«Due settimane di lotta angosciante» di Angelo Conti
«Due settimane di lotta angosciante» «Due settimane di lotta angosciante» / medici: crediamo di aver fatto una buona azione TORINO. Come il figlio che non ha. Luigi Odasso, 49 anni, medico, direttore generale dell'azienda ospedaliera Sant'Anna-Regina Margherita, non nasconde commozione ed affetto quando parla di Gabriele e dei allindici giorni in cui l'ospedale di corso Polonia è stato la sua casa. «Difficile spiegarlo. Ma quando non si hanno figli si è portati a calarsi nei panni dei genitori di quelli degh altri, soprattutto quando sono in difficoltà. Così mi sono sentito anch'io un po' papà di questo bimbo, ed ho condiviso le angosce profonde dei suoi genitori veri». Nel suo ufficio, al quarto piano del Sant'Anna, con i giornalisti alla porta e le troupe televisive in strada, riesce a mantenere calma e serenità. Sembra che la bufera di questi giorni con i titoloni, le polemiche, le accuse non l'abbia nemmeno sfiorato. «Per i medici Gabriele era un bambino come tutti gli altri. E' stato seguito con la stessa attenzione, la stessa professionalità ed anche lo stesso amore che mettiamo verso ogni altro piccolo paziente». Con una partecipazione emotiva in più, come confessa anche Luigi Frascarolo, 55 anni ed i capelli bianchi, il responsabile della Rianimazione: «Sono stati giorni strazianti, per i genitori e per noi che vivevamo accanto a loro. Siamo abituati ad essere spesso sul filo, fra la vita e la morte. Ma in questo caso c'era una sola prospettiva, la morte». E parla di una vita «cominciata e finita dietro i vetri di un'incubatrice, passata completamente sotto i nostri occhi». E le polemiche? «La legge ci ha dato una mano - continua Luigi Odasso -, tracciando il percorso di questo bambino. I primi sette giorni di attesa, poi il miglioramento, l'autonomia respiratoria. La casistica indicava in 15-20 giorni il limite massimo di resistenza, ma noi abbiamo continuato ad assisterlo nel migliore dei modi. Senza spegnere nessuna macchina, senza ricorrere aU'accanimento terapeutico. Sapevamo che le complicazioni potevano arrivare da un momento ah'altro. Temevamo soprattutto le infezioni, che avrebbero compromesso gravemente gh organi da espiantare. L'altro giorno sono comparse ripetute apnee, poi l'arresto cardiaco. Le macchine, a questo punto, ci hanno permesso di scivolare verso le 24 ore di osservazione, che è stata giustamente meticolosa, e verso l'espianto». C'è stato tanto calore intorno a Gabriele. Ma anche tanto interesse, sia scientifico che giuridico: «Sappiamo che questa esperienza aiuterà alcuni Paesi, come il Brasile e l'Argentina, a darsi una legislazione sui trapianti che tenga conto di queste even¬ tualità. Ci sono stati contatti con questi Paesi, scambi di informazioni. Anche da Israele e dalla Germania ci sono arrivate richieste di chiarimenti. Noi abbiamo cercato sempre di dare le risposte più opportune, illustrando una situazione che ogni legislatore deve sapere affrontare nel migliore dei modi». E le critiche? E gh insulti? «Certo, non è stato bello. C'è arrivata una lettera intestata Ai Medici Predatori. Non ci è piaciuta. Però sono arrivate anche una trentina di lettere per i genitori del bimbo, nella stragrande maggioranza colme di solidarietà. Le ho fatte avere alla madre e credo che per lei saranno state di grande conforto, soprattutto in queste ultime ore». Una vicenda sparata con grande evidenza da tutti mass media. Troppo? «Non so, non voglio giudicare. Posso solo dire che il caso era quasi unico, molto particolare. Aveva connotazioni scientifiche, bioetiche, legate al sottile equilibrio fra realtà e fede. Era difficile pensare che potesse passare sotto silenzio». Cosa resta? «E' stata un'esperienza che ci ha aiutato a crescere, a capire. L'abbiamo condivisa e sofferta tutti. Sì, abbiamo davvero fatto una buona azione». Angelo Conti
Persone citate: Luigi Frascarolo, Luigi Odasso
Luoghi citati: Argentina, Brasile, Germania, Israele, Torino
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