Nella notte dell'attesa le lacrime di un'altra madre

Nella notte dell'attesa le lacrime di un'altra madre Nella notte dell'attesa le lacrime di un'altra madre ICE I KwSWBIwl UN FILO LEGA DUE FAMIGLIE SROMA E questo racconto fosse un film, la prima scena sarebbe uno schermo di un televisore in una stanza dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma. Mancano pochi minuti alle otto di giovedì sera. Una donna in vestaglia è distesa su un letto. Più per obbligo che per altro. Non è malata, nulla di fisico almeno. Sullo schermo scorrono gli ultimi istanti di un quiz, dove un sì o un no valgono milioni. La donna li guarda senza vederli. I suoi occhi non sanno come distaccarsi da un'altra immagine, quella del bimbo partorito al mattino. Bello e forte come un sole, a giudicare dagli strilli echeggiati nella sala parto. Malato e condannato all'infermità a vita, a giudicare dagli esami dei medici: gli manca la parte più importante del cuore. Anche in quel caso c'era da scegliere: si o no, continuare la gravidanza o lasciar perdere. In ballo non c'erano milioni, ma un figlio, il terzo. La donna aveva scelto il sì, aveva proseguito. Appena nato lo si può operare e «chissà...», le avevano detto i medici. Questo è il momento del «chissà». Il marito l'ha da poco chiamata dall'ospedale del Bambino Gesù. Il bambino è stato battezzato di fretta e furia alle sei e mezzo della sera. Senza testimoni. L'acquasanta che colava sulla tenda di una culla del reparto di rianimazione. Ma l'hanno chiamato Maurizio, poi, anche più di fretta e furia, l'hanno portato in sala operatoria. La donna pensa e ripensa a quel «chissà». Si sforza di trasformarlo in una speranza, quando dal televisore giunge una voce: il cuore di Gabriele in volo verso Roma. La donna si scuote di dosso il passato. Il presente è lì sullo schermo, ha le forme fredde e anonime dei titoli di testa elaborati dal computer del Tg5, ma negli occhi della donna spunta una lacrima. Il Tg5 prosegue: è un neonato, dato alla luce ieri mattina a Roma con una malformazione cardiaca, ora in attesa all'ospedale del Bambin Gesù, spiega il giornalista. La lacrima della donna diventa pianto. Eccola, è la speranza rincorsa per un intero pomeriggio al chiuso della stanzetta dell'ospedale. La speranza atterra un'ora dopo all'aeroporto di Ciampino. E' racchiusa in un contenitore termico rosso e blu. Una corsa a sirene spiegate su una Tipo bianca, alle ventuno e trenta giunge all'ospedale del Bambino Gesù. Alle 22 ha inizio l'intervento. Dentro la sala operatoria una folla di camici verdi e mascherine si affolla intorno a un oggetto poco più grande di un mandarino, l'ultimo ricordo di quello che fino a due giorni prima è stato un bambino di nome Gabriele. Fuori, nel corridoio un uomo solo attende: è il padre, un appuntato dei carabinieri, un ragazzone di circa trent'anni di Prosinone. Cammina a grandi passi sul suo tormento, di tanto in tanto lanciando un'occhiata alla porta chiusa davanti a sé. Poco prima di mezzanotte la speranza è nel petto del bambino. A mezzanotte è innestata. Come in un apparecchio elettrico tutti i fui sono al loro posto. E' il momento più difficile. Il sangue deve riprendere a circolare, e portare la temperatura dai 4 gradi del thermos ai 37 di un corpo umano. E' il momento più difficile. La folla di camici verdi si arresta in attesa. Trascorre un minuto, poi due, poi tre. Un medico è pronto con un piccolo aiuto: un pace-maker, a volte necessario per ricordare al mandarino come ritornare cuore. Non ce n'è bisogno. Il mandarino ritrova la memoria da solo. Sono le 3 e mezzo del mattino quando le luci della sala operatoria si spengono. Il bambino viene trasferito nel reparto terapia intensiva. I medici si sfilano le mascherine. L'uomo in attesa nel corridoio è stravolto, a malapena afferra le parole dei medici, il loro tentativo di tranquillizzarlo. E' andata bene - gli spiegano - è un cuore forte, ha fatto tutto da solo. Ora però ci vuole cautela. L'uomo fa segno di sì con la testa, quasi co¬ me un pugile suonato. Quasi con la forza i medici riescono a fargli capire che ora deve andare via, che per il momento tutto è finito, è meglio se si fa un bel sonno. Quando ci riescono non manca molto all'alba. L'uomo è sfinito ma non ha sonno. Vaga, senza sapere bene dove né perché, fino al sorgere del sole quando può parlare con la moglie, sempre ricoverata al Fatebenefratelli. La donna lo sommerge di domande: come è andata? L'hai visto? Come è? L'uomo borbotta qualcosa, ma è troppo stanco per riuscire a arginare una simile ondata di curiosità. Sono le dieci del mattino quando l'ostetrica entra nella stanza del Fatebenefratelli. Non sono trascorse nemme¬ no ventiquattro ore dal parto, la donna l'attende in piedi, la borsa pronta accanto al letto. «Posso andare?», chiede. E va. Raggiunge il marito poi si recano dal loro bambino. Si è risvegliato dall'intervento. Ora è sotto l'effetto dei sedativi. Filtrata da un vetro, per i suoi genitori è l'ora della gioia. Dura quasi l'intero pomeriggio. Poi, cala la sera. A malincuore, l'uomo e la donna si allontanano. Se questo racconto fosse un film, l'ultima scena sarebbe un lieto fine. E' la realtà: l'ultima scena è un'altra lunga notte di attesa. Soltanto questa mattina i medici si pronunceranno sull'esito dell'intervento. Flavia Amabile «E' il più piccolo bimbo sottoposto in Italia ad un simile intervento» L'Osservatore Romano «Lezione d'amore, i giornali hanno speculato sul caso» A fianco e sotto, un'immagine di Gabriele nell'incubatrice. A destra, l'anestesista Francesco Parisi intervistato all'uscita dall'ospedale -«Bambino Gesù»

Persone citate: Flavia Amabile, Francesco Parisi, Gesù

Luoghi citati: Ciampino, Italia, Roma