Finanziamento, i partiti si regalano 110 miliardi

Finanziamento, i partiti si regalano 110 miliardi Accordo di tutte le forze politiche, con riserva di conguaglio. La Lista Palmella: non ci sarà mai Finanziamento, i partiti si regalano 110 miliardi E' il tetto massimo previsto: un emendamento ad hoc anticipa i tempi ROMA. Sulle riforme istituzionali litigano. Sulla giustizia bisticciano. Sui provvedimenti del governo attaccano briga. Ma quando si tratta di finanziare i propri partiti, allora Ulivo, Rifondazione comunista, Lega e Polo filano d'amore e d'accordo e non vi è argomento che rompa questo idilbo. Come hanno esaurientemente dimostrato anche ieri le forze politiche in questione, le quali si sono assegnate centodieci miliardi, ovvero il tetto massimo previsto dalle legge approvata il 2 gennaio del 1997, quella, appunto sul finanziamento dei partiti. Grazie a quale calcolo si è giunti a questa somma, che, sia detto per inciso, è la stessa che le forze politiche si sono attribuite l'anno scorso? Nessuno. Legge vorrebbe che per finanziare i partiti ci si basi sulle dichiarazioni dei redditi del maggio 1997, dal momento che all'uopo viene destinato un quattro per mille, sulla stregua di quanto accade per la Chiesa. Però un calcolo preciso e veritiero su quelle dichiarazioni non è possibile farlo entro la fine del febbraio prossimo, data nella quale le casse dei partiti vanno rimpinguate. E allora, onde evitare di aspettare troppo tempo, si è deciso che i miliardi hanno da essere centodieci, con riserva di conguaglio negli anni 99 e successivi. Il conguaglio (ma ci sarà mai, o l'anno prossimo accadrà quello che è successo nel precedente?) sarebbe d'obbbgo, perché nelle dichiarazioni dei redditi del maggio scorso l'adesione al quattro per mille fu particolarmente bassa e non avrebbe mai portato alla cifra eh centodieci miliardi. Per ottenere questo obiettivo, tutti i gruppi parlamentari del Senato, ieri, hanno firmato un emendamento al disegno di legge sulla semplificazione del sistema tributario, nel quale si stabilisce che per quest'anno il Tesoro, entro la fine di febbraio, emanerà un proprio decreto per ripartire tra le forze pobtiche la somma di centodieci mibardi. L'emendamento ha subito una bocciatura, qualche ora dopo la sua nascita, da parte della commissione Bilancio del Senato. La motivazione è che così si violano le leggi di contabilità. Ma, e qui viene il bello, la bocciatura «non produce nessun effetto regolamentare», insomma, per dirla in parole povere, non vale niente. Questo perché l'emendamento non va contro l'articolo 81 della nostra Costituzione, quello che impone a ogni legge di prevedere la propria copertura finanziaria. Quindi non cambia niente: i centodieci miliardi saranno assicurati ugualmente, ma forse il galateo del «politicamente corretto» è salvo. D'altra parte il governo, nella persona del sottosegretario alle Finanze Pierluigi Castellani, ha dato il via libera. Ha spiegato infatti il rappresentante dell'esecutivo: «Il governo prende atto dell'accordo tra tutte le forze pobtiche e non intende mettersi di traverso. Questo atteggiamento è anche dovuto al fatto che non siamo ancora in grado di fornire le opzioni dell'ultima dichiarazione dei redditi, per cui va bene questa scelta che implicherà poi un conguaglio nel 1999». Ma al ventilato conguaglio non crede la Usta Pannella: «Non ci sarà mai - ha sottolineato Benedetto Della Vedova - e, più probabilmente, si procederà invece a nuove assegnazioni. Quando c'è di mezzo la 'roba" l'unità nazionale della partitocrazia si compone d'incanto», [m. t. m.]

Persone citate: Benedetto Della Vedova, Pierluigi Castellani

Luoghi citati: Roma