Un tè nel deserto dell'Algeria. Un museo per Sandokan

Un tè nel deserto dell'Algeria. Un museo per Sandokan LETTERE AL GIORNALE Un tè nel deserto dell'Algeria. Un museo per Sandokan L'uomo che mi insegnò a ascoltare il vento Ogni volta che le immagini di un telegiornale ci informano sui continui e feroci massacri in Algeria, la mia mente va all'estate del 1993, quando mi recai in quel Paese per turismo. Fu un viaggio per me importante, conobbi persone che non dimenticherò mai, per tutto quello che di buono mi hanno comunicato. Bouduaf era un uomo che amava l'isolamento del deserto più di ogni altra cosa. M'insegnò ad ascoltare il vento, a conoscere le stelle e soprattutto a guardare un po' più dentro me stesso. Aveva una casa, ma dormiva all'aperto, amava addormentarsi scrutando il cielo. Le stelle, mi diceva, sono l'ultima cosa che voglio vedere prima di abbandonarmi al sonno. L'anziana Zouleima, ricordo perfettamente il nostro incontro, che fu breve ma intenso; mi affacciai sull'uscio della sua abitazione, la vidi mentre preparava il tè alla menta. Istintivamente, me ne porse un bicchiere. Con il mio francese stentato le feci capire che mai avevo bevuto un tè così buono. Allora la vidi andare nell'orto e tornare subito dopo con un sacchetto pieno di menta. Mi porse inoltre il suo indirizzo scritto su un pezzo di carta e mi invitò a scriverle ogni volta che l'avessi esaurita. Abdel Atif insegnava in una scuola elementare di El-Golca. Faceva una vita di privazioni per potersi permettere almeno una volta ogni tre anni un pellegrinaggio alla Mecca. Non saltava mai una preghiera. Con ammirazione lo vedevo pregare. Ricordo che una volta mi ringraziò per averlo osservato in silenzio. Mi piaceva discorrere con lui. Mi spiegò tante cose della sua cultura e dell'Islam che, mi ripeteva, significa pace. Soffro a pensare che gente come Bouduaf, Zouleima, Abdel Atif e molti altri che non ho citato vivano nell'angoscia. Penso che occorrerebbe fare qualcosa, e farlo subito. Ma intanto la televisione impietosamente continua... 412 persone tra cui donne e bambini decapitate e mutilate nel circondario di Relizane... Altre 16 persone sgozzate a un falso posto di blocco a Sud di Algeri... Mi domando se tutto questo è Islam. Renato Puglisi Torino Le proteste degli agricoltori Sono rimasto alquanto scosso dalle notizie riportate dalla Stampa sulle proteste degli agricoltori in Italia. Oggi poi si è sentito che il presidente del Consiglio, signor Prodi, ha ceduto alle loro richieste. Ciononostante loro continuano con i blocchi delle strade e delle ferrovie. Una cosa i signori allevatori dovrebbero sapere, che proteste fatte così come le stanno facendo loro, non sarebbero consentite in nessuna parte dell'Europa. Un blocco di una strada o quello di una ferrovia, con la sene di conseguenze che ne derivano, è un reato. Se l'Italia vuole entrare in Europa, e di questo ne sono certo, deve anche adeguarsi in queste faccende, rispettando anche il diritto altrui. Giovanni Darocca Langen (Bit) Torino non può dimenticare Salgari Mi riferisco alla lettera pubblicata sulla Stampa il 13 gennaio, con la quale il sig. Luciano Ratto lancia un appello per l'apertura a Torino di un museo da dedicare allo scrittore Emilio Salgari (1862-1911), autore di 82 romanzi e più numerosi racconti brevi, le cui trame avventurose dilagano travolgenti, senza limiti di spazio e di tempo, dalle coste del Mediterraneo ai quattro continenti extraeuropei, dalla storia antica, come Le figlie dei Faraoni o Cartagine in fiamme (spunto per la trama del primo colossal cinematografico Cabiria), alle intuizioni del futuro, come Le meraviglie del Duemila. Per motivare il suo appello il sig. Ratto ci ricorda che Salgari, nativo di Verona, scelse di svolgere gli ultimi 18 anni della sua febbrile attività proprio a Torino, dove (dice la sua lettera) «esisteva anni fa un piccolo museo... il cui materiale non è andato disperso e potrebbe essere recuperato». Cita anche l'articolo apparso il 5 gennaio sulla Stampa, con cui Nico Orengo ha fatto notare che ricorre quest'anno il centenario della prima edizione del Corsaro Nero, figura che continua ad affascinare un gran numero di giovani lettori. Altrettanto fascino emana dal leggendario Sandokan, la cui fama si è spar¬ sa in tutto il mondo con il film di Sollima interpretato da Kabir Bedi. Va qui precisato che molti romanzi furono tradotti in varie lingue poco dopo la loro pubblicazione. L'appello del sig. Ratto merita di essere sostenuto con vigore. In una città ricca di fermenti culturali come Torino la sua proposta dovrebbe essere attuata senza indugio, e ciò in vista delle celebrazioni di fine secolo, questa volta di fine millennio, occasione non eludibile se si vuol valorizzare avvenimenti e personaggi che abbiano lasciato qualche chiaro segno di non effimera vitalità. Torino non può, non deve ignorare un segnale così forte per una maggiore attenzione verso un passato che le appartiene. A lei Salgari aveva dedicato le pagine fresche e vivaci della sua «Bohème italiana». Se non sarà possibile riaprire il museo realizzato qualche anno fa dal solerte dr. Giuseppe Motta (ho potuto visitarlo in via Bidone, nel Palazzo Scuole Officine Serali), sarà certamente possibile - come suggerisce il sig. Ratto - trovare all'interno di un museo di storia civica imo spazio adeguato, in cui mantenere vivo il ricordo di un notevole scrittore, capace di farsi amare per più di un secolo da milioni di lettori. Sandro Alessandroni Jesi (Ancona) L'embargo a Cuba è solo americano In occasione della visita del Papa a Cuba, sul problema embargo Clinton ha detto: l'embargo resta, è una legge americana, non si tocca. Bene, se è una legge americana non vincola altri Paesi a osservarla! Il mondo non è un feudo degli Stati Uniti per condizionarne le politiche. Affamare Stati sovrani, Cuba, Iraq e altri è il rovescio della medaglia propagandistica americana sui diritti civili e la so- vranità degli Stati. La politica americana nei confronti degli altri Paesi è un'ingerenza indebita che non le dà nessun diritto. L'elefante ha paura del topolino? La difesa dei diritti civili di Clinton, che ne pretende il rispetto in casa d'altri, di contro ne calpesta con l'embargo quelli di altri Paesi facendo morire di inedia donne, vecchi e bambini, è falsa: Cuba, Iraq e Libia. Ammiro il popolo americano, ma non approvo la sua politica di ingerenza in casa d'altri. Dov'è la morale? Enzo Carteny Strambino (To) Per ottenere l'estradizione di Craxi Bettino Craxi, che oramai ha accumulato condanne in giudicato per più di venti anni di reclusione, vive indisturbato al sole della Tunisia. Tutti sanno dove si trova, molti conoscono addirittura il suo numero telefonico. Di fatto, Craxi è un latitante, oltre a essere un pregiudicato per reati a dir poco odiosi, perpetrati dopo aver carpito la buona fede degli elettori. Governo Prodi, sveglia! Ci vuol molto a predisporre ima bella e motivata richiesta di estradizione? Costa tanta fatica premere sulle autorità tunisine per ottenere prima l'arresto, poi la consegna, di Bettino Craxi? Basta volerlo. Craxi in libertà è un insulto alla Giustizia. Paolo Andrea Bacchi Mellini Verbania bacchi@verbania.alpcom.it /LA ''Via Marenco 32, 10126 TORINO " fax 011 -6568924 I e-mail lettere @ lastampa.it !