Due killer per un italiano a Tirana di Foto Ap

Due killer per un italiano a Tirana Imprenditore, ventiquattro anni, assassinato per rubare i venti milioni delle paghe Due killer per un italiano a Tirana I criminali lo affrontano con il Kalashnikov Lui resiste: lo freddano. Ricercati due zingari TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Un imprenditore italiano, poco più di un ragazzo, assassinato col Kalashnikov per prendergli i soldi. E ora forse qualcuno, qui a Tirana, si affannerà a dire che in fondo si tratta solo di statistica. Una rapina finita male: sarebbe potuto accadere a Rio de Janeiro come a Torino o ad Amburgo. «E' vero, poteva accadere ovunque. Ma non basta per farci andare via», dice Roberto Simioni, di Vicenza, industriale tessile. I conti si tireranno alla fine del mese, si saprà allora se questo ragazzo assassinato rientra nel numero fisiologico degli uccisi in Albania. Stefano Rossi di Giulianova (Teramo), 24 anni, aveva messo su uno stabilimento per la fabbricazione di tomaie. Niente di straordinario, 60 dipendenti, un capannone dalle mura che paiono sfarinarsi al primo vento, coi vetri rotti e il cancello arrugginito al Kombinat, che è un quartiere dove una dopo l'altra sono morte le grandi filande che tessevano stoffe improponibili al tempo dell'inferno rosso di Enver Hoxha: ora gli immensi capannoni sono abitati soltanto da furore e disperazione. E' qui, sulla strada che porta a Durazzo e al mare, che fra il 13 e il 14 marzo dell'anno scorso esplose il rogo che per poco non inghiottì Tirana ed è qui, in un perimetro ributtante chiamato Selite che racchiude catapecchie e strade disastrate, che due famiglie si contendono un primato feroce: per quella faida l'altra settimana si è chiusa con tre morti ammazzati, questa si è aperta con due e chissà quale sarà la conclusione. Ma per tentare di metter su un'impresa, va bene anche il Kombinat con tutti i suoi rischi e le sue minacce, e le sue giornate ^terminabili e le sue notti cariche di paura. Rossi era uno fra quelli che avevano deciso di non mollare, che avevano creduto alle parole dei politici di qui, che si erano rimboccati le maniche, convinti che alla fine l'avrebbero spuntata. E invece gli hanno teso un agguato, volevano il suo denaro e gli hanno sparato prima ancora di chiederglielo. Un colpo di Kalashnikov e l'avventura di Rossi si è conclusa sulla strada sconnessa che porta verso il mare eppoi Lamerica. Gli assassini sarebbero due fratelli, nomadi Rom, di cui la polizia conoscerebbe i nomi. Di più, per pubblicizzare una assai supposta ritrovata efficienza, si fa circolare la notizia che prima dell'alba li prenderanno. Del resto, i Rom sembrano perfetti, come assassini: Yzberisht, il loro quartiere, è impenetrabile, abituati al contrabbando fin dal tempo della dittatura comunista, quando vendevano nelle vie di Tirana giradischi e scarpe da ginnastica portate oltre il «muro» da marinai e camionisti. Eppoi, hanno ripetuto sui giornali di qui, sarebbero legati alla Turchia e ai suoi servizi segreti, disposti a tutto, pur di seminare lutti e incertezza. Ieri era giorno di paga. Gli operai aspettavano quegli stipendi smilzi ma sicuri, ci contavano. Di buon'ora Rossi è uscito da casa, che è vicino alla fornace del vetro. E' andato in banca, come sempre, quando scocca il mese, e ha ritirato il denaro, venti milioni. Poi, pare, ha fatto tappa nei pressi della piazza Austria, quella dove sorge la sede del partito socialista e dove prosperano i cambiavalute. Difficile pensare che i banditi lo abbiano individuato mentre faceva le sue operazioni, più facile che il piano, semplice e brutale, sia stato preparato proprio con infor- inazioni raccolte dalla fabbrica. Non era un grande piano, ma aveva previsto che quel ragazzo poteva anche reagire. Così lo hanno bloccato e gli hanno spianato il Kalashnikov sotto il naso. Ma Rossi non ha avuto paura, quei denari non soltanto se li era sudati lui, ma anche i suoi operai e a loro li doveva. I banditi non hanno aspettato. Poi, arraffate le banconote, sono fuggiti mollando il Kalashnikov e due bombe a mano, li hanno visti, l'allarme è stato repentino, qualcuno ha pure telefonato al «19», il pronto intervento organizzato dai poliziotti e dai carabinieri che lavorano per rimettere insieme i cocci della pohzia albanese. La gente avrebbe fornito informazioni precise, e così è scattata la caccia a Nazmi e Avdi Hvdjllari, perché, insistono alla polizia, gli assassini sono i due Rom. E chi mai potrà smentire? Vincenzo lessandosi L'auto di Stefano Rossi dopo il delitto e nella foto piccola l'imprenditore italiano ucciso a Tirana [foto ap]

Persone citate: Enver Hoxha, Nazmi, Roberto Simioni, Rossi, Stefano Rossi