanze in zone strategiche oggi decisive: in Asia centrale dove si scontrano gh interessi di Iran, Azerbaigian, Russia, Turchia, Cina; nel Golfo dove competono Russia, America, Iran, Turchia; nell'Asia dove non sono escluse tensioni cinesi con Taiwan, Giappone. E' quello che fa capire Zbigniew Brzezinski, ex consigliere presidenziale per la sicurezza. Le aspirazioni europee a riempire i vuoti statunitensi non sono nel suo caso osteggiate, ma anzi caldeggiate. L'Europa della Moneta sarà ineluttabilmente spinta a ritrasformarsi in una potenza globale, e Washington deve favorire questo sviluppo, che rafforzerà l'Alleanza atlantica. «L'Europa può divenire rivale degli Stati Uniti», conclude Brzezinski nel suo ihuminante libro (The Grand Chessboard - Il Grande Scacchiere, Harper Collins '97). Deve incorporare la Turchia, l'Ucraina. «L'America è spesso troppo lontana per dominare, e troppo potente per non impegnarsi»: ha quindi bisogno dell'Europa - non frammentata tra nazioni concorrenti ma unita - per dividere responsabilità gravose per una sola nazione. Dividere le responsabilità e divenire una potenza globale vuol dire tuttavia qualcosa di diverso da competizione, da rivalità. Vuol dire avere una visione imperiale dei rapporti internazionali, non più derivata dal concetto di Stato-nazione. Vuol dire pensare i conflitti diplomaticamente, ma anche militarmente. Vuol dire avere un'idea dell'Occidente: Occidente euro-americano, di cui si diventa co-responsabili. Vuol dire abituarsi a pensare le guerre con più costante vigilanza degli americani, non con meno vigilanza. Oggi vuol dire pensare le nuove armi di distruzione di massa - soprattutto biologiche e chimiche, oltre che nucleari che sembrano allarmare esclusivamente Washington: le stesse armi che Saddam non solo occulta, ma che ha già usato contro i propri villaggi, nel marzo '88, gasando istantaneamente migliaia di curdi nell'mdifferenza dell'Occidente. L'ultimo numero di Foreign Affaire pubblica un articolo circostanziato - di Richard Betts - su queste armi predilette dal terrorismo delle sètte, degli integralismi, dei piccoli Stati criminali. Bastano 1Q0 chili di anthrax in un aereo passeggeri, per uccidere 3 milioni di civili a Washington. Basta meno, per abolire Tel Aviv. Simili armi costano poco, sono facilmente procurabili, e soprattutto le biologiche sono in aumento. Sono l'arma eccellente in mano dei poveri, e di tutti i risentiti che odiano l'America, odiando l'Occidente. Questi e altri dettagli son stati forniti recentemente al New York Times dal capo degli ispettori Onu, l'australiano Richard Butler. Ma sono verità che gh europei non vogliono siano divulgate, conosciute dah'opinione. Butler è stato criticato con sdegno dalla Russia, dalla Cina, e anche dalla Francia, per aver parlato: i cittadini non devono sapere la morte che rischiano. Non devono avere un'idea, del possibile avversario. Non devono sospettare che esista una correlazione, tra anti-americanismo e potenziali crimini contro l'umanità. A questo occultamento della verità servono le diplomatiche menzogne dei dirigenti europei che giudicano «inaccettabile» la condotta di Saddam, nel preciso momento in cui l'accettano. Questo non significa che la spedizione Usa sia per intero condivisibile. La diplomazia americana ha voluto salvare Saddam in tutti questi anni, per paura di un'egemonia dell'Iran nel Golfo. Non ha aiutato i dissidenti, non ha intenzione di favorire un governo iracheno in esilio. Ma l'Europa non ha idee di ricambio, più efficaci. Ha idee tipiche di un rivale, non di un corresponsabile. Ha idee tipiche di chi vede dappertutto complotti americani, quasi che il mondo fosse un'immensa America Latina controllata da un unico centro. I francesi hanno un nome, per questo atteggiamento sterilmente rivale: lo chiamano Complesso di Fashoda. A Fashoda nel Sudan finì una grottesca spedizione del generale Marchand, nel 1898, voluta dal governo di Parigi al solo scopo di competere con l'influenza inglese in Africa. I francesi furono cacciati da Fashoda, e umiliati come nazione imperiale. Perché non avevano nient'altro in mente, che l'anglofobia e la competizione fine a se stessa. Così si conducono le piccole nazioni minorenni, quando non hanno altro progetto che rantiamericanismo. Così si conducono i vassalli, quando immaginano che non occorra pagare prezzo alcuno, per divenire Signori. Barbara Spinelli