MAESTRO SENZA SCUOLE di Carlo Grande
MAESTRO SENZA SCUOLE MAESTRO SENZA SCUOLE Zevi: in Italia influenza enorme Benevolo: grande anche nel design S— I dice che Wright, percorrendo il padiglione finlandese all'esposizione di New York del 1939, abbia escla Imato: (Aalto è un genio!». Elogio eccezionale, per l'egocentrico architetto di Tahesin. Bruno Zevi, «apostolo» di Wright in Italia e fautore dell'«architettura organica», ricorda con entusiasmo Aalto: «La sua influenza in Italia è stata enorme, quasi eccessiva. Wright fu troppo grande per essere imitato, incute un tale complesso di inferiorità! Io uso la parola "genio" solo per Brunelleschi, Michelangelo, Borromini e Lloyd Wright. Aalto ebbe un grandissimo "ingegno"». Zevi vedeva l'amico finlandese più volte l'anno, in Italia. Qui fece la casa del designer Roberto Sambonet e il complesso di Riola, in provincia di Bologna. Lavorò a numerosi progetti a Siena, Pavia, Torino: «Era un uomo affabile. Il suo vero contributo fu armonizzare funzionalità e tecnologia con la psicologia. Per costruire il sanatorio di Paimio visse alcuni giorni con i malati capendo una cosa semplicissima: che i degenti stanno tutto il tempo distesi e guardano il soffitto. Così lo volle colorato. Nei nostri ospedali, con il loro biancore freddo e deprimente, devono ancora capirlo». Aalto non avrebbe mai separato l'uomo dalla natura, dalla luce, dall'aria, dal paesaggio. A chi gli chiedeva di costruire i moderni «contenitori» di case, negozi, scuole e cinema rispondeva: «Per andare a scuola è meglio che i bambini camniinino nella neve. Fa male non camminare». «Ci insegnò a umanizzare l'architettura - aggiunge Zevi che in Italia non può essere né "organica" né "razionalista": la nostra tradizione non viene dall'illuminismo, ma dall'umanesimo». Vittorio Emiliani, giornalista e esperto di beni culturali e ambientali (appena eletto nel consiglio di amministrazione della Rai), ricorda in Aalto quasi un precursore della «qualità della vita»: «Per noi, cresciuti nel primo dopoguerra leggen- Uno sgabello d Alvar Aalto do Comunità di Olivetti, era una figura affascinante: ci ha fatto capire quanto l'architettura possa essere discreta e rispettosa dell'ambiente, e abbellire il paesaggio». Due esempi su tutti di «architettura per l'uomo». Il primo è il padiglione finlandese, all'esposizione di Parigi del '37: costruì lungo il Trocadéro un edificio di legno, seminascosto dagli alberi, ma proprio verso quelle allettanti penombre si diressero i visitatori, nella torrida estate parigina. Il secondo è l'aula per le conferenze nella biblioteca di Viipuri: rivestita da 30 mila strisce di pino della Carelia, offre un'eccezionale diffusione della voce, da ogni parte della sala. «Tecnologia in chiave psicologica e sociale - ha scritto Zevi nella Storia dell'architettura moderna edita da Einaudi perché un dibattito non può essere democratico se gli interventi del pubblico sono in inferiorità acustica rispetto a quelli squillanti dalla cattedra». Di Aalto, Leonardo Benevolo ricorda i grandi e ispiratori spazi della sua terra, le grandi bevute. «In Italia ha avuto molti "tifosi", nelle sue opere usava legno e pietra, materiali durevoli che invecchiano bene, non come le strutture moderne. E poi fu un grande disegnatore di oggetti: ad esempio usò l'elasticità del legno per molleggiare le poltrone». Inventò sedie e le maniglie profilate secondo la linea organica del corpo umano, attento anche alla riproducibilità industriale: armonia da usare, non da contemplare. Così, con Jacobsen ad esempio, Aalto ha fatto scuola nell'arredamento scandinavo: non è blasfemo ricordarlo pensando a sedie, letti, librerie di legno dei grandi magazzini svedesi che oggi riempiono le case di molte persone. Uno stile che rimane senza dogmi, scuole, libri: «Quando disegnate una finestra spiegava agli allievi americani Aalto - immaginate che ci si affacci la fanciulla che amate». Carlo Grande Uno sgabello di Alvar Aalto Alvar Aalto con la moglie. A sinistra, l'interno dell'«Opera House» a Essen. Sotto, una poltrona disegnata dall'architetto finlandese
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