A Tokyo, aspettando il tifone di Paolo Guzzanti

A Tokyo, aspettando il tifone A Tokyo, aspettando il tifone «Neanche noi siamo al riparo dal crack» LE TIGRI FERITE REPORTAGE6 TOKYO DAL NOSTRO INVIATO Sulla metropolitana per Asakusa, il quartiere famoso per i suoi templi, la gente o dorme o legge 0 giornale con l'ultima notizia: il signor Yoichi Otsuki si è fatto il nodo alla cravatta un po' troppo stretto e quando l'hanno trovato non c'era altro da fare che portarlo all'obitorio. Otsuki aveva 54 anni ed era il responsabile del ministero delle Finanze per i rapporti con le banche. In altre parole era lui che tecnicamente organizzava le notti brave per funzionari 3 impiegati nel localino privato di Shinjuku, dove per quattrocentomila lire a testa si poteva giocare al dottore con cameriere che, per contratto, non indossano biancheria intima. La moglie del signor Otsuki ha trovato il marito appeso al lampadario con una cravatta e gli investigatori sono piuttosto perplessi sulla tecnica usata dal suicida per fare da solo questo lavoretto. Di conseguenza c'è chi grida all'omicidio camuffato per impedire al disgraziato dirigente statale di vuotare interamente il sacco, ma questo è puro dietrismo retro. Anche la notizia di un ricco uomo d'affari giapponese ammazzato brutalmente a revolverate in un taxi a Giakarta ha suscitato sospetti e dubbi: come mai dei killer professionisti uccidono un uomo ricco potente e certamente a conoscenza di molte faccende riservate, senza neanche rubargli il portafoglio? Che cosa sta accadendo negli ambienti più elevati della casta affaristica e burocratica nipponica? Sta di fatto che all'interno dello scandalo del ministero delle Finanze e dei suoi allegri ispettori, già si registrano morti. E, come ha saggiamente osservato Toshiro Moto, direttore generale della segreteria del ministero, «quest'incidente non ci voleva proprio, non so che dire, me lo sentivo clie sarebbe successa una cosa del genere». La gente che sulla linea gialla va ad Asakusa, va a pregare. I templi non sono fantastici, ma sono popolari e i cittadini di Tokyo vanno ad appendere i foglietti con i desideri all'albero del poeta santo che fu un feroce assassino, le donne si chinano a respirare i fumi d'incenso diffusi da una bocca di pietra, qualcuno dentro al tempio batte la fronte per terra e tutti si sentono minacciati. Da che cosa? Dalla crisi finanziaria ed economica (perché tutti sanno e sentono che il nodo vero del tifone che batte l'Asia intera ha il suo occhio qui, a Tokyo), e dal conformismo. I colleghi dei giornali giapponesi mi dicono che sono sommersi dalle telefonate indignate degli impiegati e dei funzionari di banca, tutte di questo tenore: «E c'era bisogno di fare tutto questo chiasso per quattro bustarelle e una dozzina di entreneuses mascherate da cameriere? Si può minacciare così violentemente la vita di pacifici cittadini che fanno e organizzano esattamente ciò che tutti gli altri fanno e organizzano?». In questa protesta si vede una sorta di rovescio della medaglia della vicenda clintoniana: negli Stati Uniti, Paese reattivo sulle questioni morali, si agita un movimento che si stringe intorno al Presidente accusato di fare il galletto oltre che il Presidente, sostenendo che le eventuali scappatelle di Bill potrebbero al massimo far saltare i nervi a Hillary, ma non alla nazione. Qui è l'inverso: la base sociale e burocratica dell'impero è consapevole della propria corruzione, della propria sudditanza a regole torbide e medievali usate per ottenere ed elargire favori, e vorrebbe quindi che il vertice giudiziario la smettesse di fare tanto il puritano, visto che il sistema delle luci rosse è la regola, non l'eccezione. Insomma, funzionari e impiegati non sono contenti di apparire come dei banali mascalzoni che hanno mandato a rotoli l'economia. Si difendono sostenendo che l'economia va male per conto suo e che certe mascalzonate fanno parte del costume nazionale. In questa forma di protesta reattiva sta una verità profonda: tutti i mali asiatici, dalla Corea all'Indonesia, dalla Thailandia al grande fratello giapponese, consistono più o meno nel malaffare, nella mentalità puttanesca applicata al business, nei prestiti miliardari erogati ai cognati, ai figli, con conseguenti esposizioni bancarie che coinvolgono poi banche straniere ed occidentali che a un certo punto dicono basta. Kim Dae-jung, il presidente coreano eletto miracolosamente dopo decenni di autoritarismo dittatoriale, non fa della retorica quando dice che la regola numero uno perché finanze ed economia funzionino bene è che la democrazia sia autentica, trasparente e controllata. La democrazia giapponese non è naturalmente in discussione, ma non è neppure del tutto innocente. E non solo e non tanto per le magagne del partito di governo, ma perché qui l'intera classe burocratica agisce in condizioni che considera di normalità, agendo nei modi che specialmente nell'Occidente protestante e calvinista sono considerati indecenti. E fonte di disastri economici. In questa mentalità medievale i giapponesi, persone in genere timidissime e fisicamente incapaci di dire no, scivolano regolarmente nel grottesco e nel ridicolo. Il locale dello scandalo si chiama «Nopan shabu-shabu», dove «nopan» vuol dire «senza mutande», e l'altra parola indica un piatto di carne piccante. Quello che succedeva lì dentro era roba da commedia all'italiana degli Anni Cinquanta: i dirigenti e i funzionari si sedevano intomo ai tavoli sui quali pendevano bottiglie di vino, saké e acqua minerale legate con certe catenelle e che oscillavano. E le cameriere, del tutto «nopan» sotto le vesti, dovevano fare le stupidelle rincorrendo le bottiglie e mettendo in mostra la propria mercanzia fra le grasse risate e le eccitate voluttà dei porconi. In questo genere di cose i giapponesi, come ancora si ricordano in Manciuria, in Corea, a Taiwan e in Indonesia durante l'occupazione nipponica, sono maestri. E la corruzione della carne del resto si accompagna sempre alla corruzione del denaro, con regali, sconti, percentuali e tutto il ben noto materiale contabile e contante che accompagna ogni Tangentopoli. In un popolare programma tv, con la partecipazione del pubblico, qualcuno ha fatto notare che questo genere di scandali fa parte non soltanto della tradizione, ma delle sceneggiature per telenovele e che dunque è alquanto ipocrita da parte della magistratura e del governo far finta di credere che si sia scoperchiato il pentolone dell'inferno e delle donnine nude, quando il difetto è nel manico del governo. I sondaggi parlano chiaro: la faccia feroce mostrata dal primo ministro Ryutaro Hashimoto nel mettere alla gogna il suo potente ministro delle Finanze Hiroshi Mitsuzuka costringendolo a dimettersi per le colpe della sua corte di lazzaroni convince poco più d'un quarto dei cittadini, mentre la metà della popolazione considera ipocrita e strumentale questa campagna di allarmato puritanesimo (coronata da un non limpido suicidio per onore), il cui scopo sarebbe quello di occultare la verità. E cioè che il Giappone è nei guai per difetti strutturali, cioè di governo, di cui quello rappresentato dalle signorine del «Nopan shabu-shabu» non è che l'aspetto comico, postribolare, da barzelletta. La vera resa dei conti economici, in un Paese che consuma pochissimo rispetto a quel che produce, risparmia enormemente e tiene in ostaggio il 40 per cento dei «bonds» del debito pubblico degli Stati Uniti d'America, deve ancora venire e dipenderà dal modo in cui il governo di Tokyo si assumerà responsabilità e pesi dell'intera crisi asiatica, i cui fili aggrovigliati conducono tutti, prima o poi, al Sol Levante. Lo yen d'altra parte, in attesa degli eventi che si dovrebbero produrre entro un mese o poco più, si rafforza perché la psicologia lavora per Hashimoto: il fatto che abbia costretto alle dimissioni il potente Mitsuzuka ha giocato a suo favore. Ma, appunto, si tratta di nervosismo monetario applicato alla psicologia, nulla di strutturale: umori, impennate, speranze. E la vera speranza del primo ministro è quella di arrivare politicamente vivo e ancora forte alle elezioni parziali di luglio insieme ai due partitini che so- stengono la sua coalizione guidata dai Ùberal-democratici. Ma la questione di fondo resta ancora campata per aria: chi, come e quando risistemerà la legalità e la chiarezza nei conti di banche che, stando alle dichiarazioni dei funzionari infedeli, hanno finora fatto il loro comodo evitando ogni controllo ed ispezione grazie alle signorine del «Nopan shabu-shabu»? I viaggiatori non smetteranno mai di scoprire e di descrivere il Giappone come un Paese bizzarro e alieno. Vedendo distinti signori e signore appendere foglietti di carta con scritti i desideri a un alberello che cresce sulla neve accanto alla statua di un poeta, viene da pensare che sì, è un mondo separato, fascinosamente differente. Ma scoprendo che i debiti che le banche non riescono ad esigere ammontano ormai a 77 mila miliardi di yen, si vede che questo è un Paese con una malattia profonda. Soltanto qui, infatti, poteva succedere che delle grandi banche come la Asahi, la Daichi Kamgyo e la Sanwa si dedicassero prima alla corruzione e poi alla profonda contrizione per il male compiuto. Tokyo è una metropoli senza volto, senza forma, o con molte forme e molti volti. Così la sua politica e i suoi affari. Persino la mitica Tokyo di notte è, tutto sommato una invenzione virtuale e vagamente viziosa. La Tokyo notturna esiste per gli stranieri e per i funzionari imperiali, perché tutti i giapponesi, già stremati quando sono sulla metropolitana, alle dieci e mezzo di sera sono tutti a letto. Ma senza sogni d'oro: i sondaggi dicono che il 53 per cento dei giapponesi temono per il loro avvenire e la loro sicurezza. Paolo Guzzanti Molti funzionari gridano all'ipocrisia «C'era bisogno di fare tanto chiasso per qualche bustarella? Tutto qui funziona così» La metropolitana di Tokyo trasporta ogni giorno milioni di persone. Mai in passato è stato possibile percepire fra la gente tensione e preoccupazione come ora

Persone citate: Hashimoto, Hiroshi Mitsuzuka, Ryutaro Hashimoto, Toshiro Moto, Yoichi Otsuki