Laboratori, porte sbarrate
Laboratori, porte sbarrate APPELLO AL MINISTRO Laboratori, porte sbarrate Giovani scienziati in eterna attesa NON mi sembra che la relazione alle Camere del ministro Berlinguer sul riordino del sistema nazionale delia ricerca scientifica e tecnologica e la discussione che su questo tema si è sviluppata nei mesi scorsi, anche tramite interventi dello stesso ministro e del sottosegretario Tognon, abbiano chiarito quali provvedimenti verranno presi per portare rapidamente il sistema ricerca a funzionare meglio. E' consapevolezza diffusa che la competitività economica e, conseguentemente, le possibilità di sviluppo sociale del nostro Paese dipendono anche dal livello del suo potenziale tecnologico e dal grado di permeazione di questo nei diversi settori produttivi e servizi. Il fine ultimo del processo di riforma avviato dal ministro non può, quindi, non essere quello di favorire la ricerca scientifica e la produzione di conoscenze. Naturalmente, perché le conoscenze vengano prodotte sono necessari adeguati investimenti di risorse finanziarie e umane (evitando l'errore di privilegiare le attività con immediate ricadute appb'cative e penalizzando la ricerca fondamentale - errore che, fra l'altro, entro tempi molto brevi svuoterebbe anche la ricerca apphcata di competitività e di po¬ tenziale innovativo). In questo quadro, il problema dell'inserimento organico ed equilibrato, ma sostanziale, di nuove risorse umane nell'attività di ricerca ha priorità assoluta. A me pare, infatti, che, indipendentemente dal settore in cui operano, i gruppi di ricerca più vitali e produttivi debbano parte del loro successo scientifico anche alla presenza di giovani ricercatori «non inquadrati». Peculiare e insostituibile è infatti il ruolo di giovani che, unendo all'impegno e alla preparazione quel tanto di avventurismo culturale che permette di percorrere strade nuove e «non canoniche», contribuiscano a rendere la discussione scientifica occasione continua di confronto, verifica e crescita. In diversi campi scientifici il nostro Paese raggiunge punte di eccellenza ed in molti casi le linee di ricerca di più alto livello sono state sviluppate anche grazie al pluriennale lavoro di giovani tanto entusiasti e bravi quanto privi di prospettive di accedere a forme soddisfacenti e razionali di inquadramento anche a termine. Oggi sono sempre più numerosi i giovani ricercatori che, dopo anni di borse di studio o di dottorato d'importo delle quab è serenamente definibile misero: un milione al mese per una borsa di dottorato), sono di fatto costretti a lasciare i laboratori e gli istituti, deprivando il sistema ricerca di professionalità e competenze preziose che esso stesso è andato formando. A voler essere cinici e votati allo spreco, ma molto cinici e molto spreconi, questa assurda spirale di creazione e sperpero di sapere potrebbe ancora essere tollerabile se le uniche vittime fossero i giovani ricercatori. Si potrebbe sempre sperare, infatti, nell'arrivo di nuove leve, motivate e dotate di una buona preparazione di base, da re-inserire nel ciclo. Il fatto è che senza «discepoli» che lo possano ereditare e mettere a frutto nelle istituzioni di ricerca, il patrimonio culturale e professionale dei migliori dei nostri ricercatori e tecnici (molti dei quali oggi alle soglie della pensione) andrà inesorabilmente disperso e le «scuole» di pensiero e di lavoro che hanno costituito la struttura portante del sistema ricerca del nostro Paese si estingueranno con i loro ultimi «maestri». Se questo accadrà, non ci sarà «architettura per il sistema della ricerca» che possa rimediare il danno. Francesco Lenci Direttore Istituto di Biofisica del Cnr, Pisa La ricerca italiana ha bisogno di nuove leve, occorrono norme per svecchiare gli organici Nessuna assunzione dopo anni passati con misere borse di studio
Persone citate: Berlinguer, Francesco Lenci, Tognon
Luoghi citati: Pisa
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