Le due facce del Cavaliere

Le due facce del Cavaliere Le due facce del Cavaliere Prima attacca, poi frena: collaboriamo IL DILEMMA DEGLI AZZURRI CROMA OSTITUENTI. Alla buvette di Montecitorio, in un dialogo tra il serio e il faceto, Giuseppe Calderisi di Forza Italia e Fabio Mussi del pds si scambiano accuse sul passato e sul presente. «Nella tripartizione dogli appalti c'eravate anche voi in mezzo con le coop», esordisce il primo. «Guarda che quando fui nominato segretario del partito in Calabria dissi che bisognava allontanare le coop e mi risposero se ero scemo», replica il secondo. «Vedi che stavate dentro fino al collo in quel sistema...», riparte Calderisi. «Però non corrompevamo i giudici di Roma...», rispara Mussi. «Ma a chi lo dici? Come ai bambini insegnano a dire subito "mamma", a noi radicali da piccoli insegnavano la parola fogna per parlare del palazzo di giustizia di Roma», è la battuta pronta del vicepresidente del gruppo di Forza Italia. «Sì, ma poi sei finito insieme a quella fogna...», rilancia il capogruppo pidiessino. Si potrebbe andare avanti a lungo. Meglio, però, lasciar stare e passare a un'altra scena. Nell'aula di Montecitorio Silvio Berlusconi pronuncia un discorso duro. Spara «contro l'asse procure-pds», «contro il nuovo regime che occupa tutto». Critica i risultati della Bicamerale meno la parte sulla giustizia. Un discorso che - si vede subito - ha l'impronta di un'altra mano, di don Gianni Baget Bozzo. Tant'è che il vecchio ghost-writer, quello di sempre, è seccato. Ma davvero il Cavaliere vuol far saltare la Bicamerale? Un po' di suspense. Alla buvette Berlusconi racconta che nel suo discorso ha riportato fedelmente «il pensiero di cinquemila elettori di Forza Italia, il risultato di un sondaggio». E, ancora, che ha posto «non dei paletti ma dei paloni». Passa qualche minuto, e mentre i suoi spiegano che si tratta di un atteggiamento contrattualistico, il Cavaliere si avvicina al banco che nell'aula di Montecitorio è assegnato alla presidenza della Bicamerale e spiega allo stesso Massimo D'Alema: «Abbiamo collaborato e collaboreremo ancora. Alla fine smusseremo le difficoltà...». Ebbene, a stare appresso a questi atteggiamenti verrebbe da dire che le riforme corrono dei rischi. Ma è solo apparenza. Pensandoci su si scopre che si faranno, malgrado tutto. Sì, malgrado il protagonismo degli accademici, i giochi continui, un tatticismo e un contrattualismo esasperato e - va detto - malgrado lo stile degli attuali costituenti. Forse è sbagliato fare dei paragoni con i padri del '48. Quelli erano un'altra cosa, ma anche l'Italia di allora era diversa. «La verità», osserva Colletti a proposito Berlusconi - ma il ragionamento potrebbe essere applicato a tanti altri -, «è che i politici di professione vanno avanti per accumulo di esperienze, costruiscono una linea e la seguono. Gli altri non hanno accumulo e, quindi, sono soggetti a svolte repentine. Seguono gli umori dei genitali femminili... Berlusconi adesso parla da leader di Forza Italia, pensa alla Lega. Noi lo abbiamo anche mitigato, vedremo...». Detto questo, è difficile che qualcuno dei leader che hanno impegnato il loro nome nella Bi camerale - cioè D'Alema, Fini, Marini e Berlusconi - possa assumersi la responsabilità di un ritorno indietro, possa dire abbiamo scherzato. Sempreché, ovviamente, non venga stravolto l'accordo uscito dalla commissione. E la giornata di ieri conferma, a suo modo, la voglia d'intesa. Si apre con un incontro mattutino D'Alema-Marini, in cui si parla di Rai ma anche di giustizia. Va avanti con un colloquio telefonico Marini-Berlusconi. E, a sera, si chiude con il segretario dei popolari che chiosa il discorso del Cavaliere in questa maniera: «Adesso Berlusconi dà l'idea che è pronto a spaccare tutto, ma alla fine anche lui dirà di sì. E' nelle cose». E' nelle cose, appunto. Non per niente anche il quadro che traccia della giornata Marco Boato, relatore del tema spinoso della giustizia, è ottimistico. «Ascoltando i discorsi - confida - penso che si possa chiudere in questa maniera: già eravamo d'accordo su una netta separazione delle funzioni; inseriamo che il Csm deve essere eletto con un sistema proporzionale tra giudici e pm; e diciamo anche che c'è la possibilità delle separazione delle carriere da attuare con legge ordina- ria». Certo si tratterà ancora, sulla giustizia e su altro, ma il desiderio di accordo c'è, anche se nascosto dall'obbligo che i diversi schieramenti hanno di riproporre in questa fase le posizioni di bandiera. «State attenti a non sbagliare - precisa Beppe Pisanu - l'interpretazione del discorso di Berlusconi. Lui le riforme le vuole fare. Lui non piccona, ma non vuole neppure apparire sdraiato sul pds. Di fatto, si è messo al centro del Polo. Se sta con Cossiga? Ma no. Lt. verità è che lui continua ad essere nel mirino di Cossiga, che spara su Fini ma intanto vuole rubare spazio a Silvio. E allora lui si mette al centro. Insomma, noi non voghamo una riforma scritta dal pds, voghamo, ad esempio, qualche passo avanti reale sul federalismo e sul principio di sussidiarietà. Bisogna aprire al Nord...». Si va avanti, quindi. Del resto il percorso parlamentare è lungo, durerà un anno e nessuno se la sente di dire che è già tutto fatto, quando si è solo agli inizi. L'ottimismo si può professare solo in privato. «Un passo alla volta arriveremo fino in fondo», diceva ieri sera Massimo D'alema. Mentre Pierferdinando Casini sintetizzava così la giornata di ieri: «Io mi sono smarcato da Cossiga. Fini ha difeso le riforme e Berlusconi si è messo dentro l'accordo delle riforme ma in una posizione di forte contrattazione. Non si è capito? Ma voi sapete che è così». Eh sì, anche se Domenico Na- nia di An t. .sicuro che le riforme «stanno andando a ramengo», anche se Pinuccio Tatarella, capogruppo di An, si allontana da Berlusconi con la battuta «mi sembra di stare sul Titanico, clù ha firmato il patto della Bicamerale continua a crederci. «Certo ci sono toni diversi tra me e Berlusconi - spiegava ieri sera Gianfranco Fini - ma io penso che nessuno può permettersi il lusso di far saltare tutto. Il pessimismo di qualcuno dei miei? La strada è lunga ma nessuno deve farsi sviare dal ronzio di questi giorni. Quello è come il ronzio delle mosche chiuse in un bicchiere: c'è, ma non succede niente. Ci sarà qualche problema ma è superabile. E sono sicuro che la proposta uscita dal Parlamento non avrà nessun problema nel referendum. E' difficile che la gente possa votare perché le cose rimangano come adesso. Già il solo fatto che si riducano i deputati da 630 a 500 li mdurrà a votare a favore. E il referendum è mio solo, riguarda tutto il pacchetto». Augusto Minzolini Dopo l'intervento in aula si avvicina a D'Alema «Smusseremo le difficoltà» Il leader di An «Nessuno può permettersi il lusso di far saltare tutto» Da sinistra: il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi e il segretario del pds Massimo D'Alema In basso: il segretario del ppi Franco Marini RETROSCENA

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