I valori dello straniero

I valori dello straniero I valori dello straniero stici, cinematografici, fortemente implicato nei processi di costruzione dell'identità dei popoli, delle comunità etniche e di quelle nazionali». La coscienza di un popolo si costruisce quindi a partire dal confronto con chi è estraneo, fuori dai ranghi delle convenzioni. E il portatore della diversità di ruoli ne ricopre parecchi. In origine si presenta nelle vesti di mercante: «Con la sua mobilità - osserva l'italianista Pino Fasano nel bell'intervento di apertura del primo volume - è il rappresentante della razionalità economica, del mercato, appunto; oppure all'estremo opposto è l'elemento di pericolosa rottura di quella razionalità, colui che turba e mette in gioco con la sua extravaganza l'ordine custodito». Forse pirata e predone, comunque vagabondo, propagatore di abitudini inconsuete, deviazioni, di trasgressioni, lo straniero si trasforma in figura quanto mai minacciosa e pericolosa. Come ben testimonia l'espandersi di considerazioni negative sul ca¬ rattere dei diversi popoli: a partire dalla Poétique di Henri-Jules Pilet de la Mesnardière, pubblicata a Parigi nel 1639, si cUffondono in tutta Europa (lo dimostra lo studioso Ubaldo Floris) classificazioni critiche sull'indole delle popolazioni di tre continenti. Non è un caso che gli europei siano definiti come estremamente «perspicaci», che gli asiatici siano indicati come dediti all'amore per il lusso e che gli africani, invece, siano marchiati per la loro perfidia. Nella gerarchia degli europei stesa da la Mesnardière, poi, U primo posto spetta ai francesi considerati aperti, generosi, civili, beneducati; il secondo agli italiani per la sottigliezza dell'ingegno. I tedeschi sono messi all'indice come rozzi, crapuloni, dediti a orge e banchetti e gli spagnoli (nemici storici della Francia) additati per l'inciviltà, l'incostanza e la capacità di odiare. Lo straniero non è solo un demoniaco fantasma che simboleggia i mah delle altre nazioni, ma rappresenta aache una grande forza, un serbatoio di energie e di novità. A partire dalla tradizione ebraica (una delle poche - osserva ancora Ceserani - che fin dall'Antico Testamento non esprime mai disprezzo o ostilità nei confronti di chi appartiene ad altri gruppi o etnie) si estende un filone di pensiero pronto a lavorare esplicitamente contro le caratterizzazioni denigratorie dello straniero: «Poiché ero ebreo - dice Freud nel 1926 - mi ritrovai immune da molti pregiudizi che limitano gli altri nell'uso dell'intelletto, e in quanto ebreo, fui sempre pronto all'opposizione e a rinunciare all'accordo con la maggioranza compatta». Proprio chi è fuori dal coro è simbolo della conoscenza e del rinnovamento. «E' comodo afferma il protagonista della novella di Italo Svevo Corto viaggio sentimentale - appartenere a un'altra razza. Così è come se ci si ritrovasse sempre in viaggio. Si ha il pensiero più Ubero». L'elenco degli scrittori che hanno dedicato alla figura dello «straniero» la^ propria attenzione è sterminato. Va da Omero a Dante a Giordano Bruno, da Euripide ai romanzi cavallereschi, a Cervantes, Marco Polo, Ronsard, Montaigne, per arrivare aU'Ottocento e al Novecento con Kipling, Kafka, Joyce, Conrad, Forster, Malraux, Nabokov, Camus, Celine, Flaiano, Palazzeschi e infiniti altri ancora. Si può essere «stranieri in patria», come racconta Marziano GugUelminetti in un suo interessante intervento sui patrioti esuU ottocenteschi, e si può essere doppiamente stranieri, distaccati da una doppia patria. E' U caso dei romanzieri ebrei americani, come Saul Bellow, PhiUp Roth, Bernard Malamud, Cynthia Ozick. «L'ebreo abituato da duemila anni a non avere una patria, e dunque a venir considerato lo straniero per antonomasia perché all'idea di estraneità si univa quella di elezione - commenta Guido Fink -, oggi si ritroverebbe da qualche tempo a disporre non solo di una terra promessa meramente simboUca e mitologica, ma di due ter¬ re promesse egualmente rinvenibiU sulle carte geografiche». Da questa separazione duplice nasce la precisa capacità di autoironia degli ebrei americani ormai «abbastanza sicuri da poter ironizzare su se stessi» e sulle proprie patrie. Adesso, infine, in tempi di società multietniche e multiculturali, come si manifesta la considerazione dello straniero? «Si avverte sempre più lo straniero non fuori di noi ma tra noi - afferma Remo Bodei -. Esso entra materialmente, attraverso migrazioni di portata biblica... Entra anche attraverso la mente e l'immagi- nazione, tramite i mezzi di comunicazione di massa e i viaggi. Il mondo sembra essere diventato più piccolo. Ma le differenze tendono attualmente a crescere e a venir rivendicate con forza». A cercare una composizione, a tentare di spazzar via il veleno che macchia la figura dello straniero sono oggi in prima linea i narratori e i poeti (lo spiegano Mario Maffi e Carminella Biondi). Tra questi gh afroamericani, gU scrittori nuyoricans, e cioè i portoricani, che raccontano il dolore per la perdita deUa lingua d'origine, gli immigrati dal Messico, dall'Oriente, dai Caraibi. Lo scrittore martinicano Edouard Glissant, discendente degU schiavi portati daU'Africa neUe colonie americane, nella sua Poétique de la Relation, libro di successo in Francia, suggerisce che la strada da percorrere in futuro sia quella di imparare ad «entrare in relazione perché non ci siano né prevaricatori né prevaricati». girella Serri J Saul Bellow Il romanziere ebreo americano è la dimostrazione di come si può essere doppiamente stranieri, ovvero distaccati da una doppia patria

Luoghi citati: Africa, Europa, Francia, Messico, Parigi