D'Adamo conferma le accuse

D'Adamo conferma le accuse Udienza a Brescia. Il senatore: «E' duro accettare gli attacchi di uno che consideravo amico» D'Adamo conferma le accuse «Di Pietro mi disse: chiedi a Bacini» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Hanno tutta l'aria di detestarsi, ma comincia all'italiana, con una stretta di mano, l'incontro tra Antonio Di Pietro (l'accusato) e l'ingegner Antonio D'Adamo (l'accusatore) su al primo piano del tribunale di Brescia, ore 8,55, prima udienza a porte chiuse dell'incidente probatorio. Ipotesi d'accusa: corruzione. Roba pesante (perciò), ma non abbastanza da scalfire l'umore di Di Pietro che appoggia il borsone: «Una stretta di mano non si nega a nessuno». Una decina di ore di interrogatorio. Con scarsi brandelli di dichiarazioni. Dicono i legali di D'Adamo: «Il nostro cliente conferma tutte le accuse». Dice Dinoia, legale di Di Pietro: «Quello che sta ripetendo D'Adamo è molto divertente, anzi esilarante». Dice il legale di Francesco Pacini Battaglia, anche lui imputato, ma rimasto nel carcere di Opera: «D'Adamo? Tutti i bugiardi ripetono sempre le identiche cose per essere creduti». E infine dirà Di Pietro, all'uscita, con aria meno allegra: «Sono provato. E' duro accettare le accuse da mio che consideravo un amico». I due erano (davvero) amici. E la loro storia - diventata il contorno dell'accusa odierna - assai nota. Confessò D'Adamo: «In quegli anni, tra il '92 e il '94, consideravo Di Pietro uno degli uomini più potenti d'Italia. Pensavo che poteva venirmi utile». Si comportò di conseguenza. Prestiti, vestiti, appartamenti ni uso, più un telefonino e un'automobile (alla moglie), più svariate tenerezze e favori, più un testamento (destinato ai figli): «Se dovessi mancare - scrisse - ricorda¬ tevi dell'amico Di Pietro». Poi D'Adamo (che aveva bisogno di soldi per le sue aziende) diventò amico di Francesco Pacini Battaglia, il finanziere. «Di Pietro mi disse: chiedi a Pacini, troverai la porta aperta». Da Pacini Battaglia, D'Adamo incassò 12 miliardi e ai magistrati disse: «Una quota di quei soldi, 4,5 miliardi, avrei provveduto a metterli a disposizione di Di Pietro». E perché mai? Disse ancora D'Adamo: «La sostanza dell'accordo con Pacini prevedeva che in cambio dei soldi io avrei dovuto intercedere in suo favore presso Di Pietro». Il quale Di Pietro (sempre secondo D'Adamo) avrebbe provveduto a rallentare e poi cancellare le indagini su Pacini Battaglia. L'accordo - e dunque la corruzione - sarebbe passata attraverso la mediazione dell'avvocato Giuseppe Lucibello, amico di Di Pietro, legale di Pacini Battaglia. Il quale Pacini Battaglia, amico di Lucibello, si sarebbe coperto le spalle da Di Pietro attraverso il finanziamento a D'Adamo, amico di Di Pietro. Tutti i fili del gomitolo raddoppiano quando entra in scena Silvio Berlusconi. L'ondivago D'Adamo - che considerava anche Berlusconi uno degli uomini più potenti d'Italia - va a raccontargli tutta la storia, accomodandosi nel villone di Arcore. Il tecnico di Berlusconi registra, e il Cavaliere dirà ai magistrati: «Ho appreso particolari agghiaccianti su Di Pietro». Non li rivela, ma provvede a sollecitare telefonicamente D'Adamo: «Ingegnere siamo nelle sue mani». Partono le accuse. Di Pietro le respinge. I magistrati di Brescia ci vanno dentro, interrogano D'Adamo per 60 ore. «Il Giornale» pubblica i verbali degli inter¬ rogatori. Lucibello resta schierato con Di Pietro: «Quei soldi promessi sono una fesseria». Di Pietro resta schierato con Di Pietro: «Mai avuto né soldi né promesse. E' falso persino che io abbia in qualsiasi modo favorito Pacini Battaglia. Sono accuse ridicole». La storia transita e ritransita sui giornali. Ora nuovamente in tribunale. I personaggi passano (per l'ennesima volta) davanti a telecamere e taccuini. Hanno facce non tese, semmai di routine. Tranne Dinoia, assai combattivo, quando a metà pomerig¬ gio esce dal tribunale per la pausa caffè: «Io ho ima sola cosa da dire: perché Silvio Berlusconi non ha detto nulla su tutta questa vicenda, quando venne sentito il 19 dicembre del 1996 a Brescia in questo procedimento? Aveva anticipato di conoscere particolari agghiaccianti, aveva già rapporti con D'Adamo e lo aveva già registrato. Andate a vedere il verbale di quell'interrogatorio. Non vi è traccia di tutto questo. Ora gli chiedo pubblicamente: perché ha taciuto?». [p. ci 1 BH^B Antonio 1 e Antonio ieri a Brescia all'uscita del tribunale

Luoghi citati: Arcore, Brescia, Italia