Il taglia e cuci di Celli e Zaccaria

Il taglia e cuci di Celli e Zaccaria Il taglia e cuci di Celli e Zaccaria I cattocomunisti al capezzale di «Telesonno» LE POLTRONE INVIALE TROMA ELESONNO è fra noi. Con le gomme a terra e la concorrenza alle costole, la Rai si guarda allo specchio e sceglie finalmente se stessa. Chiude la porta agli esterni e chiama a raccolta i suoi figli più amati. Rassicuranti, prevedibili, moralisti. Insomma loro: i cattocomunisti. Gli ultimi sopravvissuti della Prima Repubblica televisiva. Dopo professori, donne-manager e intellettuali da terrazza, dal fondo del barile è la Rai dei reduci che viene a galla. Funzionerà, vedrete. Come Gorbaciov in Urss: solo chi arriva dall'apparato ha la competenza e il credito sufficiente per distruggerlo. Ma prima di raccontare la storia di Mikh.aU Sergeevic Zaccaria presidente della Rai, del suo braccio sinistro Balasson de' Balassoni e del direttore generale Pierluigi Celli considerato dalemiano perché taglia le note-spese ai giornalisti, parliamo del metodo che ha portato alla loro nomina. Indecoroso. La lottizzazione più sfacciata a memoria d'Ulivo. Incontri di semifinale D'Alema-Marini e VeltroniProdi, finalissima Marini-Prodi con i presidenti delle Camere gli unici autorizzati dalla legge a mettere becco - che apparivano sullo sfondo come guardalinee. Quando sono le mediazioni dei politici a scegliere, il risultato è sempre al ribasso. Per la presidenza della Rai si è partiti da Anselmi e Fabiani, si è approdati a Zaccaria e Balassone. Le personalità forti non sono gradite. Neanche le donne, assenti per la prima volta (e non una che si sia lamentata). Anselmi avrebbe provato a cambiare la Rai. Ma è proprio quello che i politici e la Rai non vogliono: cambiare. Basta vedere i sorrisi dei giornalisti Usigrai che fendono i corridoi di Saxa Rubra. Quei Borrelli, Giuntella e Sciano che negli anni del Caf avevano in Zaccaria il loro terminale dentro il consiglio d'amministrazione, colui che li sostenne nel referendum interno contro Bruno Vespa direttore forlaniano del Tgl. E basta gettare uno sguardo alla bacheca dove campeggia il comunicato dell'Adirai, il sindacato dei dirigenti: ai nuovi venuti, che sono poi i vecchi, viene inviato «un caldo saluto». Caldo, caldissimo, praticamente bollente. Un caldo saluto al professor Roberto Zaccaria, ayatollah del servizio pubblico con una visione tolemaica della tv: la Rai al centro del sistema, fine e misura di tutte le cose. Ha studiato da direttore generale per una vita, ma gli passavano avanti altri democristiani con l'unico merito di essere meno a sinistra di lui, che era a sinistra anche di parecchi comunisti. Non è un incompetente e tantomeno un incapace. Ha cinquantacinque anni, sedici dei quali trascorsi a difesa delle strutture regionali e della Terza Rete, ficcando il naso ovunque. Lo si vedeva persino alle prime puntate dei varietà. Conosce l'azienda fin nelle viscere. Prima di essere il nome dell'associazione cattocomunista a cui aderì, «Noi Rai» è il plurale majestatis di Zaccaria. Che ama la tv pubblica con un trasporto sincero e senza freni, come se i soldi anziché la collettività li mettesse lui: «Non trovo giusto - disse alcuni anni fa - guardare ai conti della Rai come se fosse un'azienda qualsiasi. Paradossalmente, contraendo le spese, avremmo minori entrate». A un uomo così il plauso dei sindacati interni non può mancare. Il suo governo avrà un destino meno litigioso di quello dei predecessori. Anche perché, dopo la veltronata di Siciliano, stavolta la lottizzazione è stata spudorata e mediocre ma ben congegnata. Il pendolo del potere sui programmi si sposta di nuovo dalla direzione generale al consiglio. Se Siciliano non aveva mai visto la tv, Zaccaria e Balassone se ne sono sciroppata anche troppa. E hanno mille consigli da dare ai direttori di rete che fra qualche giorno verranno nominati proprio da loro. Stefano Balassone, strappato al malinconico esilio di Telemontecarlo insieme a don Sorgi, ha creato la Raitre di Guglielmi. All'interno del pds c'era chi lo avrebbe visto volentieri a Raiuno come anti-Costanzo. Un'energica telefonata dello staff di D'Alema ha convinto i dubbiosi che il compito di Balassone era un altro. Lassù, al settimo piano, accanto a Zaccaria e al direttore generale Pierluigi Celli, dalemiano virtuale, nel senso che i manager scelti dal pds non hanno ancora l'obbedienza morbida dei democristiani. Celli è anche scrittore e i suoi aforismi rivelano una certa padronanza della penna e dell'anima Rai: «Sono un tipo affidabile, e in più malleabile, so fare anche chicchiricchì, perché non darmi da guidare un tg?». Come responsabile della gestione non si occuperà dei telegiornali. Casomai dei giornalisti. Memorabili i suoi interventi da capo del personale all'epoca della Rai dei professori. Quando fece tradurre la ricevuta di un ristorante giapponese e scoprì che era una preghiera buddhista. O quando, dietro una scritta in arabo presentata da un inviato nel Golfo, smascherò l'ordinativo di venti casse di champagne e di una bottiglia di vino rosso da un milione e mezzo. Salvò anche il missino Magliaro dal licenziamento: «E' bravo? E allora perché deve andarsene?». Storace non l'ha dimenticato. Celli taglia, Zaccaria cuce. Telesonno sarà noiosa, ma ci sorprenderà. Di solito è chi viene messo in un posto per non cambiare le cose che poi le cambia. Controvoglia, ma davvero. Massimo Gramellini Il futuro direttore generale quando era capo del personale scriveva filastrocche sull'azienda e faceva gu Ta alle note spese RAI-BALLADE Rosso di sera la Rai si dispera. Storace e Del Noce la mettono in croce. Se Lilli non muore ci sparano al cuore. Che fare? Cambiare colore, oppure cambiar di canale. Fa male? Provate a pensare se è meglio sparire. RETE TRE A Guglielmi non far sapere quante idee cambia Santoro tutte le sere. COMMISSIONE DI VIGILANZA Vigilanti, non vigilati, esprimano pareri poco argomentati, fidando negli altrui poteri, e, con intenzione, sulla nostra rassegnazione. L'INVIATO Piange in diretta la nota tagliata per la liretta. Non aveva messo in conto il surplus amaro del rendiconto si ricorda in Rai, ma «demartiniano». Concorde ma freddino il ppi. Marini si limita a parlare di «una scelta in piena autonomia». E si sa che avrebbe preferito una presidenza Fabiano Fabiani a uno Zaccaria che, per quanto vicino al ppi, è fortemente connotato a si¬ ha visto l'altra nprescelti, pare siale furie. Perché cria un avversariodiaset, ritiene Celnon da meno. perché, pur avenriconosce come «SNPENDcdndeTGIANatdel giupro196del diree die do I m ■ ri STEFANO BALASSON E Nato il 5 luglio 1943. Pubblicista, laureato in Economia e Commercio. Nel 1966 entro in Rai. Dal 1987 si occupa del coordinamento operativo della Terza Rete Tv. Nel novembre 1995, diventa direttore delle comunicazioni e relazioni esterne di Telemontecarlo. ALBERTO CONTRI 53 anni. E' stato presidente dell'Associazione Italiana Agenzie di Pubblicità. E' presidente della Federazione Italiana della Comunicazione e membro del Board della European Associarion of Advertising Agencies. Nel marzo 1996 pilota l'intero comparto in Connndustria, dando vita alla federazione di settore della comunicazione. VITTORIO EMILIANI Nato a Predappio (Fo) il primo dicembre 1935. Giornalista, è stato direttore del «Messaggero» dall-QO all'87. Ha fatto parte della Camera dei Deputati nella XII legislatura. GIANPIERO GAMALERI Nato a Milano il 14 giugno del 1940. Laureato in giurisprudenza, giornalista professionista. In Rai dal 1967. E' stato coordinatore del progetto diffusione diretto da satellite {RaiSatj, e direttore dell'«Ufficio studi e documentazione». ROBERTO ZACCARIA Nato a Rimini il 22 dicembre 1941. E' professore ordinario di diritto costituzionale generale. E' stato consigliere di amministrazione della Rai e consigliere dell'Ente cinema s.p.a. E' consigliere di amministrazione della Banca Toscana.

Luoghi citati: Milano, Predappio, Raiuno, Rimini, Urss