CLEOPATRA più brava in politica che sotto le lenzuola
CLEOPATRA più brava in politica che sotto le lenzuola CLEOPATRA più brava in politica che sotto le lenzuola CLEOPATRA Joachim Brambach Salerno Editrice pp. 345 L 40.000 CERTO un caso che il saggio dedicato a Cleopatra dall'autorevole studioso di storia antica Joachim Brambach appaia (da noi, nella collana «Profili» ideata da Luigi Firpo, ora diretta da Giuseppe Galasso) quando i palinsesti editoriali hanno fatto il pieno di egittomania. Non meno certo il successo conseguito dall'autore nel rendere compatibili l'agilità della ricostruzione che investe l'intera dinastia dei Tolomei e il coevo mondo ellenistico-romano, il riesame delle fonti che hanno spesso alimentato per inerzia il fondo biografico, e il piacere di raccontare un soggetto fortunatissimo della letteratura sottraendolo alla tumescenza dello stereotipo. Ridotta di peso leggendario, ma non di fascino, la Cleopatra di Brambach cerca di buttarsi alle spalle ben ceni lri li (l toventisette lavori teatrali (solo tra il 1540 e il 1905, secondo stime attendibili. Ovvero: settantasette drammi, quarantacinque opere liriche, cinque balletti), senza contare i romanzi, i film, i cartoni animati nel secolo che ci appartiene, e presentarsi come figura egemone di un affresco appena liberato dalle stravaganze dei rifacitori. «Diva» comunque di lunga gittata, con scarse rivali sul campo, la regina egiziana tiene qui a esaltare molto più il suo ruolo politico e patriottico che le favoleggiate diavolerie erotiche. E intento ci invita a prendere atto che la definizione «egiziana» suona impropria. La dinastia dei Tolomei aveva origini macedoni, il suo fondatore pare fosse consanguineo di Alessandro Magno, parecchie donne di stirpe tolemaica si erano segnalate per la loro acutezza nell'esercizio del potere. Siamo perciò distanti dalle eroine improvvisate alla maniera, poniamo, di una Teodora di Bisanzio; mentre l'andare a nozze con i fratelli - pratica mutuata dai Faraoni e in netto contrasto con le usanze greche e macedoni - simboleggia il perfetto adeguamento alla cultura egizia della diciottenne che sale al trono nell'estate del 51 a. C. Pur muovendosi in una zona particolarmente lacunosa della vita di Cleopatra (e lacunose permangono circostanze e dinamiche relative alla morte), Brambach sincretizza volentieri Cassio Dione e Plutarco circa l'educazione raffinata della giovane sovrana, la sua voce incantevole («avrebbe catturato perfino l'essere più gelido e misogino della terra»), la sua capacità di esprimersi in diverse lingue: dall'etiope all'ebraico, all'arabo, lasciando sbalorditi gli interlocutori, il suo personale contributo al trionfo della cosmesi, fiore all'occhiello del mercato alessandrino, tanto da vedersi attribuire un'opera divulgativa che contemplava ad esempio l'unguento di giglio per profumare abiti, parrucche, suppellettili, o il grasso di ippopotamo, midollo di cervo e scorza di canna per combattere la calvizie (G. B. Shaw, nelle note a Cesare e Cleopatra, parla della ricetta miracolosa che la regina avrebbe suggerito all'afflitto amante...). Tutt'altro che unanimi, viceversa, i pareri sull'aspetto fisico. Plutarco raccoglie e trasmette: «La sua bellezza non era in sé e per sé assolutamente senza confronto, né sul tipo capace di colpire al primo sguardo». Propaganda di palazzo, dunque? In buona parte, sì. Non possediamo purtroppo - osserva Brambach - un ritratto scultoreo che ci consenta di giungere a conclusioni sicure, nel merito. Sia la raffigurazione a rilievo del tempio CLEOPATRA Joachim Brambach Salerno Editrice pp. 345 L 40.000
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