CLICCA STEPHEN KING E NAVIGHI FANTASY di Ruggero Bianchi

CLICCA STEPHEN KING E NAVIGHI FANTASY CLICCA STEPHEN KING E NAVIGHI FANTASY // quarto episodio della Torre Nera ERA una volta il primato della letteratura. Classici, bestsellers e successi narrativi venivano portati sullo schermo. Poi, a partire almeno da Star Trek e Star Wars, il processo ebbe a subire una brutta inversione: cinema e tv cominciarono a imporre modelli destinati a essere riscritti in formato libro. L'immagine prese il sopravvento sulla parola. Oggi siamo entrati in una nuova fase, grazie all'invasione dei pc, del digitale e dei cd-rom e al conseguente strapotere di Internet e di una dilagante realtà virtuale: da fisica e palpabile, l'immagine tende a farsi grafica e quindi mentale; l'oggettività dei dati è scardinata dalla soggettivià delle letture; l'interpretazione subentra alla sistemazione. Il cosiddetto «fruitore» si trova di conseguenza in mano un potere creativo che nessun autore ha mai conosciuto. Un percorso complesso il cui approfondimento risulta tuttora sfuggente e che legittima domande inquietanti. Che responsabilità ha la letteratura nella messa in moto di un processo che l'ha condotta da una comoda situazione di controllo a un preoccupante sta¬ to di dipendenza dalla realtà mediatica? E' pensabile che certi romanzi di Sanguineti (Il gioco dell'oca), con le loro soluzioni multiple delegate al lettore, o certi saggi di Eco (a cominciare da Opero aperta) abbiano favorito un tale sviluppo, evolutivo o involutivo che sia? E, negli anni successivi, quali meccanismi sono stati attivati dai librigioco per adulti e bambini e in che misura hanno scatenato un'accelerazione esponenziale del processo? Su un altro versante, ha senso parlare di un quasi inavvertito esca¬ motage che si è di fatto risolto in un'omologazione di autore e lettore nella nuova figura del «navigatore» che, cliccando tra un sito e l'altro, riporta e rapporta nel proprio spaziotempo mentale spazi e tempi tra loro disomogenei e in apparenza privi di referenti comuni? Se la vecchia fantasy si poteva leggere come puro gioco letterarioverbale, il moderno cyberpurik viene inteso come cronaca di una realtà possibile (magari alternativa o parallela) che, per quanto inim¬ maginabile nella nostra storia, ha una sua verifica visiva sul monitor, dove acquista il sapore dell'autenticità e della concretezza. Sono queste le riflessioni evocate dalla lettura di La sfera del buio, quarto frammento del ciclo della Torre nera di Stephen King: un'opera non riassumibile per mille motivi, il primo dei quali è che non è descrivibile al di fuori di se stessa o, meglio, della navigazione che in essa il lettore compie. Ne è già una dimostrazione il tentativo di riassumere nelle prime pagine le «puntate precedenti» della saga. Da esso, come già dai risvolti di copertina, si capisce soltanto che il protagonista Roland di Gilead, abitatore di un imprecisato Medio-Mondo, è una sorta di cavaliere di un Universo Parallelo nel quale convergono molteplici sistemi spaziotemporali; e che, in compagnia di amici raccolti in realtà indifferenziate, terrestri e no, umani e no, amici e no, cerca di opporsi a una minaccia tremenda ma non troppo dissimile da quella proposta in chiave fiabesca in La storia infinita. Lo spunto è, per esplicita dichiarazione di Stephen King, un verso del grande poeta inglese Robert Browning, ma, cliccando di pagina in pagina, il popolare autore americano recupera i temi della vecchia space-opera di John W. Campbell e di E. E, «Doc» Smith, strizza l'occhio al nonsense di Lear e di Carroll, non disdegna la serie del Mago di Oz di Baum, dà l'impressione di aver letto Asimov e van Vogt, cita Shakespeare come Bradbury, saccheggia le saghe scandinave e germaniche e lascia al lettore/navigatore il compito e la responsabilità di immaginarsi non solo quanto provvisoriamente accade in questo romanzo, ma anche quanto è in realtà accaduto negli episodi prece¬ denti e quanto verosimilmente accadrà in quelli successivi. Non a caso un settore del volume raccoglie alcune memorie dell'eroe Roland: abile ma scontato artificio per permettersi di continuo di cambiare le carte in tavola; come era già avvenuto in apertura della saga allorché Walter, una sorta di perfido doppio del protagonista, aveva a lui predetto un ambiguo futuro dai tarocchi. Tra figure e paesaggi alla Tolkien, creature extraumane alla Lovecraft, Sentieri del Vettore e Monorotaie Pensanti, si snodano così seicento lunghissime pagine, cui è presumibile che altre seguiranno aU'infinito, almeno finché King continuerà a scrivere. Strano, a questo punto, che l'autore, una volta imboccata una strada che non pare offrire vie d'uscita, non abbia ancora introdotto nella saga della Torre Nera una delle immagini archetipiche del magico, quella àéil'ouróboros, il serpente che si morde la coda, nutrendosi in eterno di se stesso. Ruggero Bianchi La saga dì Roland, cavaliere di un Universo Parallelo nel quale convergono molteplici sistemi spazio-temporali LA SFERA DEL BUIO Stephen King Traduzione di Tullio Dobner Sperling & Kupfer pp. 657 L 34.900