L'ultimo show del camaleonte di Francesco La Licata

L'ultimo show del camaleonte L'ultimo show del camaleonte Da teste-bomba a uomo vinto e angosciato METAMORFOSI DB BALDUCCIO IRRICONOSCIBILE, Balduccio. Dov'è finito il teste-bomba che ha portato in un'aula di Tribunale il racconto di un bacio che - nel nostro immaginario collettivo - non ha nulla da invidiare alle cronache delle presunte jtf^rmaces erotiche di Clinton? Dove cercare il temibile boss che, per vendetta mafiosa oppure per soldi (perchè no?), ha consegnato allo Stato la testa del pericolo numero uno di Cosa Nostra, Totò Riina? Seduto davanti al presidente Francesco Ingargiola, «nudo» per aver rifiutato la protezione del paravento che tutela la fisionomia dei collaboratori, Balduccio Di Maggio sembra proprio un piccolo uomo devastato dalla vita. Il giubbotto di pelle marrone su una maglietta nera con cappuccio che gli serve per coprirsi il volto durante gli spostamenti, i blue jeans celesti, i capelli corti, la barba di una settimana, Balduccio dà l'impressione di stare accasciato, più che seduto, sulla poltrona «microfonata». Risponde alle domande con un filo di voce, sembra confuso. Il peso del futuro, molto più che incerto, gli piega la volontà di reagire. Parla coi pubblici ministeri, ma il feeling non è quello di una volta. Ha deluso, Balduccio. Come perdonargli di essere tornato mafioso, senza alcun motivo che non fosse quello di abbandonarsi ad una stupida vendetta personale? Proprio lui, che aveva avuto soldi, libertà e garanzie per il futuro. Deve averlo capito, anche se tardi, di aver sbagliato. Balduccio non è più lui. L'uomo che abbiamo visto in aula è un vinto, è un tonno nella rete. Non è entrato nell'argomento personale, ma la sua faccia, le braccia abbandonate sulle gambe, la testa leggermente reclinata sulla spalla destra, l'abulia, l'assenza di memoria, il tono delle risposte, incerte, evasive, tutto lascia trasparire l'angoscia di un uomo che annaspa. Anche quando chiede di poter dialogare coi giudici «a viso aperto», cioè senza il separé, non ha grinta. Tanto da lasciare un dubbio: perchè si avventura in quest'altra mossa che si presta a tante interpretazioni? Vuol ripetere il «colpo di teatro» di Buscetta e Brusca, primi a rifiutare il paravento? No, non era una smargiassata. Balduccio offre il suo volto all'aula perchè sa di non aver più nulla da sperare. Sa che non tornerà libero, sa che nella cella di un carcere differenziato è perfettamente inutile nascondere le proprie sembianze. Se arriva il killer, è quello che va a colpo sicuro, non è l'inviato di Cosa Nostra che per ucciderti deve conoscere il tuo volto. Ma allora perchè Balduccio ha rifiutato le telecamere? Una precauzione, ma non per sé. Di Maggio protegge la sua donna, i suoi figli. Qualcuno potrebbe associarlo ai familiari coi quali può averlo notato in passato e la vendetta, si sa, non tiene conto di donne e bambini. E' sembrato un uomo rassegnato, Di Maggio. Eppure la sua chance, l'aveva avuta. Nato e cresciuto in un paese - San Giuseppe Jato - con la mafia nel dna, era riuscito a sfuggire alla condanna a morte inflittagli da Totò Riina e da Giovanni Brusca. Legatissimo alla sua compagna, Balduccio scelse la via della collaborazione proprio per garantirle un futuro. La cattura di Riina gli fruttò mezzo miliardo e la libertà. Era un uomo rinato. Oggi, come in una favola dal finale triste, Balduccio non è più mafioso, non è più collaboratore e sta in carcere, lui che in vita sua questo trauma era riuscito ad evitarlo. Sarà per questo che ieri, giustificandosi per lo stato confusionale, ha detto con un filo di voce: «Sto male, è da tre mesi e mezzo che non vedo la luce del sole». Già, Balduccio sta in carcere dal 14 ottobre, giorno in cui messo alle strette dalla Procura di Palermo - confessò di aver rimesso in piedi la vecchia «famiglia» e di aver eliminato alcuni uomini del suo nemico giurato, quel Giovanni Brusca che - ironia della sorte - invece si avvia - seppure con difficoltà - ad entrare nella schiera dei collaboratori. Incauto, Balduccio, vinto dal destino, dalla impossibilità di cambiare. E ieri mattina, raccontando la trama che lo ha avvolto, prima e dopo il suo ultimo «scivolone», ha cercato di riaccendere l'interesse sulla sua persona. Ha parlato di manovre per indurlo a ritrattare, di miliardi offertigli da ex democristiani e «spioni» incontrati negli auogrill, come facevano anticamente i veri mafiosi. Ha convinto? Non sappiamo quale sia stato l'impatto col Tribunale, anche perché stamattina dovrà rispondere alle centinaia di contestazioni della difesa di Andreotti. E' impressionante, però, l'immagine che ha dato di sé. Un uomo venale, «a disposizione» di chiunque abbia qualcosa da offrirgli. «A disposizione» dell'aw. Vito Ganci che - a suo dire - si premuiùsce da eventuali accuse del «dichiarante» Giovanni Brusca e poi gli fa intendere che se ritratta su Andreotti ne ricaverà soldi, tanti soldi. «A disposizione» di Baldassarre Migliore che gli propone suppergiù lo stesso inghippo. «A disposizione» di oscuri figuri presentatigli - dice - da Ganci. Cosa non si fa per i piccioli. Eppure, malgrado tutto, Balduccio non ha abbandonato completamente l'idea di giocare. Con assoluta disinvoltura ha detto di aver collaborato con le forze dell'ordine per far arrestare Giovanni Brusca. Anzi, per cercare di farlo uscire allo scoperto «abbiamo fatto attentati contro i suoi amici a San Giuseppe Jato». Abbiamo chi? Ma questa domanda non gli è stata fatta. Francesco La Licata Non è più mafioso né collaboratore Rifiuta il paravento, ma non ha grinta Con un filo di voce nel microfono «Da 3 mesi e mezzo non vedo il sole»

Luoghi citati: San Giuseppe Jato