Necci: «Nessuna tangente a dc e psi»
Necci: «Nessuna tangente a dc e psi» Interrogato a Milano l'ex amministratore delle Fs per il deposito dei treni «Fiorenza» Necci: «Nessuna tangente a dc e psi» Ma per il pm, con i3 miliardi, avrebbe accelerato i lavori MILANO. Lorenzo Necci, ex amministratore straordinario delle Ferrovie si difende e contrattacca: «Mai fatto nulla per favorire le imprese appaltatrici di Ferscalo Fiorenza; anzi ho fatto risparmiare l'ente». Rincarano la dose i suoi legali: «Qui si confonde una debolezza della famiglia, che ha avuto un prestito da Pacini Battaglia, con l'attività di manager di Necci che invece è sempre stata improntata alla trasparenza». Tutto questo ieri pomeriggio nell'ufficio del gip Maurizio Grigo, lo stesso che ha firmato contro Lorenzo Necci l'«obbligo di dimora» nella sua casa di Tarquinia, accogliendo la richiesta della procura milanese che accusa l'ex ammini- stratore delle Ferrovie di concorso in corruzione. Dello stesso reato sono accusati anche il banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia, i costruttori Luigi Rendo e Vincenzo Lodigiani e il faccendiere Roger Francis. Al centro dell'inchiesta l'appalto per il deposito di treni denominato «Fiorenza», che si trova alle porte di Milano. Secondo l'accusa le ditte che ottennero l'appalto pagarono miliardi di tangenti (per l'esattezza 3 miliardi e settecento milioni su sette miliardi promessi) a de e psi; le tangenti sarebbero passate attraverso la Karfinco, la banca di Pacini Battaglia. Necci in questo quadro avrebbe avuto il ruolo di «acceleratore» dei lavori, rimasti bloccati per alcuni anni: in particolare la procura lo accusa di aver inserito il contratto relativo a Ferscalo Fiorenza «nell'ambito di interventi considerati prioritari», di aver autorizzato «la rinegoziazione del contratto secondo modalità remunerative per le imprese» e di aver loro autorizzato anche «prestazioni diverse ed idteriori». Tutte accuse che Necci respinge. Spiegano infatti i suoi legali che l'amministratore delle Ferrovie si era trovato l'appalto di Ferscalo Fiorenza già in fase esecutiva e «non poteva certo disattendere le disposizioni del governo». Questa la loro linea difensiva: l'appalto era stato deciso sotto la gestione di Ludovico Ligato e dopo lo scandalo delle «lenzuola d'oro» era rimasto bloccato; era stato il predecessore di Necci, Mario Schimberni, a inserirlo poi tra i lavori urgenti ed era stato il governo di allora a rendere tutto esecutivo; Necci, arrivato a giugno '90, non poteva far altro che portare avanti quanto deciso. «Per di più - aggiungono gli avvocati - si erano già spesi 210 miliardi che, se non si finivano i lavori, sarebbero andati persi». E la rinegoziazione del contratto? C'è stata, è vero; ma secondo la difesa Necci in termini favorevoli alle Ferrovie. In quanto ai lavori in più (la costruzione dei binari) «erano necessari e darli alle stesse ditte era conveniente». Sulle tangenti ai partiti «Necci dicono i suoi avvocati - non sa nulla. Per quell'appalto comunque non ha ricevuto pressioni». Resta la questione del prestito avuto da Pacini (oltre un miliardo) ma quella era, secondo gli avvocati, solo una privata «debolezza» che serviva a mettere ordine in finanze disastrate ed è comunque un argomento «su cui indagano altre procure; questa inchiesta è un doppione». E ieri, nel carcere di Opera dove è detenuto, Pacini Battaglia si è sfogato col figlio: «Non so perchè sono qui: di sicuro non per una questione di traversine ferroviarie. Guarda caso, mi mettono dentro quando a Brescia c'è l'incidente probatorio su Di Pietro». L'interrogatorio di Necci è durato quasi quattro ore presenti anche i pm Ielo, De Pasquale e Nocerino; l'altro pm, Francesco Greco, era invece a Roma per interrogare Mario Lodigiani. [r.m.] Lorenzo Necci ex amministratore delegato delle Ferrovie
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