Scalfaro e magistrati uniti contro le riforme

Scalfaro e magistrati uniti contro le riforme Il Presidente applaude la Paciotti che attacca la Bicamerale. Oggi il vertice con Prodi e Flick Scalfaro e magistrati uniti contro le riforme «Faccio mie le vostre critiche sulla nuova giustizia» ROMA. «Dottoressa Paciotti, non credo di squilibrare la mia posizione nel dire che condivido tutta la sua relazione, fin nei particolari»: Oscar Luigi Scalfaro benedice così la requisitoria nella quale il presidente deh'Associazione nazionale magistrati ha appena finito di sottolineare le tradizionali, pesanti critiche ai passaggi di riforma elaborati dalla Bicamerale. L'intervento del Capo dello Stato, distillato a poche ore dal vertice con Prodi e Flick, cala sulla scena della politica come una sorta di invito a sopire le incomprensioni e le tensioni che, in tema di giustizia, dividono la maggioranza. Di più: si offre come una mediazione per aiutare gli antagonisti a raggiungere un accordo: «Confido che il dialogo prosegua e che le proposte che verranno dalle varie parti non siano mosse da spirito di rivalsa». Scalfaro si sofferma, in particolare, sugli articoli 101 e 104 della Costituzione: «I magistrati sono soggetti solo alla legge» e «La magistratura è autonoma da ogni potere. Vale a dire: partiti, associazioni, gruppi di pressione. I cosiddetti poteri forti». Ed auspica che, a riforme approvate, ci si possa trovare con una «Costituzione dove è incastonata una magistratura libera ed indipendente, capace, che non si piega». Ma il Presidente guarda anche l'altra faccia della medagha d'una magistratura che, a volte, si lascia prendere da protagonismi ed eccessi. Sembra una sorta di riedizione soft del «tintinnare di manette» deprecato nel messaggio di fine anno: «E' necessario fare sintesi tra le garanzie del giudice e quelle del cittadino che ha diritto d'essere protetto dalla legge, a non aver paura». Ma non basta: il giudice deve sentire il peso della toga anche quando è fuori della Procura o del Tribunale. E, quindi, sforzarsi di perseguire «un'armonia di comportamento» perché gli «atteggiamenti morali» si fanno «sostanza». E' colpa grave se «la fiducia nella giustizia viene spazzata via da un magistrato infedele». Ecco rinfocolate, così, le polemiche attizzate davanti al placido caminetto del 31 dicembre e temporaneamente spente alcuni giorni fa a Napoh quando Scalfaro assicurò di non essersi ispirato a nessun magistrato in particolare, e men che mai a Di Pietro, nel disegnare lo stereotipo del giudice che forza la legge. Ma il nodo di quest'incontro al Palazzaccio è, oggi, soprattutto politico. Ed emerge dall'intervento con il quale il presidente dell'Anm entra a piedi uniti sui lavori della Bicamerale. Dice di E DELLE DICI. ti» che porrpo separato o ministero»; ziale sepaivoler parlare «senza dietrologie, senza giuridicismi e senza polemiche», la dottoressa Paciotti. Ma, sin dall'esordio, sottolinea che il tema giustizia va affrontato in base alle leggi ordinarie e che «le odierne discussioni sulle riforme non hanno il respiro e l'elevatezza di quelle dei nostri padri costituenti». Subito dopo, la raffica di «no» che tracciano un frego sulle principali proposte della Commissione in tema di giustizia. Si meomincia con «l'alterazione della composizione del Consiglio superiore della magistratura che fu proposta proprio dall'attuale Capo dello Stato»: quella di formare il Csm per due terzi di magistrati eletti e per un terzo da avvocati e professori di diritto di nomina parlamentare «fu una febee intuizione». «Ed oggi quale ragione d'ordine co¬ stituzionale giustifica l'alterazione di tale rapporto al di là dell'inequivoco messaggio in direzione d'una riduzione dell'autonomia della magistratura?». Altri nodi: la divisione in due sezioni dello stesso Consiglio che, collegata alle norme sui pubblici ministeri, porterà «alla costituzione di un corpo separato di magistrati del pm e aUa divisione di fatto delle carriere in magistratura». No: alla giustizia italiana è utile l'assetto attuale. Anche perché, tuona il presidente dell'Anm, con un pubblico ministero sottoposto a responsabilità politica sarebbe difficile «accertare reati commessi da persone che si ritengono immuni grazie al potere pohtico ed economico». L'elettività del pm, poi, «è una strada radicalmente alternativa alla nostra tradizione costituzionale, che probabilmente creerebbe problemi di compatibilità con i principi affermati nella stessa prima parte della Carta», tre. ri.] 1 LE RIFORME CONTESTATE m MAGGIORE SEPARAZIONE DELLE f UNZIONI TRA MA i GIUDICI. Si prevedono «drastici steccati» che portano alla creazione «di un corpo separato di magistrati del pubblico ministero»; si va verso «una tendenziale separazione» di fatto delle carriere». Ecco le ipotesi di riforma co stituzionale maggiormente contestate dall'Asso dazione magistrati. m MODIFICA DELLA COMPOSIZIONE E SDOPPIAMENTO DEL CSM. C'è «un inequivoco messaggio di riduzione dell'autonomia della magistratura». quella di forterzi di magn RIDUZIONE DELLE COMPETENZE DELLE "SEZIONI RIUNITE"' DEL CSM. «Indebolisce il rilievo dell'organo di governo autonomo, e riduce l'efficacia delle sue funzioni di controllo e di garanzia». ■ INIZIATIVA DISCIPLINARE ATTRIBUITA A UN PROCURATORE NOMINATO DAL PARLAMENTO. «Ad un procuratore mal scelto o che per umane vicende divengo inidoneo all'incarico, basterebbero pochi mesi per sconvolgere il già precario funzionamento della giustizia».

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