«Nessuno dica che era un trucco» di Massimo Giannini
«Nessuno dica che era un trucco» «Nessuno dica che era un trucco» Ciampi: niente drammi, noi siamo in regola IL MINISTRO DEL TESORO VROMA A bene, va tutto bene... Non c'è verso, neanche di fronte ad una bocciatura insidiosa come quella di Eurostat sull'operazione della vendita di oro tra Uic e Banca d'Italia, di «estorcere» al ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi una reazione stizzita, un'espressione preoccupata. «L'ho già detto, e lo ripeto: per noi, dopo questa decisione dell'Ufficio statistico della Unione europea, non cambia niente: porteremo quei 3 mila e passa miliardi a debito su quest'anno, e non ne terremo conto ai fini dell'indebitamento del '97. Ma il risultato finale non si modifica: avevo detto che saremmo rimasti al di sotto del 3% nel rapporto deficit/Pil, e così sarà anche adesso, nonostante la decisione di Eurostat». E' stata una bocciatura largamente annunciata, ministro Ciampi, no? «I giornali ne hanno parlato in questi giorni, io ho appreso l'orientamento di Eurostat dai giornali. Nel merito vale il giudizio che hanno già dato sia l'Ufficio italiano cambi che l'Istat: è una decisione sconcertante». Allora non se l'aspettava? «Eurostat ha giudicato secondo una valutazione di ordine giuridico, relativa alla natura di istituzioni come appunto l'Uic e la Banca d'Italia. Noi abbiamo fatto le nostre controdeduzioni, spiegando che per noi si tratta di organismi del tutto autonomi dal governo, che non prendono ordini né sono gestiti dal governo. Loro evidentemente hanno mantenuto il proprio orientamento. E capisco anche il perché...». Anche lei, come del resto ha riconosciuto lo stesso Franchet, è convinto che abbiano pesato pressioni politiche? «Il fatto è che Eurostat, a ottobrenovembre dell'anno scorso, aveva bocciato altre operazioni sull'oro, per esempio quelle della Germania. Che erano di tutt'altro genere, nel senso che si trattava di vere e proprie rivalutazioni delle riserve auree della banca centrale tedesca, mentre nel nostro caso si è trattato di una normalissima transazione finanziaria tra due istituzioni, lo ripeto, del tutto autonome e indipendenti. Ma deve aver agito, come dire, una sorta di par condicio». E adesso cosa succede? La preoccupa questo fatto? «A livello di bilancio, come ho già detto, non cambia nulla. Anzi, per noi questa giornata porta una buona notizia: l'ha detta lo stesso Franchet, dell'Eurostat: anche a prescindere dall'operazione sull'oro, il deficit italiano in rapporto al Pil è pari al 2,85%, e questo conferma la mia previsione. Non ho mai anticipato una cifra precisa, ho sempre detto che non avremmo superato il 3%. Si rilegga il comunicato del Tesoro del 2 gennaio, o il mio intervento all'Abi della settimana scorsa: non ho venduto la pelle dell'orso, prima di averlo catturato». Ma non è una sconfessione per noi, non saremo accusati di aver tentato la scorciatoia dei trucchi contabili? «Questo è l'aspetto che mi dà veramente fastidio. Il fatto che si pensi a un trucco, a una scorrettezza compiuta dal governo italiano». Si metta nei panni dei ragionieri di Bruxelles... «Il problema non è Eurostat, che non infatti non promuove né boccia nessuno, si limita semplicemente a dare indicazioni sulle classificazioni contabili all'Istat, tutto qui. Ma non sarebbe accettabile se vi fosse qualcuno che prendendo come pretesto questa vicenda dell'oro, che è regolarissima sul piano giuridico, avanzasse dubbi sulla correttezza e sulla validità del nostro risanamento». Ci sarà, questo qualcuno? «Io sto ai fatti. Per me un fatto è l'Ecofin di due settimane fa: per me un fatto è il documento della Commissione approvato quel giorno, che dice chiaramente che l'Italia ha fatto le riforme strutturali, si sta muovendo in piena sintonia col piano di convergenza, ed ha ottime prospettive di crescita». Ma ha anche il problema del debito pubblico. «Certo, ma lo voghamo scoprire oggi? E comunque si guardi il documento dei 4, il testo di Draghi, Saccomanni, Vattani e Nigido, sull'attuazione della convergenza: lì si vede che il nostro risanamento è perfettamente sostenibile nel tempo. Si vede che il debito non è un peso insopportabile, per le nostre spalle, ma si allega 3risce con gli anni, è assolutamente gestibile. Questa storia del debito mi ricorda le mie discussioni con Eugenio Scalfari, quindici anni fa, quando ancora era forte l'impulso di Bruno Visentini». E lei cosa diceva a Scalfari? «Io dicevo già allora quello che dico oggi: il debito è una questione del popolo italiano, che si può gestire e ridurre attraverso gli strumenti del mercato. Oggi c'è una differenza sostanziale, oltre tutto: allora dilagava il disavanzo, oggi abbiamo invece un avanzo primario altissimo, che vuol dire aver già modificato i comportamenti di spesa nella finanza pubblica: se fai un avanzo primario riguadagni il merito di credito sui mercati, se riguadagni il merito di credito paghi meno interessi, se paghi meno interessi aumenti o mantieni l'avanzo, e così via, col circolo virtuoso. Anche per questo dico che mantenere nei prossimi anni l'avanzo primario oltre il 5% del Pil è alla nostra portata». Cosa direte oggi, nel viaggio con Prodi, Veltroni e Dini, alla Commissione europea, per convincerli di tutto questo? «Guardi che non dobbiamo convincere nessuno, a Bruxelles. Loro sono già convinti delle cose che le sto dicendo: altrimenti non avrebbero approvato, due settimane fa, il nostro piano di convergenza». Ma se dovesse servire siete pronti davvero ad usare l'arma della riclassificazione dei contributi previdenziali? «Vedremo. Ma non credo ce ne sarà bisogno: il nostro dovere l'abbiamo già fatto. E continueremo a farlo fino in fondo». Massimo Giannini «Riclassifìcare i contributi Inps? Io sono convinto che alla fine non ce ne sarà bisogno»
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