«Gli imbianchini» abbandonano la cooperativa

«Gli imbianchini» abbandonano la cooperativa II locale fu «inaugurato» da Berlinguer nell'80, Banana Yoshimoto è stata l'ultima cliente illustre «Gli imbianchini» abbandonano la cooperativa Il ristorante alle spalle della Gran Madre torna alle origini Da Enrico Berlinguer a Banana Yoshimoto. In mezzo, politici d'ogni colore (anche se la sinistra ha sempre avuto la maggioranza), giornalisti, intellettuali, attori, cantanti e naturalmente tanta gente comune. Berlinguer e Banana, segnano l'inizio e la fine di un'avventura (in un accostamento che nella sua casualità rimanda a epoche diverse sebbene non troppo lontane): quella del ristorante «Gli Imbianchini» con sede in un pezzo di città davvero carico di storia, la Cooperativa Borgo Po e Decoratori di via Lanfranchi 28, in un angolo di Torino che pur in mezzo alle case sembra già un po' campagna. <dnaugurato» da Berlinguer, dopo un comizio in piazza Vittorio, il 14 maggio 1980, il ristorante è stato frequentato negli anni da un numero incalcolabile di personalità. Alla rinfusa: Bertinotti, Occhetto, Pajetta, Novelli, Cossutta, Fassino ma anche Zanone e persino Martinat. E poi Mieli, Bocca, Mauro, Lerner, Mentana, Igor Man, Vatti- mo, Amerio, Agosti, pittori come Soffiantino, Casorati, Comencini, Tabusso. Ma anche De Gregori, Paolo Conte, Gigi Proietti, Dapporto, Rossi Stewart. Tutti arrivati col passaparola, perché de «Gli Imbianchini» sull'elenco telefonico non c'è traccia e le guide lo hanno scoperto solo negli ultimi tempi. Non si sa chi chiuderà l'irnmaginario corteo di personaggi, domenica 1 febbraio. Forse saranno gli amici di sempre, quelli che Cesare non riesce neanche a pensare come politici o artisti. Ma Banana, invitata dal Premio Grinzane pochi giorni fa insieme con gli altri ospiti del convegno sulle letterature d'Oriente, è stata certamente una delle ultime celebrità internazionali. Era un matrimonio che sembrava perfetto, quello tra Cesare Gandolfi, gestore e inventore de «Gli Imbianchini snc», chimico votato alla ristorazione, ex militante comunista «istigato» dal compagno G a passare dal laboratorio alla cucina, e la Cooperativa nata dalle ceneri di un'antica Società di Mutuo Soccorso. Poi, anni di catte bollate, udienze, avvocati. E infine il divorzio. «Affideremo il ristorante ad un'altra gestione - dice il presidente della Cooperativa, Umberto Capra - e ne faremo un posto dove i giovani possono andare a bere un bicchiere di vino e mangiare acciughe al verde a costi discreti, secondo la vecchia tradizione della Cooperativa. Continueremo ad allestire una mostra al mese e a dare servizi ai soci». Ma intanto da domenica «Gli Imbianchini», «quel» ristorante con quegli ambienti d'atmosfera, con «quella» gestione che aveva catturato il mondo intellettuale e politico, sparirà. «Il pei non ha mai voluto fare di questo posto una sede politica, ma nemmeno voleva che diventasse il circolo dei bancari: nell'80 il pericolo era stato quello», ricorda Gandolfi. E ricorda gli hùzi, da profani, il successo dovuto all'estate calda, ai tavoli all'aperto, alla topia con l'uva fragola. All'improvviso furono 80 coperti al giorno. Da allora tante cose sono cambiate, anche la cucina, con l'arrivo di Antioca, nel '90, ha cambiato un po' rotta. Oggi è tradizione piemontese preparata con materie prime pregiate, scovate qua e là tra Langhe e Monferrato, come i vini, di cui si occupa Danilo. Li ritroveremo da un'altra parte, forse nemmeno tanto lontani dalla Gran Madre, sempre forti di quella formidabile pubblicità che è il passaparola. Maria Teresa Martinengo SI CHIUDE UN'EPOCA I gestori del ristorante «Gli imbianchini» di via Lanfranchi Da febbraio apriranno un nuovo locale

Luoghi citati: Monferrato, Torino