Torturato l'amante gay del mafioso

Torturato l'amante gay del mafioso Locri, il giovane frequentava il padre di uno degli aggressori. Anche una donna tra gli aguzzini Torturato l'amante gay del mafioso «Disonori il clan», una notte di sevizie LOCRI. Lo hanno picchiato, legato, terrorizzato perché è gay e aveva da qualche mese una relazione con un familiare di un clan di Africo, un sessantacinquenne padre di uno degli aguzzini. E' la legge della 'ndrangheta, che vieta i rapporti omosessuali e li punisce con crudeltà, a volte persino con la morte. Una vicenda che risale a qualche settimana fa, ma sulla quale soltanto ora, dopo difficili indagini (l'omertà cala su episodi ben più marginali) i carabinieri di Bianco hanno fatto luce, arrestando due persone di cui hanno reso note soltanto le iniziali, F. M. e N. P.. Tre i denunciati, tra i quali una donna. Gli arrestati hanno entrambi 35 anni. Le accuse per loro sono pesantissime e definiscono solo ciò che materialmente hanno fatto (sequestro di persona, tentativo d'omicidio, lesioni aggravate, minacce a mano armata), ma non certo ciò che ha subito, psicologicamente, il ragazzo contro cui hanno scaricato la loro rabbia. Ha vent'anni, vive ad Africo Nuovo, un paesino alle falde dell'Aspromonte, aspro come la sua gente, quegli «africoti» che Corrado Alvaro descrisse con tratti di penna crudi e crudeli insieme. Africo è un paese di 'ndrangheta, perché di Africo erano e sono uomini di rispetto, sentiti, ascoltati e temuti. Ad Africo non si può che essere «uomini». Lui non lo è e cerca amicizia. La trova in un pensionato che comincia a frequentare, negli ultimi mesi sempre più spesso. E' sera quando arriva a casa dell'anziano, per un nuovo appuntamento. Ma ad aspettarlo lui non c'è. Ci sono invece alcuni parenti del pensionato. Lo caricano in auto e lo portano in campagna, lungo il greto del fiume La Verde. Due, in particolare, si accaniscono su di lui. Lo picchiano, lo schiaffeggiano, gli puntano ima pistola alla testa. Poi gli legano mani e piedi, lo colpiscono di nuovo alla schiena e alle gambe, questa volta con bastoni. Gli intimano di troncare quella relazione, di lasciare stare il pensionato, perché «l'onore» del clan non lo permette. Poi gli dicono che è libero. Con un colpo di coltello tagliano le corde che gli serrano gambe e mani. Vai, e ricordati quello che ti abbiamo detto, gli sussurrano. Il ragazzo comincia a camminare, poi a correre. Ma il gioco crudele non è finito. Quando è lontano solo pochi metri i due aguzzini gli sparano alcuni colpi cu pistola, che vanno a vuoto, forse volontariamente, forse solo per incutergli ancora più terrore. Poi lo riprendono, lo trascinano fino a un ponte che, alto, scavalca il fiume. Lo tengono per le caviglie e lo fanno penzolare nel vuoto. Il ragazzo piange, chiede pietà, lo caricano nuovamente in automobile. Lo portano in una casupola e quindi ancora botte, poi una corda gli serra il collo. Da dietro cominciano a stringere, aiutandosi con un le- gno. E' una garrota che si ferma un istante prima della morte. Lo picchiano ancora e poi lo riportano in campagna, dove lo legano a un albero con del fil di ferro e lo abbandonano nella notte. Riesce a liberarsi e a raggiungere la strada dove un automobilista lo soccorre. Il ragazzo è stato per settimane combattuto tra la paura e la voglia di raccontare tutto. Poi ha scelto il rispetto verso se stesso ed è andato dai carabinieri: «Ho una storia da raccontarvi». Secondo alcuni studiosi il termine 'ndrangheta ha una etimologia che riporta al greco «andros». 'Ndrangheta, quindi, sarebbe la sottolineatura della mascolinità, dell'essere maschio. E per sottolineare questa connotazione la mafia calabreI se, da sempre calata nella sa¬ cralità dei gesti e degli esempi, ha scelto come suo simbolo San Giorgio, descritto come un prode cavaliere che, in sella al suo destriero, inchioda con la sua lancia un drago. Per questo, da sempre, nella 'ndrangheta non c'è posto per gli omosessuali, quelli che (riprendendo quello che scrisse Leonardo Sciascia) nella scala della considerazione stanno ancora più in basso dei «quaquaraquà». Una barriera che esclude i gay, ma che non ammette nemmeno che essi si possano accostare agli uomini delle cosche, per non inquinarli, per non farsi magari sfottere da qualche rivale in una società in cui si può morire anche per molto meno. Diego Minuti La vittima è stata legata, picchiata e sospesa da un ponte su un fiume La punizione fa parte delle sanguinose leggi della 'ndrangheta in difesa dell'onore

Persone citate: Corrado Alvaro, Diego Minuti, La Verde, Leonardo Sciascia

Luoghi citati: Africo, Locri