La provocazione di Strehler

La provocazione di Strehler Il Nuovo Piccolo Teatro inaugurato da uno splendido «Così fan tutte» La provocazione di Strehler Tra opera e commedia non c'è differenza MILANO. Inaugurare il Nuovo Piccolo Teatro con un'opera lirica significava, evidentemente, per Strehler ribadire in modo quasi provocatorio il senso di tutto il suo lavoro di regista: dimostrare che non c'è differenza tra teatro di prosa e teatro musicale, che l'opera arriva con altri mezzi alla stessa profondità di messaggio normalmente riconosciuta al teatro della parola, che non si fa vera storia del teatro senza conoscere l'altro versante della drammaturgia occidentale e non si fa vera storia del melodramma senza tener conto dei modelli che il teatro di prosa ha offerto a librettisti e compositori. Opera e commedia sono dunque le due facce di una stessa medaglia e Mozart ne rappresenta la compenetrazione più profonda, sintesi suprema di ciò che la parola può esprimere col suo significato e di ciò che la musica può rappresentare andando oltre la precisione semantica. Di questo ecruilibrio tra dramma e musica Strehler era un trascrittore geniale e molte parti del «Così fan tutte», realizzato con intelligenza e discrezione da Carlo Battistoni, portano il suo marchio inconfondibile. Il progetto appare chiarissimo: «Così fan tutte» non è solo un gioco di maschere ma un discorso sull'instabilità dell'amore esposto in qualsiasi momento al rovesciamento delle attrazioni. Dunque c'è un'atmosfera morbida, sensuale, un erotismo lieve ma palpabile nella vaporosità dei costumi femminili, nella dolcezza delle luci: il fondale grigio diventa bianco, s'impolvera di azzurro, di giallo, di rosa, come ad avvolgere tutto in un'aura di voluttà e di abbandono, anche le nitide architetture bianche che Ezio Frigerio ha disegnato come quinte. Nel primo atto il lavoro di Strehler sugli attori doveva essere già molto avanti. Soprattutto Don Alfonso con le scarpe sporche, il costume liso, la sua aria da vecchio filosofo che tira i fui delle burle con tollerante scetticismo è nitido come una fotografia; e ancor più Despina che non è la solita, petulante servetta, ma una popolana, pienotta e geniale, disincantata e percorsa da una sana voglia di divertirsi. Formidabile la scena del suo travestimento da medico: il costume nero e i gesti enfatici da commedia dell'arte contrastano in modo dirompente con la vaporosità del contesto. Davvero Strehler aveva in mente un «Così fan tutte» diverso. Voleva dimostrare in modo nuovo che nello scambio delle coppie i sentimenti trovano la loro verità: e aveva pensato di risolvere il travestimento dei due ufficiali in un non-travestimento. Se Guglielmo e Ferrando sono rigidi nelle loro uniformi bianche e portano la parrucca, quando fingono di essere albanesi, venuti da un altro mondo, liberano il capo e le braccia, sono morbidi, quasi fernminei, eppur virilissimi nelle loro profferte amorose, con solo il volto dipinto all'orientale. Ma ci andavano ancora venti giorni di prove per chiarire e realizzare tutto questo in gesti e figure. Perciò la prima metà del secondo atto, quando avviene la seduzione, è lasciata quasi in bianco dal regista Battistoni, specie nelle quattro arie consecutive, davvero statiche; mentre nel finale la mano di Strehler è di nuovo visibile: la tovaglia che fa da veste ai personaggi, il semicerchio di candele, le luci dorate, la vaporosa malinconia... L'esecuzione musicale è buona. Ion Marin dirige l'orchestra Verdi con eleganza e morbidezza. Le voci giovanissime di Eteri Gvazava (Fiordiligi), Teresa Gullen (Dorabella), Jonas Kaufman (Ferrando), Nicolas Rivenq (Guglielmo), Alfonso Echeverria (Don Alfonso) formano un cast non strepitoso ma omogeneo da cui spicca la notevolissima Despina di Soraya Chaves. Il libretto di Da Ponte ha subito alcune accettabili modifiche atte a far capire meglio le situazioni; preziosa, poi, l'occasione di ascoltare l'aria di Guglielmo «Rivolgete a lui lo sguardo» (al posto di «Non siate ritrosi») che dà modo ai cantanti di esibirsi in una scena mimata e danzata a due di straordinaria vivacità. Paolo Gallarati Una scena di «Così fan tutte»: la regia è stata ultimata da Carlo Battistoni Giorgio Strehler. Mozart in «Così fan tutte» rappresenta opera e commedia nella loro unione più profonda, sintesi di parola e musica che va oltre la precisione drammatica

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