«Fugherete meno tasse, ma il rigore resta»

«Fugherete meno tasse, ma il rigore resta» «Giarda non ha detto nulla che non si sapesse: l'Uem richiederà alcuni anni di sacrifìci» «Fugherete meno tasse, ma il rigore resta» Visco: ridurremo l'Irpef, ilpiano sul debito è solo indicativo INTERVISTA IL MINISTRO DELLE FINANZE ALLORA è così? Un bel giorno arriva in Parlamento quel guastafeste di Piero Giarda, noto agente provocatore della contro-rivoluzione ulivista, dice due battute e via, il Re è nudo: le tasse non diminuiranno, le promesse del governo vanno in fumo, le verdi vallate di Maastricht sono lontane, abbiamo davanti deserto, deserto e ancora deserto? «Non la metta giù così drammatica», fa Vincenzo Visco, mentre accende l'immancabile toscanello. «Nei limiti del possibile, noi manterremo gli impegni presi. Mi pare che, risultati alla mano, una certa affidabilità l'abbiamo dimostrata, no?». Sì, l'avrete pure dimostrata, ma in politica non fidarsi è meglio, no? «Senta, c'è da far capire una cosa, a questo Paese: la festa è finita, è finita per sempre». Temo che l'abbia capito. «Sì, ma ora bisogna mettersi in testa che non ne ricomincerà un'altra. I mitici Anni '80, per fortuna, non torneranno mai più, quelli del saccheggio delle casse dello Stato, del debito gonfiato sulle spalle delle generazioni future, dello sviluppo finanziato con l'inflazione». Vede, ha ragione Giarda? «L'equivoco è sempre questo...», aggiunge il ministro delle Finanze, emergendo dalla scrivania piena di carte del suo ufficio all'Eur, e indicando il bicchiere d'acqua minerale che ha appena sorseggiato: «Io dico chó' è mezzo pieno, lei dice 'che è mezzo vuoto: chi ha ragione? Tutti e due, probabilmente». Bella, questa metafora fiscale. Ma che c'entra? «Ragioniamo: cos'ha detto di clamoroso, il sottosegretario al Tesoro? Niente che già non si sapesse: l'ingresso in Europa, l'adesione al Patto di stabilità, ci imporrà ancora alcuni anni sacrifici. Lui ha detto che la pressione fiscale potrà diminuire solo in misura marginale. Forse poteva dire graduale, ma la sostanza non cambia...». Lei ha promesso che già nel '98 la pressione fiscale si sarebbe ridotta. Lo conferma? «La priorità, condivisa da tutto il governo, è e resta quella di attenuare il carico fiscale. Intendiamoci bene, nessuno ha mai detto che ci sono margini straordinari, ma tutti abbiamo sempre detto che c'è spazio per una limatura progressiva, a partire da quest'anno, e che ci impegneremo per questo». E vi impegnerete ancora? «Certo. Come pressione fiscale siamo in linea con la media europea: nel '96 ci siamo attestati al nono posto sui 15 Paesi, nel '97 siamo passati all'ottavo posto. Ma sappiamo che in un Paese come il nostro, con un tessuto articolato di piccole imprese, dobbiamo ridurre. Il percorso è già programmato: per il '98 è previsto un calo della pressione fiscale dello 0,6% del Pil, e altrettanto per il biennio successivo. Questo significa alleggerire i contribuenti di 12 mila miliardi quest'anno, e di 10 mila miliardi tra il '99 e il 2000. Non cifre clamorose, ma neanche pochi spiccioli». «Contrordine compagni», Giarda ha detto una fesseria? «Nooo, gliel'ho detto! Il mantenimento di questi obiettivi, cioè il bicchiere mezzo pieno, non contraddice Giarda. Perchè qui torno al bicchiere mezzo vuoto. Fino a maggio noi ci aspettiamo polemiche e sorprese, tipo la decisione di Eurostat sull'oro, che grida vendetta: ma salvo disastri imprevedibili l'obiettivo dell'Euro è raggiunte. Ora dobbiamo fare il passo successivo». E quale? «Dobbiamo capire che noi arriviamo al traguardo di Maastricht portandoci il fardello del debito pubbli- LA PRFISCA(IN RAPPPERCENTAL PIL) co. Non è lecito far finta che non esista, o pensare di gestirlo alla vecchia maniera. Il debito era pari al 60% del Pil nell'80 e ha raggiunto il picco del 126% Del '95. Cioè è raddoppiato in 15 anni. Per dimezzarlo come richiede Maastricht, ce ne vorranno altrettanti. Questo vuol dire che dovremo adottare una politica di bilancio conseguente: dovremo avere elevati avanzi primari». Ecco il rilievo di Giarda: come fate a promettere più spese per investimenti e meno tasse, e al tempo stesso «vendere» ai partner l'obiettivo di «surplus» del 5% all'anno? «Il problema vero è rendere più stringente il controllo della spesa. Lo ripeto: dobbiamo evitare che rispuntino i vecchi vizi dell'Italia di 20 anni fa. In questo il Parlamento ci deve dare una mano». Se è così io mi preoccuperei: sul piano Ciampi per il rientro dal debito già si levano i mugugni, persino nel Pds e nella maggioranza. «Finora la maggioranza ci ha sostenuto, in un anno e mezzo 'di lavoro durissimo. Deve continuare a farlo. E il piano Ciampi è fondamentale perchè indica un percorso virtuoso. Ma ha valore indicativo: distinguiamo tra esercitazioni contabili e andamento dell'economia reale». Si spieghi: siete pronti a buttarlo via, quel piano? «Al contrario: ma non ha senso dividersi, oggi, sulle cifre e le proiezioni di avanzo primario di qui a 15 anni. Manteniamo ferma la barra del risanamento, e ci accorgeremo che il circuito virtuoso dei tassi e della crescita attenuerà i sacrifici. Che dovremo fare comunque, ma che saranno meno duri di quanto appaiano oggi». Se lei fosse un cittadino medio, si fiderebbe della promessa che avete fatto sulla restituzione dell'Eurotassa? «Io sono un cittadino medio: ho pagato l'Eurotassa, salata! Anzi, le dirò: da quando sto qui non ho fatto altro che pagare tasse!». Ma la restituirete, la prima tranche del 60% nel '99? «La nostra promessa non cambia, neanche sull'Eurotassa. Avevamo detto che l'avremmo restituita più presto possibile, e salvo imprevisti sarà così. Ma ricordiamoci una cosa: è un impegno politico che il governo ha assunto con i contribuenti. Aumentare la pressione con l'Eu¬ rotassa, e in prospettiva ridurla. Non è un obbligo di legge: come, dove e quando dipende solo da noi. Capisco che è stato un grosso sacrificio, ma mi creda: non c'era taglio di spesa che avrebbe potuto dare gli effetti di base sul bilancio, che ha avuto quell'imposta straordinaria». Però restano dubbi tra i partner europei. Lei parlò di «complotto», ricorda?, «Non usai quel termine. Dissi che c'erano Paesi che non ci volevano in Europa. I fatti mi stanno dando ragione, no? Del resto fino a qualche anno fa la credibUità di questo Paese era a zero. Inflazione a due cifre, giudici ammazzati per strada, tangenti, una classe politica a pezzi, debito alle stelle. Mettiamoci nei panni di un tedesco^ c'era da capirli, gli scettici. Ma sólo per il passato: adesso col pregiudizio si sta andando decisamente sopra le righe. La verità è che nessuno aveva scommessa una lira su questo governo. E invece abbiamo fatto un risanamento che non ha precedenti nella storia, e senza un giorno di sciopero». Per forza: Destra e Confindustria dicono che questo è il governo dei sindacatil «Dicano pure. Io so solo che, sindacati o no, abbiamo portato il deficit dal 6,7 al 2,8% del Pil. Con manovre per oltre 100 mila miliardi in un anno e mezzo, abbiamo cambiato la faccia di questo Paese. E non è morto nessuno di troppi sacrifici». Il Polo obietta: avete ammaz- zato di tasse l'economia. «E io, di nuovo, lascio dire. Storicamente i governi della Destra sono più proclivi a tagliare le spese, ma questo questo Paese ha la spesa primaria più bassa d'Europa, e quando loro hanno governato non ci hanno fatto capire come dove e quanto tagliare: la stessa riforma delle pensioni di Berlusconi aveva poco di strutturale, e dava risparmi per 4 mila miliardi. Il Polo aveva scommesso tutto sul fallimento del governo Prodi. Solo così si spiega la strumentalizzazione e il provincialismo con cui ha sparato sulla riforma fiscale. La realtà è dura, e oggi si vendica: basta leggersi i rapporti dell'Fmi e dell'Ecofin, per capire quanto sia valida, equa ed efficace quella riforma. Persino la Confindustria lo riconosce, in privato: anche se poi attacchi il governo, nelle occasioni pubbliche. Che vuole, è il gioco delle parti». Comunque, ministro, non esageriamo coi trionfalismi. Questo Fisco è ancora un po' lunare. La questione del bollo auto non lo dimostra? «Lei crede che siano facili, cambiamenti così radicali?». E sull'evasione siamo al palo. Tutti i ministri di turno dicono che è una stella polare... «Magari l'osse stato come dice lei, in passato! Noi faremo lavorare meglio la "macchina": questo è un Paese in cui l'Amministrazione finanziaria, tra un condono e l'altro, ormai non lavorava più. Era impotente e disarmata. Questo deve cambiare, e sta cambiando: il fatto stesso che nel '97 è cresciuto il gettito in un ciclo di bassa congiuntura vuol dire che i controlli sono stati più efficaci». Peccato però che non riusciate a cacciare i corrotti. «Sbaglia: l'anno scorso abbiamo mandato via 60 persone dalla Guardia di Finanza». E che mi dice di quel maggiore, Aldo Lattanzi? «Ha patteggiato la pena, e in questi casi la legge non consente alcun margine al ministro». Perchè non la convince il «conflitto di interessi», per fermare l'evasione? «Perchè non è vero che all'estero c'è e funziona. E poi perchè, nell'unico caso in cui lo applichiamo in Italia, cioè nelle spese mediche, sappiamo come viene risolto: a carico dello Stato, col medico che chiede "vuole ricevuta o no"? Non vedo perchè dovremmo estendere la prassi anche al panettiere o aU'idraulico». Dopo la riforma del '97 cosa resta da fare, per rendere questo Fisco più umano? Il carico fiscale non pesa troppo sul «ceto medio»? «Questo è un problema reale. Purché si parli non del famoso 'ceto medio produttivo', cioè artigiani o commercianti, che dichiarano 20 milioni l'anno, ma di quella fascia che sta tra i 100 e i 300 milioni Tanno. Su questa categoria abbiamo picchiato duro: in futuro dovremo essere più attenti. Poi dovremo ridurre la tassazione diretta, ancora troppo alta, alleggerire gli oneri sul lavoro la tassazione sulle imprese. Rivedremo anche l'imposta di registro, che è un freno allo sviluppo. Insomma, in futuro speriamo tutti di pagare meno tasse». Lo promettono tutti... Visco riprende il bicchiere e conclude: «Ma io, oltre alle promesse, agli italiani ripeto: ci aspettano ancora anni di Purgatorio. Meno doloroso di prima, ma sempre Purgatorio. Massimo Giannini «Per contenere il debito pubblico in relazione al pil abbiamo bisogno di una politica di elevati avanzi primari» «Il vero problema è riuscire a rendere più stringente l'azione mirata al controllo della spesa di parte corrente» «La promessa fatta sul rimborso dell'Eurotassa resta immutata La restituiremo quanto prima» «Migliora la lotta all'evasione Nel '97 il gettito è cresciuto con una bassa congiuntura» LA PRESSIONE FISCALE IN ITALIA (IN RAPPORTO PERCENTUALE AL PIL) «Per contenere il debito pubblico in relazione al pil abbiamo bisogno di una politica di elevati avanzi primari»

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