QUEL MEDIOEVO INVISIBILE

QUEL MEDIOEVO INVISIBILE PER FILO E PER SEGNO QUEL MEDIOEVO INVISIBILE Alla scoperta dei resti (pochi) della «Torino dei secoli bui» «Per filo e per segno» propone, venerdì 30 (ore 18) alla Galleria Civica d'Arte Moderna (corso G. Ferraris 30), la conversazione su «Medioevo a Torino. Dalla città storica all'immaginario neomedioevale». Relatore Fabrizio Diciotti, interviene Paola Denicolai. In questo articolo, Alessandro Barbero punta l'attenzione sul «Medioevo storico», guidandoci alla scoperta delle rare testimonianze della Torino medioevale. GHI dice Torino non pensa certo, di solito, a ima città medioevale. Chiunque la conosca sa che nel bel mezzo degli impianti industriali e dei quartieri operai batte un cuore antico: ma la mente corre ai portici e ai boulevards ottocenteschi, e prima ancora al fasto dei palazzi e delle chiese barocche. Più indietro nel tempo occhieggia il fantasma del castrum romano, di cui non rimane se non il mozzicone incongruo della Porta Palatina, ma che segna ancora, tenace, la topografia del centro storico. Eppure fra la città augustea e quella sabauda Torino ha vissuto un millennio di storia, le cui tracce, discrete, si possono volendo ritrovare ancor oggi. La città medievale ricalcava il tracciato dell'abitato romano. Le mura corrispondevano al quadrilatero di via Cernaia-via S. Teresa, via Accademia della Scienza, via Giulio, via della Consolatacorso Siccardi. Alcune delle porte che si aprivano nella cerchia fortificata vivono ancora, nei nomi delle stazioni ferroviarie, Porta Nuova e Porta Susa, e nel mercato di Porta Palazzo. Piazza Castello, che nel nostro immaginario rappresenta il centro geometrico della città, a quel tempo si trovava sul confine: là dove oggi c'è la facciata dello Iuvarra passava la cortina muraria, e il corpo del castello, il nostro Palazzo Madama, con quelle stesse torri poligonali che vediamo ancor oggi, sorgeva all'esterno delle mura. Il Po era lontano, a distanza di sicurezza, dalla città, che ne temeva le improwis piene; bisognerà aspettare l'ampliamento settecentesco di via Po perché l'abitato si spinga fin laggiù. Egualmente ai margini della città, nell'angolo opposto delle mura, sorgeva il monastero di Sant'Andrea, più noto oggi come la Consolata; il suo poderoso campanile è forse l'avanzo più evidente della Torino medioevale. Al posto del Duomo attuale, invece, esistevano nel Medioevo ben quattro chiese diverse, collegate al palazzo del vescovo; oggi conosciamo i loro nomi, come quelli di tutte le ventitré parrocchie che si dividevano la cura d'anime della città, ma per immaginare il loro aspetto dobbiamo rifarci all'unica chiesa medioevale ancora riconoscibile nel suo impianto complessivo, quella di San Domenico. Ancor meno rimane delle case in cui abitava la gente. Non che fossero molti, i torinesi, in una città la cui importanza stava tutta nella presenza del vescovo, e dunque, in una precoce vocazione burocratica e amnainistrativa, non certo nella densità dell'industria e dei traffici. Chi veglia entrare nell'Archivio Storico del Comune, conservato in un'ala del Palazzo Comunale, e farsi tirar giù i poderosi volumi in-quarto, coperti di una fitta scrittura gotica, del più antico catasto giunto fino a noi, quello del 1363, conterà appena 717 capifamiglia registrati. Come dire che Torino, allora, non poteva avere più di 4000 abitanti! Andando in giro a naso in sù per il centro storico, comunque, qualche avanzo delle case tre e quattrocentesche s'intravede ancora. A volte è soltanto l'arco di una bifora ancora visibile sotto l'intonaco d'un fabbricato mille volte rifatto nei secoli successivi; ma c'è anche una casa intera, quella sull'angolo di via Tasso, via IV Marzo e via Porta Palatina. Sfogliando i catasti scopriamo che apparteneva ai Da Gorzano, una delle più importanti famiglie cittadine; e in effetti ha l'imponenza di un palazzo, anche se non regge certo il confronto con le residenze della nobiltà barocca. Gli archi al pian terreno corrispondono alle stalle, così ampie perché lì era insediato l'albergo della Corona Grossa: gli spazi che vediamo dal marciapiede, appoggiando il naso ai vetri, sono quelli dove trovavano riparo i cavalli dei viaggiatori entrati in città attraverso la Porta Palatina. Alessandro Barbero

Persone citate: Alessandro Barbero, Paola Denicolai, Siccardi

Luoghi citati: Torino