Trial, non solo una specialità motociclistica

Trial, non solo una specialità motociclistica INGLESE SCIENTIFICO Trial, non solo una specialità motociclistica Terribile la traduzione «double-blind trial» in «studio in doppio cieco» SEMPRE più spesso in un testo italiano ci si imbatte in parole scientifiche inglesi non tradotte. Si presume quindi che i lettori le conoscano, cosa non necessariamente vera. Facciamo un po' di chiarezza almeno per alcuni vocaboli cominciando con la parola trial, che troviamo in articoli scientifici di divulgazione. Trial sta per «studio portato a termine da un gruppo di ricercatori». A onor del vero la parola italiana ha un sapore libresco, mentre quella inglese, usata anche con il significato di tentativo, sforzo o anche processo, ha il vantaggio di sottolinearne l'aspetto sperimentale. Un discorso simile vale per test, vocabolo usato da tempo, che ha generato, fra l'altro, l'anglicismo testare, immensa¬ mente brutto ma molto efficace, forse come nessuna nostra parola di significato affine. Che cosa dire invece di trend, vocabolo in cui ci si imbatte quando ci si riferisce all'andamento di un certo fenomeno? Certamente in questo caso non si può proprio sostenere che non ci siano in italiano vocaboli di pari efficacia: tendenza, corso, direzione, orientamento sono tutti utilizzabili, e le piccole differenze di significato si possono sfruttare a seconda delle circostanze. Tuttavia la rapidità con cui il vocabolo è stato incluso nella nostra lingua non può che testimoniarne versatilità e immediatezza, tant'è che già da tempo è sul vocabolario italiano. Per di più, in certe occasioni si usa preferenzialmente quella parola: così si dice il trend dell'attività economica, la curva del trend in statistica. E arriviamo infine a random, divenuta ormai parola comune, anche per merito della Ram (Random access memory), la memoria centrale dei computer: nella lingua italiana ci sono addirittura tre vocaboli con identico significato: aleatorio, casuale e il meno conosciuto stocastico, tutti di origine aulica e tutti molto belli. Aleatorio addirittura ci riporta ad un celebre episodio storico: «Alea iacta est, il dado è gettato», si racconta dicesse Giulio Cesare al passaggio del Rubicone. E l'immagine del dado ci conduce immediatamente all'idea del 'caso. Malgrado tutto ciò, queste parole sembrano destinate ad essere usate sempre di meno, soprattutto in campo scientifico. Resiste per ora casuale, speriamo che non finisca per descrivere solo un abbigliamento poco curato, casual per intenderci, alla maniera anglosassone! Anche considerando solo i pochi esempi riportati, risulta senz'altro chiara l'origine dell'uso preferenziale di alcune parole scientifiche inglesi: la forza con cui ima lingua si afferma si collega ai successi, questa volta scientifici, di chi la usa. In alcuni casi non c'è altra ragione, in altri la parola inglese può mostrarsi più idonea di quelle italiane. Non si tratta quindi di esterofilia, ed è evidente che ben poco si può fare per arginare il fenomeno. E chi pensasse che l'italiano sia sempre da preferire all'uso del vocabolo inglese, non potrebbe fare a meno di inorridire davanti a traduzioni del tipo studio in doppio cieco (ovvero studio clinico controllato, in cui né i volontari né i ricercatori sanno a quale gruppo ciascun individuo appartiene); forse resterebbe talmente inorridito da cambiare opinione. Tutto sommato, meglio lasciare la forma inglese doubleblind trial, meno lugubre rispetto alla prima traduzione e più sintetica rispetto alla seconda. Carla Cardano La partita persa degli aggettivi aleatorio e casuale contro «random»

Persone citate: Carla Cardano, Random, Rubicone