Parise, poesia di miniature

Parise, poesia di miniature Parise, poesia di miniature 8 OLO perché il suo verso /somiglia a una goccia d'acqua /come tante ne cadono nell'universo /nessuno crede al merlo d'acqua». Versi che arrivano come da un aldilà lontana Versi che avremmo potuto non sapere mai o chissà quando. Sono di Goffredo Parise, Dieci poesie, inedite che la Rizzoli pubblica in duemila copie non venali, in una elegante edizione curata da Silvio Perrella e con un disegno del cane Petote di Giosetta Fioroni. Parise in versi, certo lo si era intuito leggendo II ragazzo morto e le comete o come preconizzato da Pasolini, lo ricorda Perrella, dopo la lettura dei Sillabari. «Parise - scrive Perrella - non è un poeta in versi in senso stretto, né mai si è considerato tale. Dell'armamento tecnico del vero poeta-metrica, gioco degli accenti, disposizione strofica... ha una conoscenza istintiva». Sappiamo che Parise scrisse versi da ragazzo e prima di morire: prima e dopo il suo «mestiere di scrittore». Poesia come «tempestività e inevitabilità totali». «Fu il ramarro e non tu /smunta formica /a udire le sirene /Chi lo vide Ulisse? /Forse l'occhio del polipo /attratto dalla luna /ma fauna d'acqua: ne udì la chiglia/per sentito dire. «Piccoli scritti con aspetto di poesie», come se Parise fosse affascinato dalla forma sintetica della poesia, dalla sua capacita di «miniaturizzare», di rendere sintetica un'immagine, un pensiero. Il desiderio di un lampo. E ci arrivano, sgusciando, tra le maghe, inevitabili, della grande editoria, dei best-seller, dei libri, troppo spesso, usa e getta o anoressici. E dobbiamo allora ringraziare la Rizzoli e Rosaria Carpinelli per questo inaspettato dono. NicoOrengo