« Prodi deve stare attento » di Roberto Ippolito

« Prodi deve stare attento » « Prodi deve stare attento » Bertinotti: il governo è latitante IL PROGETTO SCOMPARSO CROMA Hi l'ha visto? Dov'è finito il disegno di legge per ridurre a l'orario di lavoro a 35 ore che il governo di Romano Prodi si è impegnato con Rifondazione comunista a presentare entro il 31 gennaio? Sono le domande che si pone il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti, irritato e non poco. Onorevole Bertinotti, perché è deluso? «Pongo un problema politico, visto che la Confindustria è costantemente in un'offensiva demolitrice». Cosa è successo? «La Zanussi dice che con la legge chiuderebbe le fabbriche, l'amministratore delegato della Pirelli che porterebbe all'estero gli investimenti. C'è un ricatto antinazionale non contro una nostra bandiera ma contro un punto del programma sul quale il governo ha ottenuto la fiducia a ottobre. Chiedo che governo e maggioranza reagiscano ribadendo la validità del programma e deunciando che il ricatto è intollerabile». Il governo conferma che varerà il disegno di legge. «E' una cosa apprezzabile, ma troppo vaga. Da un lato c'è un'offensiva violenta, dall'altro un'afasia di governo e maggioranza e un ministro che mette in discussione la validità del varo della legge». Si riferisce a Dini? «Certamente sì. E' grave che il governo accantoni la proposta degli esperti della sua maggioranza, scavalchi il 31 gennaio indicato dall'intesa programmatica, fissi l'incontro con le parti sociali al 9 febbraio». Ma lei non aveva detto che non sarebbe stato un guaio scavalcare il 31 gennaio? «Ho detto che non avremmo avuto un atteggiamento micragnoso per il rispetto della data: ma qui non è questione di ore, il confronto slitta di una decina di giorni. Denuncio la pratica del rinvio e l'accantonamento della proposta degli esperti». Ma il professor Onofri, principale autore, c'era nell'incontro governo-sindacati. «Non l'ho detto io che la proposta è accantonata. Di fronte all'offensiva degli industriali mi aspettavo che il governo rispondesse a muso duro avanzando la sua proposta. C'è un'asimmetria pericolosa: padronato scatenato contro le 35 ore ma governo e maggioranza latitanti. Fino a quando la politica del rinvio non mina le basi di consenso del governo?». Minaccia di nuovo la crisi? «Crisi è un termine che non uso. Produrrebbe un effetto deviante. Non siamo noi a dover rispondere. E' il governo che deve dimostrare coerenza». Lo accusa di inadempienza? «Io suono l'allarme. Preferisco suonare l'allarme per tempo piuttosto che lanciare secchi d'acqua dopo per spegnere l'incendio. Meglio prevenire. Io denuncio l'eclisse della maggioranza e del governo su un punto centrale del programma». Si sente preso in giro? «No, il problema riguarda il governo». Ma le 35 ore erano una sua richiesta. «Non sono più una mia richiesta ma un punto del programma del governo non attuato in un momento in cui ci sono altri segnali negativi». A cosa si riferisce? «Innanzitutto allo sviluppo della discussione alla Camera delle riforme istituzionali». Cosa non va? «C'è un grave distacco con il Paese reale e anche una bassa tensione. Non si possono affrontare le riforme istituzionali separatamente dalle questioni sociali. Non c'è rapporto tra come la gente vive e il quadro istituzionale di cui si parla». Di cosa si rammarica? «La commissione bicamerale per le riforme ha dato luogo a un patchwork in cui prevalgono i colori della destra. La maggioranza politica si è presentata senza un disegno unitario di riforme istituzionali». Ma non c'è nulla di nuovo. ((Appunto. Neanche di fronte a questi risultati si cercano indirizzi comuni della maggioranza. Quando in un corpo si abbassano le difese immunitarie ci si espone più facilmente al rischio di malattia, come dimostra la vicenda Rai». Perché? «La maggioranza è stata latitante laddove doveva essere presente e presente laddove non doveva esserci». Ovvero? «Ha rinunciato a proporre per la partecipazione al consiglio di amministrazione l'impegno per la qualificazione del servizio pubblico contro i rischi di privatizzazione. Le nomine effettuate non hanno segui to la logica del rilancio della Rai». Allora non vanno bene? «Non è che le singole persone non vadano bene. Ma ancora una volta è scattata una convenzione per escludere le force della sinistra critica e della cultura critica. E' scattato l'integralismo di centrosinistra». Però la sinistra c'è. «Ho detto sinistra critica. Ma così facendo si priva la Rai di un reale pluralismo. Le forze di cui parlo sono decisive per il servizio pubblico: se mancano si amputa la sua capacità di sviluppo. Con la discriminazione c'è l'impoverimento delle energie necessarie per il rilancio». Aveva suoi candidati non accettati? «E' evidente che bisognava avere un certo garbo. Ma abbiamo fatto sapere che un uomo come Sandro Curzi era in grado di rappresentare questa area culturale e la storia interna alla Rai. Questa era una possibile candidatura per esprimere questa area. Diedro lo scudo delle presidenze delle Camere si è prodotta una spartizione lottizzatrice». Roberto Ippolito

Persone citate: Bertinotti, Dini, Fausto Bertinotti, Onofri, Prodi, Romano Prodi, Sandro Curzi