Borrelli: niente compromessi con i politici di Giovanni Bianconi

Borrelli: niente compromessi con i politici «Tener duro a costo di perdere: se la riforma è mediocre farà danni a lungo, se è pessima morirà subito» Borrelli: niente compromessi con i politici «Non bisogna cedere nulla» ROMA. L'applauso più lungo, alla fine, rimane quello tributato a Francesco Saverio Borrelli. Parla di prima mattina, il procuratore di Mani pulite - il magistrato che per togliere argomenti a chi vuole la separazione delle carriere tra giudici e pm ha rinunciato alla corte d'appello di Milano - e strappa alla platea il consenso più convinto di tutta la giornata, anche se dopo non mancheranno altri appassionati battimani. Al congresso dell'Anni, Borrelli lancia un invito all'intransigenza destinato a rimanere scolpito nella partita ancora aperta delle riforme costituzionali. Ai vertici dell'Associazione chiamati a dialogare con il Parlamento, il procuratore rivolge un appello: «Difendere senza negoziazioni e senza compromessi con interlocutori politici le posizioni che la ragione sorregge, a costo di perdere la partita». Secondo Borrelli conviene comunque, ed ecco perché: «Una riforma mediocre si alimenta della propria mediocrità, e può sopravvivere a lungo; una riforma pessima è condannata all'autodistruzione: inesorabilmente e rapidamente». E scatta l'applauso, quasi un minuto. Non siamo al «tanto peggio tanto meglio», ma a sentire Borrelli è preferibile il peggio a un compromesso dove inevitabilmente bisogna cedere qualcosa per avere qualcos'altro. I magi- strati non devono cedere proprio nulla nel momento in cui si discute di cambiamenti «epocali, che rischiano di proiettare i loro condizionamenti sulla giustizia nel prossimo mezzo secolo». Cambiamenti - quelli usciti dalla Bicamerale - che a Borrelli non piacciono affatto. Ne cita due, il procuratore di Milano: intervento sulle carriere e modifica del Csm. La proposta di separazione delle funzioni è solo una «mistificazione verbale» per contrabbandare quella, che si realizzerebbe di fatto, delle carriere. E porre rimedio «all'asserito eccesso di politicizzazione del Csm» aumentando la quota dei membri eletti dal Parlamento è un'assurdità, «salvo che non si pratichi l'omeopatia». Sul piano delle riforme ordinarie Borrelli riconosce al ministro Flick di aver promosso interventi importanti, ma lancia un allarme: l'unificazione degli uffici di primo grado (il cosiddetto «giudice unico»), introdotta senza altre riforme rischia di gettare il sistema giudiziario «nella confusione più disperata», al punto di tramortirlo. «E a qualcuno - sospetta il procuratore - potrebbe venire in mente una trovata per rianimarlo: l'amnistia». Poco dopo Borrelli, nell'albergone romano che ospita le toghe di tutta Italia, prende la parola anche l'altro presunto leader del supposto «partito delle Procure»: Gian Carlo Caselli. Il procuratore di Palermo strappa più di un applauso, e anche per lui, alla fine, arriva l'ovazione. La platea lo sostiene pure quando, rivolgendosi al segretario di «Unicost» Marconi che s'era scagliato contro i magistrati-sacerdoti, Caselli domanda: «Dov'erano le sue doti profetiche quando lui, al Csm, non fu secondo a nessuno nell'opera di distruzione del pool di Falcone e Borsellino?». Marconi, stizzito, grida: «E' una mascalzonata!», Caselli tira dritto col suo discorso, la maggioranza è con lui. Si vede da come accoglie altri passi del discorso del procuratore di Palermo. «Attenzione a non sbagliare malato - dice Caselli - nello sce¬ gliere le cure. Di fronte a problemi come mafia e corruzione, in un Paese dove la storia criminale si intreccia con quella nazionale come in nessun altro in Europa, la malattia non è rappresentata dalla giustizia cosiddetta esuberante, ma appunto dalla mafia e dalla corruzione». Gh interventi sono tanti, ma non c'è dubbio che questo sia il giorno delle Procure, e in chiusura di giornata tocca a Pier Camillo Davigo, il «dottor Sottile» di Mani pulite, spiegare un'altra ragione dei magistrati cosiddetti «sovraesposti». Il problema esiste, spiega Davigo, e anche per questo, un anno fa, lui ha pensato di andarsene dalla Procura. Ma aggiunge: «E' difficile trovare chi ci sostituisca in procedimenti tanto complessi, e bisogna prima finire i dibattimenti». Lui e gli altri, quindi, vanno avanti, «ma non è giusto che sia chiesto così tanto a così pochi». Ancora un applauso, che c'era già stato accompagnato da qualche risata - quando Davigo è tornato sull'ormai famosa battuta sui pm che vorrebbero rivoltare l'Italia come un calzino, che ciclicamente continua a suscitare polemiche. «Quella frase io non l'ho mai detta - spiega -. Era dell'ex ministro Giuliano Ferrara, e io chiesi se era mai possibile che un ministro parlasse così: l'hanno attribuita a me». Giovanni Bianconi Ai congresso diAnm un minuto di applausi per il leader del pool Caselli: giustizia malata? Pensino a curare il Paese da mafia e corruzione Il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli (a destra) saluta l'arrivo del pm Pier Camillo Davigo

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