«E' vero, registravo tutto Ma per scovare una talpa»

«E' vero, registravo tutto Ma per scovare una talpa» «E' vero, registravo tutto Ma per scovare una talpa» INTERVISTA LO 007 Di ARCORE AMILANO dirla tutta, questa cassetta inizialmente pensavamo di cestinarla, ma poi le cose che venivano dette erano talmente importanti che abbiamo preferito consegnarla ai magistrati di Brescia». Roberto Gasparoni, 42 anni, dipendente Mediaset dal 1984, non è tipo che si fa pregare: «Sì, è vero, ho consegnato io la cassetta con la registrazione di D'Adamo alla procura di Brescia». Anche se adesso Gasparotti è un po' preoccupato da tutto il clamore sollevato dalla lettera di Antonio Di Pietro per le registrazioni «pirata» che tra l'ottobre e il novembre '96 realizzò su ordine di Berlusconi nelle case di Roma e Arcore del Cavaliere. Scusi Gasparotti, ma come è nato questo suo incarico di «007 di Arcore»? «Noo, ma quale 007? Io lavoro da anni con il dottore, sono il suo operatore personale, insomma lo seguo ovunque perché ho il compito di fumarlo, poi mi occupo di tenere l'archivio fotografico e di altre cose...». Anche di registrazioni, pare. «Beh, quella è una storia diversa. A un certo punto il dottore pensava che tra le persone dello staff ci fosse qualcuno che facesse la talpa, passasse cioè notizie riservate ai giornalisti. Eravamo tutti in allarme, così a me è venuta questa idea e gliene ho parlato: dottore, perché non proviamo a mettere dei registratori nelle stanze?». Quali stanze, scusi? «Stanze diverse delle sue abitazioni di Arcore e Roma. Guardi, per me più vuote erano meglio andava, sa, per la registrazione...». La registrazione delle confidenze di D'Adamo com'è andata? «Niente di speciale: una sera riascoltando le cassette ho sentito le cose che diceva D'Adamo e ne sono rimasto colpito perché parlava di Di Pietro. Il discorso era molto più ampio dell'incisione che ho portato a Brescia. Perché le cassette che utilizzavo erano quelle da 40-45 minuti. Ma dato che tutta la discussione non m'interessava mi sono tenuto gli spezzoni e li ho rimontati su un'altra cassetta, il tutto a quel punto durava pochi minuti». E ha fatto tutto da solo, senza dire niente a Berlusconi che in fondo era l'altro interlocutore di D'Adamo? «Adesso non ricordo molto bene, comunque poi ne ho parlato anche con lui, sicuro». Come funzionava il meccanismo delle registrazioni? «Una cosa semplicissima: un paio di registratori, di quelli che entrano in funzione automaticamente quando ci sono dei rumori. Io piazzavo i radiomicrofoni in giro, poi nel tempo libero, magari quando finivo di lavorare, tornavo lì e ascoltavo». Cioè entrava nelle abitazioni di Berlusconi e ascoltava in loco le registrazioni della giornata? «Si, è così. Magari non tutti i giorni. Però era un compito che potevo svolgere bene perché dovendo seguire il dottore mi spostavo con lui avanti e indietro da Roma a Milano, così potevo cam¬ biare i registratori e le cassette». E quanto è andata avanti questa storia? «Sarà durata una settimana, dieci giorni, non di più». Scusi, e la «talpa»? Una settimana non è poco per individuarla? «Lo so, ma dopo un po' ho preferito lasciar perdere». E lo ha detto al Cavaliere? «Cosa? Che smettevo di registrare? Non so, non ricordo se l'ho detto al dottore». Non ha mai pensato che quanto stava facendo poteva essere illegale? «Ma no, io stavo solo cercando di scoprire se qualcuno usava i telefoni di casa o se entrava nella stanza del presidente. Cosa c'era di male?». [p. col.] Un nastro delle registrazioni segrete è stato consegnato ai giudici di Brescia Oggi faccia a faccia davanti al gip tra D'Adamo e il neo senatore j I I Silvio Berlusconi mostra la microspia scoperta in casa sua nell'ottobre del '96 A destra: Antonio Di Pietro