IL MARCHIO di Paolo Passarini

IL MARCHIO DALLA PRIMA PAGINA IL MARCHIO e e a n l ] to di buona scuola, è famoso per il frequente ricorso al «technical denial», la negazione tecnica: saper trovare le parole per non mentire in modo flagrante pur evitando di dire la verità. Quando gli chiesero, nel '92, se aveva avuto una relazione di 12 anni con Gennifer Flowers, prima girò largo, esprimendo pentimento «per le pene create all'interno del mio matrimonio». Incalzato, definì la storia «assolutamente falsa» e chi lo conosceva concluse che la relazione doveva essere durata 11 anni e mezzo, oppure due periodi separati di sei anni. Ieri il presidente ha negato «rapporti sessuali» con la Lewinsky e ha negato di averla «indotta a mentire». Data la sua teorizzata preferenza per una certa pratica, forse voleva dire di non avere mai avuto rapporti sessuali completi con la donna e di non averle mai chiesto «personalmente» di mentire: potrebbe averlo fatto per interposta persona. Tutto questo, però, è al momento di secondaria importanza. La ragazza può aver detto (sotto registrazione) e può anche ripetere (al giudice) di aver avuto con Clinton un rapporto di un anno e mezzo: resterebbe la sua versione, parola di lei contro parola di lui. Si dice esista un testimone oculare di un incontro tra i due. Ma cosa può aver visto? Un bacio di saluto fuori dallo studio ovale dopo un incontro, coerente con una relazione platonica sostanziai mente già ammessa? Un bacio non è sesso, almeno non lo è necessariamente. Per quanto riguarda l'induzione a mentire, qualche intermediario (magari l'avvocato Vernon Jordan) potrebbe aver premuto sulla ragazza e Clinton potrebbe dire «io non c'entro». Linea di difesa difficile, ma possibile. Resta il fatto che, anche se Clinton riuscisse in questo modo a evitare l'impeachment, perfino i più benevoli verso il presidente conserveranno i loro dubbi. Come ha scritto ieri Washington Post, il problema di fondo è che tutto in questa storia, così come l'ha raccontata la Lewinsky all'amica che la registrava, appare «credibile», vale a dire coerente con la personalità di Clinton: appetiti sessuali smodati e scomposti, mancanza di controllo di se stesso, senso di impunità, utilizzo spregiudicato delle collaboratrici (per certe cose) e dei collaboratori (per coprirle). Quindi resterà comunque una grossa cicatrice. Questo spiega alcuni comportamenti politici apparentemente strani. I repubblicani tacciono prudenti, in parte perché non vogliono far apparire Ci ton una vittima, ma soprattutto perché desiderano che resti al suo posto fino alla fine. Parecchi democratici, invece, dopo essere stati i più insistenti nel chiedere al presidente di «dire subito la verità», adesso ammettono di sperare che Clinton si dimetta, lasciando al vice Al Gore il posto e il tempo di costruire dalla Casa Bianca la sua candidatura presidenziale futura. Clinton stasera rivendicherà a sé il merito di un'America più prospera e di una finanza pubblica più sana. Anche se si può discutere sulla legittima paternità di questi meriti, i fatti ci sono, e Clinton avrebbe potuto sperare che questi fatti, uniti alle parole che pronuncerà stasera, diventassero il sigillo della sua presidenza. Invece il quarantaduesimo presidente rischia di essere ricordato dalla storia come quello che spiegò molto seriamente a una delle guardie del corpo che gli procuravano appuntamenti che «secondo la Bibbia il sesso orale non costituisce adulterio». Paolo Passarini

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