Don Ciotti: «Come regalo oro dategli il silenzio» di Stefano Mancini
Don Ciotti: «Come regalo oro dategli il silenzio» Don Ciotti: «Come regalo oro dategli il silenzio» TRA FEDE E DOLORE GTORINO ABRIELE deve continuare a vivere, imprestando un pezzo di sé a chi ne ha bisogno». Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, chiede il rispetto del silenzio di fronte alla morte del bambino nato senza cervello. Ma trova una lezione in questa vicenda, quella del dono: il dono della vita. Quando Gabriele è nato, i medici lo hanno subito intubato perché sopravvivesse. La polemica è cominciata così: la scienza hanno sostenuto numerosi critici -, si accanisce con Una creatura soltanto per usarla come una banca degli organi. Le sembra una considerazione accettabile? «Di fronte alla scienza non ho strumenti per argomentare. Questa vicenda mi ha lasciato imbarazzo e inquietudine e riempito di interrogativi angoscianti». Ma qual è la morale della storia, ora che è quasi tutto finito, che manca soltanto il «sì» di tre medici alle operazioni di espianto? «Dal punto di vista etico, la morte clinica è da considerarsi morte biologica. Dunque, nel rispetto di tutte le "volontà, è possibile (e alcune volte anche doveroso) attuare quella "cultura" del dono che sovente viene dimenticata. Donare non è soltanto un gesto da morti, ma una realtà di tutta la vita. Questo è, secondo me, il senso profondo della giustizia». E' «giusto» anche mettere al mondo un figlio che non avrà nessuna proba¬ bilità di sopravvivere, in modo da consentire che il suo cuore e il suo fegato siano espiantati? «E' vero che non si genera la vita per donare organi, ma è altrettanto vero che donare gli organi quando la morte ci raggiunge è un gesto giusto e caritatevole. Vuol dire dare vita e speranze ad altri. Sono questi i due nodi ambivalenti e complementari della storia di Gabriele. Spero che tutti ne traggano un insegnamento e imparino che la donazione degli organi è un gesto importante». Anche i mezzi di informazione sono finiti sotto ac- cusa: troppa cronaca, troppi commenti, troppi raffronti con casi che sembravano analoghi, ma non lo erano, troppa pressione su due persone, la madre e il padre, che si sono trovati coinvolti in una storia angosciosa e più grande di loro. «Sì, l'informazione finora è andata oltre il semplice servizio di cronaca. Si sono spese già troppe parole, io ho provato molto imbarazzo. Non può diventare sempre tutto un processo, non possiamo sempre dividerci tra colpevolisti e innocentisti». Crede che sarebbe stato meglio il silenzio, fin dall'inizio? «Un conto è dare la notizia, un altro continuare ad approfondire e dibattere una vicenda tanto drammatica. D'ora in poi, dovremo diventare capaci di fermarci di fronte a "situazioni di frontiera" e dare al silenzio la dignità di una parola eloquente: il rispetto per le sofferenze degli altri». Ha un messaggio per i genitori di Gabriele, che adesso piangono una morte a cui, soprattutto negli ultimi giorni, non si erano rassegnati? «Hanno dato una grande prova di coraggio. Il piccolo Gabriele oggi deve continuare a vivere, imprestando un pezzo di sé ad altri bambini. Da lui verrà altra vita. E noi che tutto abbiamo detto e tutto abbiamo scritto, impegniamoci a tacere, per il rispetto di chi oggi piange la perdita di un figlio». Stefano Mancini «Ha insegnato a tutti che cosa può essere la generosità» «Io spero che possa continuare a vivere in qualcun altro»
Persone citate: Don Ciotti, Don Luigi Ciotti
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